Certo che fu davvero politicamente scorretto Dante Alighieri quando decise di salvare Manfredi di Svevia, assegnandogli un posto nell’Antipurgatorio! Per quanto, infatti, costretto a fare anticamera per un periodo lungo trenta volte il tempo della sua scomunica, il figlio naturale dell’imperatore Federico II, uno dei più acerrimi nemici di Santa Romana Chiesa, non andava all’inferno, ma addirittura (scontate le sue pene e purgatosi dai suoi peccati) poteva legittimamente aspirare al paradiso.
Manfredi incontra Dante nel III canto del Purgatorio. Egli, re di Sicilia, era morto durante la battaglia di Benevento, nel 1266, in fama di dannazione: la propaganda guelfa lo dipingeva come un essere moralmente corrotto, un epicureo ateo, un sospetto parricida. Insomma, un vero e proprio mascalzone. E lui stesso lo confessa candidamente. Dante gli mette in bocca quel verso (“Orribil furon li peccati miei“) che conferma, inequivocabilmente, che i Guelfi avevano ragione a farne un demonio. Piazzarlo nel Purgatorio, quindi tra gli spiriti “ben finiti”, addirittura “eletti”, dovette suonare scandaloso ai lettori di Dante ed è una conferma della libertà e della serenità con la quale il Sommo Poeta guardava alla storia tutta.
Dante doveva far capire bene ai suoi contemporanei un concetto in qualche modo “scandaloso” e tipicamente cristiano: Dio è amore misericordioso e “la bontà divina ha sì gran braccia,/ che prende ciò che si rivolge a lei“. Nel momento dell’incontro, nel momento in cui si rivela, Manfredi sorride, quasi pregustando lo stupore di chi ha davanti. Lui, che tutti credevano perduto e condannato, era invece salvo, perché proprio sul punto di morte, gravato di tutti i suoi “orribili peccati”, si era “reso”, in pianto e pentito, “a quei che volentier perdona”.
Dovevo far capire questo scandalo ai miei studenti, l’altro giorno. Dovevo far capire la scorrettezza di Dante. Dovevo metterli di fronte al paradosso di un Dio che accoglie nella sua misericordia infinita anche il peggiore peccatore che si rivolge a lui. E sono stato scorretto anch’io. Il fatto è che se, per una stramba ipotesi, il signor Priebke in punto di morte ha fatto quello che ci viene raccontato dal Manfredi dantesco, allora anche lui è salvo. La reazione è stata un misto di incredulità e di indignazione. “No, lui no! È impossibile, inammissibile!”. Ma non c’è un no. Dante ci dice che Dio non chiude mai la porta in faccia a nessuno, fino all’ultimo istante. Non l’ha chiusa al ladrone che scontava i suoi orribili peccati sulla croce.
Non ci sono peccati tanto orribili di cui non ci si possa pentire. Se Priebke si è pentito in punto di morte (cosa tra l’altro che non risulta, ma che non potremo sapere mai, almeno su questa terra), allora anche quell’orribile carnefice è uno spirito “ben finito”.
Il cristianesimo è davvero scandaloso, è una vera rivoluzione. E’ una cosa divina, non umana. Si usa dire che la religione è stata creata dagli uomini per confortarsi, illudersi, rassicurarsi. Bene, il cristianesimo sfugge a questa diceria. Cristo spiazza, è una vera pietra d’inciampo, è davvero un mistero irraggiungibile per la limitata ragione umana. Del resto Dante stesso aveva già messo in guardia il lettore nei versi precedenti, quasi per prepararlo allo scandalo di Manfredi, con quelle due eccezionali terzine:
Matto è chi spera che nostra ragione
Possa trascorrer la infinita via
Che tiene una sustanza in tre persone.
State contenti, umana gente, al quia;
chè se possuto aveste veder tutto,
mestier non era parturir Maria.
La via tra l’uomo e Dio è infinita, proprio come infinita sarà più avanti definita la misericordia di Dio, con le sue grandissime braccia. Gli uomini faranno bene ad arrestarsi alle loro domande, perché non possono “veder tutto”, quindi non possono pretendere di adattare la loro piccola misura all’infinito.
Il cuore dell’uomo è un infinito che può entrare il rapporto con l’infinito. Lì dentro noi non possiamo entrare. Dio sì. L’anima che si rivolge a Lui, con sincero pentimento, si salva. La misericordia divina ha il potere di cancellare anche i peccati più orribili. Ci può dispiacere, ci può sembrare ingiusto, ci può spiazzare, ma questo accade perché non siamo più abituati a vivere alla luce della Rivelazione, non siamo più abituati a prendere sul serio Colui che Maria ha partorito.
Però, forse, dovremmo recuperare questo sguardo. Perché, oltre ad essere infinito, è anche liberante.