Mentre si svolge una campagna elettorale convulsa, anche pasticciata e confezionata soprattutto con toni propagandistici e demagogici, si rintraccia invece la vera politica e la storia politica italiana in alcuni libri di notevole importanza, anche se sottaciuta. Finito di stampare nel mese di ottobre dell’anno scorso, c’è in libreria (anche se trovarlo non è semplice) Politicamente s/corretto, Dino Audino Editore.



Un testo che è qualche cosa di più che un’intervista di Peppino Caldarola a Emanuele Macaluso. In realtà è un lungo dialogo tra un grande giornalista ed ex parlamentare dei Ds, Caldarola, e uno dei dirigenti storici della sinistra italiana, Emanuele Macaluso. Il tema centrale è il tragitto della sinistra italiana, del Pci in particolare, dalla famosa svolta della Bolognina (12 novembre 1989) fatta da Achille Occhetto dopo l’implosione dell’Urss e del comunismo nel mondo, che porterà il 3 febbraio 1991 allo scioglimento del partito fondato a Livorno nel 1921 con la scissione dal vecchio partito socialista.



Il lungo dialogo è uno sguardo profondo su quello che ha rappresentato la sinistra in Italia e quello che ha lasciato oggi di fronte ai grandi mutamenti sociali ed economici non solo italiani, ma che sono avvenuti sullo scenario mondiale. Oggi c’è molto schematismo nell’interpretare la storia di questi ultimi venti anni, gli anni che sanciscono il nuovo assetto mondiale, con la fine dello schema bipolare, il periodo della “guerra fredda”, e il “trionfo” della nuova ideologia mercatista con l’avvento di una democrazia che si è spesso mescolata, nelle scelte politiche, economiche e sociali, alla tecnocrazia finanziaria nel nome dell’arricchimento individualistico.



Lo schematismo era in fondo già presente nel libro di Francis Fukuyama La fine della storia. Ma un maggiore schematismo è stato poi riversato nel linguaggio politico mondiale, e italiano in particolare, nell’elaborare il “luogo comune” che “destra” e “sinistra” non sono più appartenenze, “case” dove si elaborano idee e si costruiscono progetti, ma vaghi punti di riferimento a uso esclusivamente elettorale.

La realtà è invece molto più complessa e va studiata più attentamente, ripensata di fronte a quello che è accaduto in anni lontani e a quello che sta avvenendo in questo periodo di grande crisi economica e sociale, con una politica sempre più leggera, quasi impalpabile, sempre meno decisiva nel ruolo che deve svolgere in una società.

È nato in questo modo il periodo della “grande confusione” o della “grande incertezza”, dove gli interessi dei vari ceti sociali non si contrappongono più dialetticamente, non si confrontano più nel gioco democratico che è l’essenza del progresso sociale, ma si confondono in vecchie contrapposizioni ideologiche oppure sconfinano in duri scontri di codici etici che alla fine creano un dibattito astratto. Non realistico.

È molto interessante vedere come in Politicamente s/corretto, sia Caldarola che Macaluso non attribuiscano la colpa di questo passaggio storico solo ai “falchi” del turbocapistalismo, agli alfieri dei liberisti ideologici. C’è una colpa anche della sinistra nella caduta della politica, nella confusione post-ideologica, quasi nella resa di fronte alla nuova avidità dei vincitori mercatisti. La colpa è quella di non aver capito fino in fondo quello che stava accadendo e non aver mai risolto, nel corso di tanti anni, i problemi di fondo di una forza importante come è stato il vecchio Pci e della sinistra italiana.

Gli storici non hanno mai affrontato con ampiezza e profondità il grande dibattito che ci fu nel comunismo italiano e nella sinistra in generale dal 1956 (invasione dell’Ungheria, XX Congresso del Pcus) e per l’Italia la prospettiva lanciata da Giorgio Amendola (1964), ma non da lui solo, della nascita di un partito unico della sinistra su basi non più leniniste, non più comuniste. Insomma sia gli storici che i politici non hanno mai approfondito i fermenti autenticamente riformisti che nascevano nel Pci e nella sinistra italiana. In quel periodo, con tutta probabilità, c’è il più grande “appuntamento mancato” della sinistra, che genererà gli effetti negativi quando cadrà il Muro di Berlino e crollerà l’impero sovietico.

Ma ancora nel 1989, forse l’“appuntamento mancato” si poteva onorare con una scelta diversa da quella innescata alla Bolognina. Invece non si è fatto. Dice Macaluso: “Avevamo bisogno di revisioni, non solo di svolte”. E spiega rispondendo a Caldarola: “La revisione avrebbe dovuto portare il Pci nell’area del socialismo democratico, cioè avremmo dovuto fare un partito socialdemocratico, con storia italiana, del socialismo italiano. Questo riesame critico avrebbe dovuto comportare una revisione anche nei confronti del giudizio sul capitalismo, come la Bad Godesberg della socialdemocrazia tedesca. L’Spd abbandonò l’anticapitalismo e pose il problema delle riforme del capitalismo, lasciando il tema della finalità alla storia. Questa era la revisione che il Pci non fece”.

Si può vedere oggi, quasi con facilità, quanto manchi in Italia (e anche in Europa) una forza autenticamente riformista e socialdemocratica che, di fronte ai guasti operati dai grandi giochi finanziari, ponga il problema di una riforma della società capitalista degli anni Duemila. Achille Occhetto invece, il leader della “svolta della Bolognina”, pur uscendo dal comunismo, rivendicava invece un partito nuovo ancora più anticapitalista, con sconfinamenti ecologisti e giustizialisti. Un giustizialismo, dice Macaluso che “impedisce di vedere il blocco sociale”, insomma che impedisce di leggere la realtà di una società.

Alla fine, dal libro di Peppino Caldarola e Emanuele Macaluso esce una lezione per il futuro attraverso una rilettura attenta degli errori fatti. C’è finalmente un esame critico della storia della sinistra in questi anni che ci separano dalla grande crisi della Prima Repubblica. Se c’è una preoccupazione che veramente assilla Macaluso è quella “tabula rasa” fatta dal 1992 in Italia nei confronti della tradizione delle grandi forze politiche che hanno costruito la democrazia in Italia.

È questo, secondo Macaluso, il motivo principale dell’inadeguatezza attuale delle classi dirigenti italiane. Con grande coraggio, un uomo di sinistra affonda il bisturi proprio sulle pseudocertezze che hanno animato l’attività e l’iniziativa politica degli eredi, loro malgrado, del Pci.

Questa classe dirigente post-Muro di Berlino, trovatasi a un nuovo appuntamento con la storia, dimostra di non essere all’altezza di governare un Paese. È una coraggiosa denuncia contro la sinistra fatta da un uomo di sinistra, che rivendica la sua appartenenza a una sinistra che, come ideale e progetto, esiste sempre.

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