Il Meeting di Rimini ha ricordato ieri Václav Havel, ex Presidente della Cecoslovacchia, nonché della Repubblica Ceca, che fu tra i dissidenti che diedero vita alle proteste della Primavera di Praga, culminata con la pubblicazione del manifesto “Charta 77”, contro l’invasione dell’Unione Sovietica. Havel è morto nel dicembre del 2011, ma ci ha lasciato un’opera importante come “Il potere dei senza potere”. Di questa importante figura ilsussidiario.net ha parlato con Petr Burianek, Ambasciatore della Repubblica Ceca in Italia.



Signor Ambasciatore, Lei è stato tra i più stretti collaboratori del Presidente Havel durante gli anni della sua Presidenza…

Ho iniziato a lavorare per il Presidente Václav Havel solo dopo il 1994, dopo la divisione della Cecoslovacchia. Era il periodo in cui è stato per il primo anno Presidente della Repubblica Ceca autonoma. Fino a quel momento non lo conoscevo personalmente, ma è ovvio che ho seguito il suo destino nel periodo in cui è stato perseguitato nella Cecoslovacchia comunista e le sue opere erano vietate. Egli è diventato per me, così come per molti miei coetanei, un’autorità naturale e insostituibile in particolare in concomitanza con la cosiddetta “Rivoluzione di velluto” nel novembre del 1989 e in seguito con il passaggio del nostro Paese dal regime totalitario comunista a uno Stato democratico europeo.



Che ricordo ha della sua attività di Governo?

La Repubblica Ceca è ai sensi della Costituzione una democrazia parlamentare e la posizione del Presidente è simile a quella del Presidente italiano. Non si può dunque parlare del Governo di Havel. È però anche vero che il Presidente e in particolare la Presidenza della Repubblica godono per tradizione di un’elevata autorità tra i nostri concittadini: ciò deriva dal periodo tra le due guerre, quando fu Presidente il fondatore della Cecoslovacchia T. G. Masaryk. Il Presidente Havel ha cercato in molti sensi di ricollegarsi con il suo operato e in particolare ha fatto di tutto perché la Repubblica Ceca e la società ceca si liberassero da molte abitudini e infelici eredità dei precedenti 40 anni e perché nel nostro Paese mettesse solide radici il pensiero veramente democratico e libero. Allo stesso modo ha fatto di tutto perché il nostro Paese e altri paesi centroeuropei diventassero al più presto possibile parte delle strutture europee ed euroatlantiche, cioè in particolare dell’Unione europea e della Nato.



La riedizione del famoso testo “Il potere dei senza potere” ha riaperto il dibattito in Italia sul pensiero di Havel. È ancora attuale quanto da lui scritto nel 1977?

 Credo che il famoso saggio politico continua ad avere il suo profondo e attuale senso e significato, ciò in particolare da due punti di vista. Václav Havel non ha mai pensato che il sistema di una competizione democratica tra i partiti politici dovesse essere sostituito. Nonostante ciò era contrariato a far diventare questi partiti, anche se democratici, unici soggetti sui quali basare la vita democratica della società. Ha sempre sostenuto con forza e ha cercato lo sviluppo della società civica, la partecipazione della gente, delle associazioni, che nascevano dal basso e che dovevano avere, secondo la sua convinzione, un proprio ruolo nella società e promuoverne la sua varietà e diversità. Io credo che questo suo pensiero sia sempre valido e vi è tutta una serie di esempi nell’Europa di oggi, che confermano quanto è necessario ascoltare e rispettare il ruolo della società civica. Non si può, per di più, dimenticare che il “Il potere dei senza potere” ha ispirato e continua a ispirare ancora oggi molti movimenti più o meno democratici o politici nel mondo privo di libertà. Esso ha stimolato e fortemente influenzato, ad esempio, i fondatori del movimento Solidarnošc nella Polonia comunista all’inizio degli anni 80. Oggi stanno conoscendo il suo contenuto ed i suoi pensieri ad esempio i rappresentanti dell’opposizione democratica in Birmania, Bielorussia, Cuba ed altrove.

Molti hanno sostenuto la lungimiranza del pensiero di Havel nel descrivere le caratteristiche del sistema post-totalitario. Hanno però evidenziato che una cosa è fare il dissidente e il capo dell’opposizione al potere sovietico e altra cosa è amministrare con quei principi una nazione. Negli anni in cui avete lavorato insieme questa distanza si avvertiva?

