La commemorazione dei 1700 anni dell’Editto di Milano dà l’occasione ad Angelo Scola di occuparsi del problema della libertà religiosa nelle società plurali dell’Occidente. A questo tema ha dedicato l’ultimo “Discorso di Sant’Ambrogio”, che tradizionalmente il Cardinale di Milano rivolge a tutta la città il giorno della festa del Santo.
Il libro che presentiamo (Non dimentichiamoci di Dio, Rizzoli 2013) è la sua versione commentata, in cui reagisce anche alle opinioni sia favorevoli che critiche al suo intervento.
Il libro riassume la storia del problema della libertà religiosa, iniziando dal significato stesso dell’Editto, come episodio che giustifica il tema del libro. Prosegue con una sintesi dell’insegnamento della Chiesa sulla libertà religiosa, comprovando la sua continuità fondamentale, così come i tratti di novità che porta la dottrina del Concilio Vaticano II (pp. 13-52). I lettori troveranno un’esposizione semplice e chiara sul significato che la Chiesa dà alla libertà religiosa sia nel passato che nel presente.
Compiuta l’analisi storica, Scola esamina la situazione attuale. Viene richiamata l’attenzione sulle gravissime violazioni della libertà religiosa, sia nei paesi di maggioranza islamica che nei regimi totalitari e, seppur diversamente, nei paesi occidentali.
A suo giudizio, questo scenario si deve a una combinazione di problemi classici – la relazione tra la verità e la coscienza; la relazione tra le comunità religiose e lo Stato; il carattere universale dell’azione salvifica di Cristo – con difficoltà nuove: la relazione tra dimensione personale e comunitaria della pratica religiosa; la distinzione tra religione e setta; la libertà di conversione (pp. 63-75).
Si può comprendere così la complessità delle dimensioni coinvolte quando si tratta di libertà religiosa. Scola azzarda una prima diagnosi e identifica due nuclei fondamentali su cui concentrare il dibattito (pp. 77-91). Il primo è la relazione tra la libertà religiosa e la pace; il secondo è il rapporto tra la libertà religiosa, le istituzioni civili e lo Stato.
Riguardo a quest’ultimo nucleo, il Cardinale di Milano avverte che c’è stata un’evoluzione nella dottrina del liberalismo per quanto concerne la relazione tra libertà religiosa e Stato. Tradizionalmente il sistema liberale aveva accettato nei suoi aspetti essenziali il cosiddetto “assioma di Böckenförde”, in virtù del quale lo Stato liberale vive sulla base di presupposti che il proprio sistema politico non può produrre. Il cambiamento, che è una vera mutazione, consiste nell’aver abbandonato questa posizione, che situava l’azione propriamente politica nel contesto più ampio della vita sociale, e averla sostituita con un’altra di tipo “procedurale”, dove lo Stato basa la legislazione esclusivamente sui soli procedimenti formali.
Per quel che riguarda la libertà religiosa, questa mutazione si traduce nel passaggio da una concezione corretta del carattere “aconfessionale” dello Stato a una posizione sbagliata di “neutralità” dello Stato in materia religiosa. Scola mostra che è impossibile che lo Stato sia neutrale in materia religiosa.
Quel che accade realmente è che la supposta neutralità finisce per diventare laicismo attivo, che sceglie un’interpretazione restrittiva della religione, quella che confina l’aspetto religioso nell’ambito privato. Per questo, l’Arcivescovo milanese invita a recuperare una prospettiva della vita pubblica non solo binaria (Stato-religione), ma propriamente triplice (Stato-società-religione), superando il modello stretto di laicismo di stampo rivoluzionario francese. Il risultato sarà la possibilità di iniziare, dall’interno della società plurale, il cammino che porta al bene comune pratico, che è lo stare insieme.
L’ultima parte del libro (pp. 93-112) è riservata alla proposta di Scola. Ci viene offerto il suo pensiero più originale e la sua preoccupazione più profonda sul futuro della società occidentale, in special modo quella europea. Ricorda il diritto/dovere di cercare la verità e mette in guardia sul pericolo di rinunciare alla ricerca della verità, conformandosi a un certo senso della vita, parziale e frammentario.
Alla chiara esclusione della verità dalla vita sociale, postulata da Rorty, Scola oppone l’esperienza elementare dell’uomo, che si riflette nella famosa affermazione di Agostino: “Che cosa desidera l’anima più ardentemente della verità?”. E seguendo il dottore d’Ippona mostra come, in realtà, è la verità, la Verità in persona, quella che ci viene a cercare attraverso la trama delle circostanze della vita concreta, e ci chiama a rispondere.
Non possiamo smettere di invitare tutti ad affrontare questa sfida, attraverso la testimonianza, che comporta il racconto continuo della propria esperienza integrale, in modo che sia possibile riconoscere l’altro come un bene, e perseguire così il bene comune pratico, che è il convivere, lo stare insieme.
Non sarà difficile per il lettore giudicare la vita pubblica europea alla luce di questi criteri di morale sociale cristiana e avvertirà subito i benefici.