E allora che dire di questo nuovo papa, Jorge Mario Bergoglio che ha sorpreso tutti ed è andato al di là di ogni previsione di pronostici, mandando a casa tutti “i papabili” che la stampa italiana ci avena sciorinato con tanta vistosità pettegola e insistente? Questo papa intanto è figlio di immigrati dal Piemonte, dell’astigiano, un italo-argentino, e ogni suo mossa ha già conquistato il mondo intero. Lo si può definire il papa dei gesti simbolici che denotano subito uno stile di vita semplice e frugale. Niente croce di oro al petto, niente anello con ametista sfolgorante al dito, niente mantellina di raso rosso con ornamento di ermellino bianco nel presentarsi in maniera famigliare, con un cordiale «Buona sera». E ancora niente scarpe rosse, ma calzature nere da pellegrino che concepisce la vita come un percorso, un lungo viaggiare per recare a tutti la buona novella, come san Paolo, apostolo delle genti.



A Buenos Aires, di cui era arcivescovo, non abitava nel palazzo arcivescovile, ma in un semplice appartamento come tutti i mortali. Ha così con piccoli gesti smitizzato la figura lontana e smisurata attorno alla figura del vescovo e del pontefice. Preferisce guadagnare l’appellativo di pastore buono che attivamente va alla ricerca della pecorella smarrita. Spesso si faceva da mangiare, come tanti preti che dopo le fatiche apostoliche, la sera in solitudine, e magari recitando il rosario, si preparano qualcosa da consumare senza tanti apparati. Credo proprio che questo papa non vorrà accanto a sé nessuno che assuma il ruolo di maggiordomo. Eletto, ha rifiutato la macchina lussuosa messa a disposizione per raggiungere santa Marta, la casa di abitazione dei cardinali conclavisti, e riprese il pulmino come gli altri. Come aveva rifiutato il manto rosso che il cerimoniere capo gli aveva proposto per presentarsi sulla loggia delle benedizioni. Ha preferito il solo abito bianco che rimanda ai tempi di san Francesco e di san Domenico. E Francesco è il suo nome. Questa sua personale attitudine dimessa rimanda ai due grandi santi che ripararono la fatiscente casa del Signore, la Chiesa ai tempi di papa Onorio III, contemporaneo dei due santi, fondatori degli ordini francescano e domenicano.



Francesco, nome assolutamente nuovo nella onomastica storica dei papi è impegno di un programma fatto di sobrietà, di povertà, di elementari gesti profetici, perché «madonna povertà» è di per se stessa una predicazione e una ammonizione al fasto e alla «mondanità» (‘la smania di carriera’) di taluni ecclesiastici.

Il nuovo papa nella sua arcidiocesi amava visitare le baraccopoli delle periferie, aiutare e sentire i problemi dei poveracci, abbandonati dalla fortuna, di quelli che vivono nella miseria, rasseganti a sopravvivere come “abbandonati da Dio e dagli uomini” in una vita subumana. È andato per prima cosa a mettere il suo pontificato sotto la protezione della Madonna, a santa Maria Maggiore “Salus Populi Romani”, proponendosi di portare in primo luogo il messaggio evangelico a Roma, sua diocesi storica e sede primaziale, e da qui a tutto il mondo. Con il primato della carità apostolica, che ha in sé sempre nuovi metodi di evangelizzazione, “facendosi tutto a tutti”, come diceva san Paolo (Fil 9,22).



Questi inizi hanno già conquistato il mondo intero con la sua semplicità disinvolta, con la sua immediatezza, con la sua genuinità, doti più trasparenti e avvincenti di qualsiasi altra strategia per guadagnare gli uomini a Gesù, il Dio buono della misericordia di fronte alla persistente fragilità umana in tutte le classi e i livelli sociali.

E il suo nome rappresenta tutto un programma, se ha come modello san Francesco, icona del Cristo in “perfetta letizia”, il laico che aveva fatto della tensione all’imitazione del “Cristo umanato” l’intuizione della sua esistenza. Nessuno come lui, l’inimitabile, l’irripetibile, ha realizzato le otto Beatitudini evangeliche. Esse sono la spogliazione radicale di se stessi per far abitare Cristo «in toto» nell’uomo, il programma più radicale che l’ascesi e la mistica conoscono nel “l’itinerarium mentis et cordis in Deum”. Cammino aspro e gioioso percorso da san Francesco e da san Domenico, i due santi guida di sant’Ignazio, per pervenire alla comunione perfetta con Dio. E san Francesco Saverio, gesuita, l’altro richiamo dal nome assunto, che battezzò circa un milione e mezzo di persone nel continente asiatico, seguito dai missionari della Compagnia di Gesù che approfondivano il primo impatto missionario del santo, missionario per eccellenza.

Jorge Mario Berdoglio è un gesuita atipico, lontano dalle posizioni di un padre Pedro Arrupe, preposito generale dei Gesuiti, che pur cercava intellettualmente di arrivare là ove le altre congregazioni non sapevano arrivare per la evangelizzazione di una società moderna atona al sentire religioso. Questo papa nuovo nei modi, nello stile scioglierà la rigidità della Curia e l’immagine paludata dai coturni dei suoi dicasteri, che pur tanti benefici storici han dato alla Chiesa? Forse riuscirà a portarla ad una maniera più evangelica senza particolari riforme strutturali, ma solo con il suo vivere originale di giullare di Dio, animato dal Vangelo in purezza di spirito. Già ha detto nella Cappella Sistina di intraprendere un viaggio assieme a tutto il popolo, nella preghiera e nelle benedizioni reciproche, ricevute e date, e nel mettersi in umiltà ad ascoltare le confessioni dei cristiani penitenti. È un invito indiretto a far percepire a tutti i sacerdoti presenti e assenti che nessun ruolo nella chiesa per quanto significativo, esime dalla cura pastorale e dall’andare a predicare in semplicità la Parola eterna. Si avvera in lui quanto è stato osservato dalla «Nouvelle Théologie», parte notevole nel Concilio Vaticano II, che la periferia (“vengo quasi dai confini del mondo”) ha elaborato: nelle fondazioni missionarie delle frontiere del cristianesimo nascono i nuovi metodi di evangelizzazione dell’uomo, e da qui sono recepiti dal centro. Come fecero il cardinal Lavigerie per l’Africa e il card. Celso Costantini per la Cina. Ha voluto tenere la croce di ferro, simbolo della fortezza dell’uomo di Dio, come papa Luciani, con l’ oro adornerà il suo cuore avrà un cuore d’oro di Buon Pastore, per guidare l’umanità alla speranza cristiana.

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