Cosa vuol dire pensare con Heidegger oggi? In che misura la domanda heideggeriana è in grado di essere considerata attuale? Queste sono solo alcune delle tante domande che hanno animato giovedì scorso il dibattito tenutosi presso l’Università Statale di Milano in occasione della presentazione del nuovo libro di Costantino Esposito, Heidegger. Che sia davvero possibile parlare di un’attualità di Heidegger è stato innanzitutto evidente dalla grande presenza di professori, studenti e dottorandi che hanno partecipato attivamente ad una discussione durata più di tre ore. I relatori, Rossella Fabbrichesi (Università di Milano), Eugenio Mazzarella (Università di Napoli Federico II) e Stefano Poggi (Università di Firenze), moderati da Carmine Di Martino (Università di Milano), hanno recensito l’opera alla presenza dell’autore.



Lo stesso Esposito ha definito il libro come “di servizio”, per cercare di far intendere quale sia la posta in gioco del pensiero di Heidegger, e tutti i relatori sono stati concordi con la professoressa Fabbrichesi che lo ha definito “utile, leggibile, perspicuo e fluido” e addirittura “necessario”, nell’ottica di un ripensamento volto alla comprensione del “poco accessibile”, ma allo stesso tempo fondamentale, pensiero del filosofo di Essere e Tempo.



L’elemento di continuità del dibattito è stato l’attualità della domanda filosofica alla radice dell’indagine heideggeriana, che, ancora oggi, suscita un grande interesse per il suo porre al centro l’uomo, inteso come il luogo sorgivo della verità, in cui solo può emergere e delinearsi il significato del mondo e della storia. La domanda fondamentale nell’opera heideggeriana, ha ripetuto più volte Esposito, è proprio quella che identifica all’origine il “rapporto tra l’uomo e l’essere”, il destino ed il senso che l’esistenza umana può assumere: ecco la vera posta in gioco della filosofia, l’unica in grado di rendere interessante la ricerca. Tale domanda è ancora oggi “aperta e non evadibile”, ha detto Mazzarella, almeno finché ci sarà l'”esserci”, un essere umano che si interroghi sulla propria condizione. Ciò rende la filosofia di Heidegger una “scienza originaria”, sulla cui genesi e sviluppo l’opera di Esposito getta una nuova luce, una nuova chiave di lettura, svincolata da una più tradizionale analisi che cerchi di circoscrivere il pensiero di Heidegger in un sistema definito. Inoltre, in quest’ottica, il nocciolo filosofico dell’interrogativo heideggeriano viene a coincidere con il cuore pulsante della filosofia stessa, esplicitando cioè che l’origine del filosofare sorge dall’interesse dell’uomo nei confronti della realtà.



Proprio per questo, la domanda heideggeriana appare come l’esplicitazione della domanda essenziale di ogni uomo e fornisce un metodo nuovo per scoprire la tradizione come qualcosa di proprio, illuminando gli interrogativi posti in ogni momento storico. 

A conferma di ciò, Poggi ha sottolineato come solo da una comprensione autentica del pensiero heideggeriano si sia in grado di comprendere la storia della filosofia dell’epoca contemporanea, citando come esempio l’attuale interpretazione di Nietzsche.

Inoltre, è necessario anche sottolineare il tentativo riconosciuto ad Esposito di avvicinarsi al linguaggio “semplice, concreto, che mira alle cose stesse” di Heidegger, oltreché quello di non intendere il filosofo per come egli stesso si intendeva, bensì per quello che egli ha effettivamente detto e scritto. “La sua domanda è più grande delle sue risposte, per cui bisogna innanzitutto interrogarsi su di essa e non sulle soluzioni che egli ha proposto”, ha continuato a ripeter l’autore per tutto il corso del suo intervento. Tutti i relatori hanno sottolineato la necessità e originalità di questo nuovo punto di vista, che si allontani dalla “scolastica” creatasi a partire dall’opera di Heidegger. Questo ci consente di tornare al lavoro del filosofo, senza trascurarne i punti teoretici fondamentali e senza militanza né elogi, ma aprendo la possibilità di sottoporre Heidegger al nostro interrogare, prescindendo dalla sua auto-proclamazione autoritaria di “destino storico” del pensiero.

Ecco che riemerge l’attualità dell’interrogativo heideggeriano sull’esistenza umana, al centro di un processo di indagine che ci coinvolge ancora oggi e che riguarda lo statuto e il destino della filosofia stessa. L’opera di Heidegger è infatti animata e percorsa dall’ideale di una filosofia come fenomenologia, ossia come scienza dell’esperienza. La sua attualità, in questo senso, sta anche negli spunti che fornisce al pensiero postumo e, in generale, all’uomo contemporaneo. Centrale è infatti il nichilismo di Heidegger, diverso da quello nietzscheano, in quanto necessità di andare incontro all’abisso aperto dalla scoperta della finitezza, del “destino di morte”, che riguarda ogni essere umano e che gli spalanca le porte dell’autentica comprensione di sé. Questa attualità heideggeriana è poi testimoniata dal fatto che il pensiero, alla luce della domanda sul rapporto tra l’uomo e il mondo, è maggiormente in grado di leggere la storia, e quindi anche i tempi attuali, proprio in virtù di uno sguardo aperto all’accadere.

Le problematiche heideggeriane non vengono dunque risolte nel testo di Esposito, come testimoniano gli interrogativi sullo statuto dell’individuo e della libertà, sottolineati da Poggi in chiusura al suo intervento. Al contrario queste domande vengono rilanciate e riproposte a partire da un punto di vista completamente nuovo e sicuramente utile, per non sottomettersi alla logica di un giudizio valutativo sull’autore. Viene così favorita e privilegiata una seria ed approfondita indagine delle questioni colte e presentate dal genio di Heidegger.

(Pietro Biscottini)