Un articolo sulla prima pagina de la Repubblica a firma del professor Umberto Veronesi per chiedere di abolire la parola “cancro”. L’idea avanzata al National Cancer Institute è fatta propria dall’ex ministro della Salute e direttore dell’Istituto Europeo di Oncologia, il quale sottolinea: “Come si può pensare di guarire da un’entità simbolica, uno spettro che si può materializzare solo pronunciando il suo nome? Diventa allora un dovere morale per i medici togliere l’angoscia creata dalla parola cancro”. Ilsussidiario.net ha intervistato il linguista Maurizio Dardano.
Che cosa ne pensa della proposta del professor Veronesi?
Quella di cancellare le parole come “cancro” è una solenne stupidaggine. Le parole non fanno male a nessuno, sono i fatti che fanno soffrire. Non capisco quindi che cosa si ottenga eliminando una parola.
Qual è il significato di questo tentativo di abolire le parole che spaventano le persone?
Questo tentativo nasce dal fatto che abbiamo paura di alcune parole, che sono legate a contesti dolorosi e assolutamente negativi. Togliendo le parole crediamo quindi di abolire i contesti, mentre questi ultimi rimangono.
Qual è il rapporto tra parola e realtà?
Questa è una domanda alla quale in molti hanno tentato di rispondere. Le parole servono in modo convenzionale per aiutarci a vivere, a sintetizzare e ad evitare procedimenti più lunghi. Ma detto questo non posso dirle di più.
Basta cancellare la parola “cancro” per eliminarlo?
Certamente no, è una sciocchezza e basta.
Stiamo andando verso una sorta di “bad bank” delle parole, dove i termini che ci spaventano saranno eliminati?
Non credo. Anche se siamo diventati un po’ troppo politicamente corretti, nella realtà siamo riusciti a eliminare ben poche parole.
Nel libro 1984 di George Orwell, la propaganda del potere cancella sistematicamente tutte le parole negative come “guerra” e “povertà”, di fatto stravolgendo la realtà. C’è questo rischio nella nostra società?
Sì, e infatti dobbiamo avere il coraggio di usare le parole che ci sono e attraverso le parole migliorare il mondo. Eliminare le parole al contrario non significa nulla ed è un’operazione che non porta da nessuna parte.
Oriana Fallaci, dopo essersi ammalata, ha scritto che aveva un cancro e che ci teneva a chiamarlo con il suo nome. I suoi libri ora saranno “espurgati”?
Oriana Fallaci è una donna che sapeva usare le parole e aveva un coraggio civile che forse altri non hanno. Questa è una cosa importante e che va ricordata.
Che cosa ne pensa del fatto che proprio il professor Veronesi, direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia, avanzi questa proposta?
Forse Veronesi è più abituato a chiamarlo con un termine più neutro come “tumore”, e vuole quindi cancellare la parola “cancro”. Bisogna del resto osservare che il significato denotativo e il valore connotativo che hanno le parole cambiano nel tempo. Quindi può darsi che a un certo punto qualcuno proporrà di abolire la parola tumore, che sarà diventata così spaventosa e terribile come è oggi per alcuni la parola cancro.
Può spiegare meglio come avviene questo cambiamento nella percezione delle parole?
Per esempio la parola “guerra” ha un significato che tutti noi conosciamo, e che è chiamato dai linguisti “valore denotativo”. Chi ha veramente vissuto nei momenti drammatici della guerra, all’udire questo nome prova una serie di sentimenti, fa una serie di riflessioni, vede delle immagini, collega guerra a povertà, morte e dolore in modo molto più impressivo di altre persone che non hanno vissuto la guerra. Guerra per questa persona ha quindi un potere connotativo molto forte.
(Pietro Vernizzi)