Il quotidiano La Repubblica, nel suo numero di oggi, lancia una grande intervista a cura di Lucio Caracciolo che si pone l’ambiziosa sfida di entrare (niente meno) nella “mente di un Papa”. Un viaggio che occhieggia a Nanni Moretti, ma che si pone l’intento di conoscere meglio quel lato umano del Pontefice che ha impressionato il mondo. Etichettato da molti come il “Papa argentino”, per sottolineare l’eccezionalità della scelta da parte dei vescovi che lo hanno eletto, Francesco I viene descritto da un suo caro amico come il primo erede di Pietro “bolivarista”. Nell’intervista del 20 agosto rilasciata da Francisco Mele, psicoterapeuta, docente universitario in diversi istituti italiani e sudamericani, nonché successore di Bergoglio alla cattedra di psicologia del Collegio universitario del Salvador di Buenos Aires, si intravede l’immagine di un Papa che riflette il pensiero del noto patriota rivoluzionario Simòn Bolìvar. Il generale venezuelano si era reso protagonista dell’indipendenza della Grande Colombia di cui fu il primo presidente dal 1819 al 1830. Il neo-eletto al soglio di Pietro infatti, è la figura di spicco dell’America latina, rappresenta la voce di tutti i popoli compresi tra Rio Grande la Terra del Fuoco sotto l’egida del valore cristiano. Francesco immagina un soggetto politico autonomo e indipendente che vada oltre il vincolo linguistico. S’intende ovviamente il Brasile, una terra che sta molto a cuore al Papa, come dimostrato dal recente viaggio i cui i fedeli l’hanno accolto come fosse un loro connazionale. Questa visione geopolitica comprende anche il pensiero di altri patrioti, come ad esempio Artigas e San Martin. Il fine ultimo del suo pensiero sarebbe quello di fare da contrappeso allo strapotere economico statunitense dal quale gli stati latini sono dipendenti. Una riprova di quanto detto è rintracciabile in alcuni scritti e alcune dichiarazioni: si faccia riferimento alle parole usate per il libro del segretario della Pontificia Commissione per l’America Latina, Guzmàn Carriquiry, pubblicato nel 2011, riguardo il tema delle indipendenze dei paesi sudamericani. Le mosse di questa concezione sociopolitica sono da ricercare nella “teologia del popolo”, che viene intesa come superamento della “teologia della liberazione” anche se non si vuole cancellare ogni suo aspetto. I teologi di quest’ultima corrente s’ispiravano a teorie di stampo marxista, mentre i nuovi teologi sono guidati dalla dottrina sociale della Chiesa, dai documenti dell’Episcopato latinoamericano di Medellin, Puebla e Aparecida che confidano nell’azione del popolo anziché in quella delle classi sociali. Un occhio di riguardo è rivolto ai meno abbienti che in Sud America sono ancora molti, troppi, emarginati dalle classe dominanti che detengono il potere e sono viziate dal capitalismo moderno.
Un’altra influenza molto importante nel pensiero di Bergoglio è quella esercitata dal suo maestro, storico della filosofia, Ismael Quilès, il quale aveva reso possibile il confronto con il buddismo zen all’interno dell’università dei gesuiti.
Le sue teorie, dice Francisco Mele, vogliono essere anche un monito per il “cristianesimo fai-da-te” diffuso dalle sette protestanti. Erano state finanziate negli anni ’80 dagli Stati Uniti nell’ottica di contrastare la teologia della liberazione e, con gran dispiacere di Francesco, nel presente vantano l’adesione di moltissimi abitanti latinoamericani. Qual è il rapporto con la psicologia? Materia tradizionalmente ostica alla Chiesa ma oggi, grazie anche all’opera di Bergoglio, ex docente di psicologia, viene intesa come terapia della parola.
L’attuale Papa ama mescolarsi tra la gente e lo dimostrano le continue immagini durante i suoi viaggi che lo vedono slanciarsi, incurante dei potenziali pericoli, verso le braccia dei fedeli. L’aura che emana è positiva e rappresenta un segnale di incoraggiamento a dare sempre il meglio prendendo esempio dalla sua personalità e dalle sue parole.