Settembre 2006. Benedetto XVI compie il suo primo viaggio apostolico in Abruzzo, a Manoppello, un santuario sino ad allora ai più sconosciuto, dove è venerato un velo recante il Volto di Cristo. L’immagine, di grande potenza, racchiusa in una teca in vetro, colpisce straordinariamente chiunque vi abbia sostato anche solo per pochi istanti, poiché, essendo impressa su un tessuto semitrasparente, risulta visibile da entrambi i lati, come si trattasse di una diapositiva, e non corrisponde a nessuna tecnica pittorica nota. Contemplare quel volto, come ha fatto Benedetto XVI, e come, in assoluta discrezione e silenzio, hanno fatto le centinaia di migliaia di pellegrini che nei secoli hanno visitato Manoppello, chiedendo e ottenendo grazie, o i frati Cappuccini che custodiscono la reliquia fin dai primi decenni del Seicento, suscita un grande desiderio di comprendere il mistero della sua origine. E così Raffaella Zardoni ha dato il via ad una capillare indagine nel tentativo di comprendere il segreto celato da quel volto, un’indagine sfociata nella mostra: “Il Volto ritrovato – I tratti inconfondibili di Cristo”, allestita nella prossima edizione del Meeting di Rimini.



Radunato un gruppetto di studiosi dei più diversi ambiti della ricerca storica, artistica, letteraria, diagnostica, informatica, e una schiera di volonterosi di tutti i tipi che hanno enormemente supportato la ricerca, con la vigile ed attenta collaborazione dei frati Cappuccini custodi della reliquia, l’indagine si è concentrata sostanzialmente lungo due direttrici: quella iconografica e quella storica, con metodi ovviamente diversi.



Nella tradizione iconografica occidentale il Volto di Cristo, dopo i primi due secoli di cristianesimo e fino al Rinascimento, è sempre rappresentato con tratti ben riconoscibili, cosa che invece non è accaduta ad esempio per la Vergine. Questo fatto sembra avere un nesso con le cosiddette “acheropite”, cioè le immagini del Volto di Cristo che la tradizione tramanda come non dipinte da mano umana. Immagini in cui Gesù stesso ha voluto consegnare agli uomini le fattezze del suo Volto: in oriente il mandylion, un panno sul quale Egli avrebbe impresso la sua immagine rispondendo al desiderio di Abgar re di Edessa; in occidente il velo con cui Veronica avrebbe asciugato il volto di Gesù sulla via del Calvario. Fonti letterarie e storiche ricordano un altro ritratto su stoffa, più antico di questi, che riceve il nome dalla città della Cappadocia in cui apparve: Kamoulianai, Camulia.



La tradizione che circonda queste tre immagini coincide in modo sorprendente con quella che avvolge il Volto di Manoppello, anch’esso, come si diceva, su velo e realizzato con una tecnica esecutiva, che, nonostante le indagini che modernamente sono state tentate, non ha dato adito ad alcun risultato noto. Per giunta, anche il Volto di Manoppello compare nella storia in modo del tutto misterioso.

La mostra illustra la vicenda di queste quattro immagini, del loro misterioso apparire e scomparire nel tempo e della fortuna che ebbero nel corso dei secoli. Particolarmente interessante è la storia della “Veronica”, una reliquia veneratissima nel Medioevo, quando a San Pietro veniva esposta durante gli Anni Santi, come ricorda in modo mirabile Dante nella Commedia: “Qual è colui che forse di Croazia / viene a veder la Veronica nostra, / che per l’antica fame non sen sazia, / ma dice nel pensier, fin che si mostra: / «Signor mio Iesù Cristo, Dio verace, / or fu sì fatta la sembianza vostra?“. Ad essa è stata collegata una mappa interattiva, già presente da qualche tempo sul web, che mostra i luoghi in cui se ne ritrovano copie in tutta Europa, consentendo di seguirne gli itinerari.

Non meno appassionante è la documentazione della vicenda del velo di Manoppello, che costituisce il cuore della mostra. Il materiale edito di più recente pubblicazione: i testi di padre Pfeiffer, di Saverio Gaeta, e di Paul Badde suggeriscono infatti che il velo non sia altro che la Veronica custodita a San Pietro che oggi anche la Chiesa ufficiale dice sommessamente perduta. Per capire le ragioni di una simile vicenda è stato fatto un lavoro storico che ha preso il via dal principale strumento a nostra disposizione, la Relatione Historica scritta a metà del Seicento dal frate Cappuccino Donato da Bomba, che documenta l’arrivo della reliquia presso il convento di Manoppello nel 1638. Il tono favolistico della Relatione aveva indotto gli studiosi ad un certo scetticismo sulla storicità del suo contenuto. L’indagine archivistica compiuta su fonti di prima mano ha invece confermato che tutti i personaggi della vicenda erano storicamente esistiti a Manoppello tra Cinque e Seicento, un bel risultato che certamente può portare a nuovi sviluppi.

D’altra parte proprio nell’ultimo secolo la devozione al Volto Santo ha conosciuto un incremento straordinario: “Voglio che il mio Volto, il quale riflette le pene del mio animo, il dolore e l’amore del mio cuore, sia più onorato. Chi mi contempla mi consola“. Sono queste le parole rivolte da Gesù alla mistica Pierina De Micheli, che le annota il primo venerdì di Quaresima del 1936. Al termine dell’appassionata ricerca confluita nella mostra, il Volto di Manoppello con la sua intensa, benevola e dolcissima partecipazione, sembra avere più che mai che fare con questo ordine di problemi.

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