Era meglio quando si andava a cavallo? Il mondo dell’auto sta cambiando in modo consistente negli ultimi anni. E gran parte del mutamento è stato portato dalla tecnologia che è entrata a bordo, garantendo sicurezza, informazioni, entertainment. Ma a pensarci bene, come per tanti altri aspetti della nostra vita, la tecnologia ha finito per giocare un ruolo che sta andando ben oltre quello che tutti noi immaginavamo e che sta stravolgendo il mondo dell’automobile nel suo complesso. Proviamo a pensare all’intero processo. Un tempo l’acquisto dell’auto era un momento importante della vita della famiglia. Si comprava una rivista di settore, facilmente la bibbia “Quattroruote”, si guardavano le ultime uscite, le prove, si controllava il dettagliatissimo listino e, compatibilmente con il budget a disposizione, si faceva una lista di possibili modelli da acquistare. Lista che veniva sottoposta al vaglio della famiglia, con pareri spesso discordanti. Poi si attendeva il weekend, dove tutti insieme si dava inizio al rito. La visita al concessionario. Se pensiamo a cosa fossero le giornate di “porte aperte” inventate dalla Renault a fine anni Settanta, inizio anni Ottanta (per questo vi consiglio la lettura del bel libro “Dal detersivo alla Ferrari” di Antonio Ghini) ci rendiamo immediatamente conto di cosa significasse l’auto anche dal punto di vista sociale. Poi l’incontro con il venditore. La persona che, con il suo carisma, la sua competenza e la sua capacità di capire le nostre esigenze e interpretare i desideri, ci portava alla scelta finale. Dando retta al marito, ascoltando la moglie e strizzando l’occhio ai figli. Basta fermiamoci qui. Senza arrivare alla fase finale dell’acquisto. La scorsa settimana, mentre ero negli Stati Uniti, esco dalla camera d’albergo e trovo una copia di “The Wall Street Journal”. Nell’inserto “Market Place” in prima pagina un titolo recita: “Say Goodbay to the car salesman”. Il pezzo racconta con efficacia la realtà di oggi: “Un venditore era solito passare le sue giornate in piedi. Adesso, come qualsiasi altro impiegato, passa le giornate seduto su una sedia davanti al computer…oggi i compratori chiamano o entrano in uno showroom con un preventivo già fatto online, differenti offerte fatte da diversi concessionari, sconti della Casa e, grazie ai loro smartphone, sono in grado di avere aggiornamenti in tempo reale, nel momento stesso che sono dal dealer”.



Secondo una ricerca fatta da AutoTrader Group, in media un cliente di auto passa più di 11 ore online alla ricerca del modello che desidera a soltanto tre ore e mezza “offline” includendo il viaggio per raggiungere la concessionaria. Soltanto due anni prima, quest’ultima parte occupava più di sei ore. Un venditore, con lunga esperienza, di una concessionaria Toyota a Silicon Valley ammette: “La parte importante ora si svolge online e se non sei nel flusso, non vedi il cuore del business”. E le automobili? Non vorrei fare una carrellata delle infinite innovazioni che sono state introdotte negli ultimi anni. Dovremmo scrivere un’enciclopedia solo per spiegare le sigle che identificano questo sterminato e affascinante universo. Qui mi piace fare riferimento a qualche esempio illuminante. A Milano il servizio offerto da Smart con “Car to go” ha riscosso un successo elevatissimo. Basta registrarsi, prendere una card, scaricare una App o collegarsi al sito, e in pochi istanti si identifica una delle 450 vetture che sono distribuite nella metropoli, quella più vicina a dove ci si trova. Avvicinando la card al parabrezza, avviene il riconoscimento tramite chip e si può utilizzare l’auto lasciandola poi dove si desidera in base alle proprie esigenze. E’ un servizio che ha un appeal incredibile presso i giovani. Pensate a quanto siamo lontani dal processo di acquisto che descrivevamo all’inizio. Qui quello che interessa è la facilità del movimento, non il piacere del viaggio o del possesso. Senza la moderna tecnologia (smartphone, Apps, satelliti, chips) questo sarebbe impossibile. Secondo esempio. La BMW ha appena lanciato la i3, la prima auto completamente elettrica della Casa. Qui quello che colpisce (oltre le innovazioni tecnologiche) è proprio la parte di connettività. L’auto attraverso lo smartphone che può essere collegato al sistema, dialoga col mondo che la circonda. Parla con la città. Non solo ti permette di prenotare pizzeria, cinema o parcheggio. Ma, addirittura, ti può consigliare se sia il caso di lasciare l’auto (si, proprio quella che stai guidando!) e parcheggiarla per prendere una bicicletta in “bike sharing”, la metropolitana o raggiungere la tua meta a piedi. Un cambiamento epocale.



 

 

Terzo esempio. Il più futuribile, ma neppure tanto alla fine. Il New Yorker di questa settimana dedica la cover story alla “Google car” l’auto che si guida da sola, con un servizio di ben tredici pagine. Ancora la tecnologia. Che viene incontro all’uomo, stravolgendone le abitudini. “Gli esseri umani – comincia il pezzo – sono guidatori terribili. Parlano al telefono e passano col rosso, mettono la freccia a sinistra e girano a destra… dei dieci milioni di incidenti in cui sono coinvolti gli americani, nove e mezzo sono determinati da errori umani”. E allora, ecco che un sofisticato sistema di sensori, telecamere, computer e Google Street View ci viene in soccorso e ci propone un mondo diverso: “La maggior parte delle auto – ha dichiarato Sergey Brin, co-fondatore di Google – vengono utilizzate soltanto per un’ora o due al giorno. Il resto del tempo, sono parcheggiate sulla strada o nei garage. Ma se le auto potessero guidarsi da sole, non ci sarebbe bisogno per le persone di possederle”. Che scenario ci troveremo ad affrontare tra qualche anno? Viaggeremo soltanto online e virtualmente come i trend dei social network indicano ogni giorno? Forse, ma l’automobile rimane uno straordinario strumento di libertà che ci consente in ogni momento di decidere “qui e ora” di partire e di vivere “off line” e realmente. “Cos’è che assicuravano, promettevano le macchine – ricorda Alessandro Baricco in Lezioni di cittadinanza – e poi hanno mantenuto rispetto ai cavalli? Due cose. Una è che il cavallo non era migliorabile. Si poteva fare un cavallo che andava molto più veloce, che cagava molto di meno, che procreava molto di più? La videro molto lontana… Mentre era evidente che la macchina era l’inizio di un processo. Immaginarono il futuro”. Di strada l’automobile ne ha fatta tantissima. E a differenza del cavallo di allora sembra aver trovato il modo di adattarsi e reinventarsi nel tempo. Buon viaggio.