È chiaro che Václav Havel si rendeva conto molto bene di questa differenza, ma penso – e la mia esperienza personale lo conferma – che anche come Presidente della Repubblica egli ha cercato di agire sempre in modo libero e responsabile. È ovvio che nel periodo del dissenso il suo ruolo in questo senso era agevolato, ma anche in quelle circostanze ha fatto di tutto perché nell’ambito del movimento dissidente avesse luogo sempre una discussione libera e democratica. Come Presidente, e cioè funzionario costituzionale, il cui ruolo è determinato dalla Costituzione del Paese, egli doveva cercare spesso i compromessi, ma negli affari fondamentali non ha mai rinnegato le proprie convinzioni. In moltissimi temi Václav Havel, come Presidente, ha promosso le proprie idee e le forti convinzioni che ha maturato durante il dissenso. Si trattava innanzitutto della difesa dei diritti umani in tutto il mondo.

 

La forza del pensiero di Havel non stava nella scientificità delle analisi o nella esattezza delle soluzioni, ma nella capacità di mettere in moto la responsabilità di ciascuno, a prescindere dal ruolo che svolge. Che frutti ha dato questa rivoluzione del pensiero politico nella odierna Repubblica Ceca?

Nella nostra storia Václav Havel non è stato l’unico Presidente, chiamato filosofo, pensatore, autorità morale. Il suo grande modello, quello al quale spesso si riferiva, è stato il primo Presidente, fondatore della Cecoslovacchia T. G. Masaryk. Anche per questo motivo, la funzione del Presidente della Cecoslovacchia e più tardi della Repubblica Ceca ha goduto di grande fiducia e profondo rispetto. Il Presidente è stato percepito come qualcuno che oltrepassava la politica quotidiana e cercava di determinare, di tracciare la futura prospettiva ovvero strategia dello sviluppo del Paese. Per entrambi i Presidenti, Masaryk e Havel, è stata molto importante la dimensione morale della politica. Per di più entrambi venivano percepiti all’estero con grande positività e profondo rispetto. È davvero difficile capire fino a che punto tale tradizione o lascito sono penetrati nella società ceca. Nonostante ciò è curioso vedere che al lascito di Havel si accostano sempre più i giovani, che spesso cercano personalità, che sentono vicine o che parlano loro.

 

Havel fu un grande assertore dell’Europa. Ma l’idea di Europa di oggi è molto distante da quella di Havel. Cosa possono fare gli europei per colmare questo vuoto?

Recentemente è uscita in lingua italiana una selezione di cinque significativi discorsi europei o piuttosto saggi politici che Václav Havel aveva scritto e pronunciato nella metà degli anni ‘90. Vi trattava appunto il tema dell’Europa o più precisamente dell’Unione europea. Ho avuto la possibilità di scrivere una prefazione a tale opera e così ho avuto l’occasione di rispolverare alcune opinioni che Havel spesso esternava. Devo dire che sono rimasto sorpreso che anche in questi vecchi testi, scritti quasi 20 anni fa, vi siano numerose idee e temi che potrebbero essere interessanti e stimolanti per i politici o pensatori europei d’oggi.

 

Ci spieghi meglio.

Václav Havel non percepiva mai l’unificazione europea come un progetto il cui percorso era stato stabilito una volta per sempre e non lo considerava per niente un progetto solo economico. L’Europa unificata, l’Unione europea, significava per lui un processo in continua evoluzione che dovrebbe offrire a tutti i paesi le medesime possibilità di avere il proprio ruolo, di esprimersi, di realizzarsi. Percepiva con forza le fondamenta su cui è costruita l’Unione europea, e cioè i valori comuni europei, formatisi per secoli, che sono per l’Europa di vitale importanza. Certamente è possibile cercare di creare per quanto possibile la migliore struttura economico-politica dell’Ue, ma non dobbiamo dimenticare i nostri valori comuni spirituali e altri, ivi compreso il tema dei diritti umani, della libertà, della democrazia e del rispetto degli altri. Una grande importanza rappresentava per Havel anche il fatto di preoccuparsi per gli altri, vuol dire di non chiudersi all’interno di un Paese o di una Unione, ma di essere aperti nei confronti degli altri, e di assumersi la propria parte della responsabilità per tutto ciò che succede nel mondo. Tutti questi sono temi che, con tutti i problemi di carattere economico, non vanno dimenticati.

 

(Francesco Inguanti)

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