Il fatto che in queste ore stia davvero prendendo forma un nuovo governo non cambia lo stato di stordimento in cui si trova la politica italiana dopo la scorsa settimana. L’elezione del Capo dello Stato, il grillismo, la lettera di Renzi a Repubblica sul ruolo dei cattolici in politica non solo sono tutt’altro che brutti ricordi ma, presi da vicino, assomigliano molto alle crisi che attraversano i legami della nostra vita, ai sentimenti di protesta che spesso ci animano e alle domande sul senso stesso della nostra esistenza.
In questo stato di cose viene da chiedersi come sia possibile che le persone, esseri dotati di intelligenza e di cuore, capaci di costruire il Bene, non riescano, né individualmente né come popolo, ad uscire dai momenti difficili con autenticità e maturità. Come si può dare uno spettacolo così desolante come quello dei giorni scorsi? La risposta non si trova in un ragionamento astratto, ma dentro l’esperienza. Se ciò che permette ad un bambino di affrontare con serietà le circostanze della vita è il legame con i propri genitori, così ciò che permette ad ognuno di noi di affrontare nella posizione adeguata i problemi dell’esistenza, e alla politica quelli del paese, è il rapporto con un Tu, è – per dirla in parole povere – una pienezza affettiva.
Senza una Storia che proponga un senso alla nostra storia, che riempia di positività il nostro quotidiano, non c’è possibilità di affrontare i fatti che accadono da uomini adulti, ma solo di procedere “come a tentoni”. È il rapporto con un Tu che precede ciò che permette di vivere con forza e originalità il presente. Il vero problema culturale del nostro tempo, quindi, è il rapporto con ciò che ci ha generato e che oggi ci permette di essere quello che siamo. Anche in psicologia, infatti, una persona è giudicata matura nel momento in cui manifesta una coscienza coerente della propria storia e della propria personalità.
Il rifiuto del proprio passato, così come lo vediamo configurarsi nel nostro popolo, è pertanto la premessa di ogni fallimento umano e affettivo. Quando per vivere si tagliano dei rapporti o delle relazioni, il problema non è mai nel rapporto o nella relazione, bensì nel soggetto che taglia. Per questo il grillismo è un fenomeno culturalmente preoccupante: non per le istanze rivoluzionarie che porta, ma per questo atteggiamento anti-storico che lo contraddistingue.
Così, un nome come quello di Stefano Rodotà, non è opinabile come presidente della Repubblica per il motivo di essere stato formulato dalle Quirinarie, ma per la cultura di contestazione radicale alla tradizione, in particolare quella cattolica, che egli con la sua attività politica e giornalistica ha sempre promosso (basti ricordare le sue posizioni contro la parità scolastica, il ruolo sociale della Chiesa in Italia e le decisioni sul tema del fine vita).
Un presidente della Repubblica che vuole mettere il paese in grado di risolvere i propri problemi deve avere un atteggiamento riconciliante nei confronti delle tradizioni che lo hanno edificato, essendo capace di giudizio critico, ma anche di profetica comprensione. Non si trattava, quindi, di tifare per un presidente cattolico (così come non si tratta di tifare per un cattolico capo del governo), e infatti Napolitano certamente non lo è, ma di scegliere un uomo capace di guidare il presente senza un atteggiamento violento o ignorante nei confronti del passato. Per questo, quando Matteo Renzi scrive su Repubblica che lui vive il cristianesimo di fronte alla propria coscienza, bisogna riflettere: il cristianesimo, infatti, si vive di fronte alla storia.
Cinquant’anni dopo il Concilio Vaticano II è questa rivalutazione del tempo presente in relazione al passato, che emerge come il reale lascito del Concilio alla Chiesa: il cristianesimo o è qualcosa di reale nel tempo (con tutto il bagaglio di autorità concreta e contemporanea che il magistero della Chiesa esprime) oppure è una delle tante belle idee da applicare alla politica o alla filosofia. Senza storia, pertanto, non c’è cristianesimo e senza cristianesimo non c’è persona.
Questo è così vero che il primo gesto che la Chiesa propone ai bambini quando nascono è il Battesimo, l’immersione in un Tu che li precede e che, attraverso volti precisi, diventa l’ipotesi con cui entrare in ogni presente. È solo il rapporto con questo Tu vivo che può risvegliare in ognuno di noi la forza del cuore e la capacità reale di giudicare tutto. Altrimenti rimaniamo noi e le nostre ragioni a combattere per edificare il nostro mondo migliore. Sempre più ideologici e impenetrabili, ma anche sempre più soli. Il risultato è quello di un uomo orfano, arrabbiato e polemico, privo di quel rapporto col Padre di cui, magari nel silenzio del proprio giaciglio, sente, al calar della notte, un’inconfessabile nostalgia.