Cos’è che attrae le persone verso i grandi romanzi di Dickens 150 anni dopo? Non è passato ormai il tempo dello smog e dell’ipocrisia vittoriana? Non mandiamo più i bambini su per i camini né li releghiamo nelle workhouses come Oliver Twist, giusto? Forse non in Italia né in Inghilterra, ma altrove lo sfruttamento minorile va avanti, e molti dei vestiti che indossiamo o degli oggetti che usiamo sono fatti da bambini che lavorano in condizioni sconvolgenti. Il grido di ingiustizia di Dickens è oggi più necessario che mai.



Dickens parla al tema del nostro Meeting proprio perché vede l’uomo minacciato, non solo dalle pratiche di lavoro ingiuste, ma da una moltitudine di altri problemi – sociali, politici e anche morali. Come riconosce la figlia dell’opportunista direttore Thomas Gradgrind, esclamando: “Perché mi hai dato la vita e mi hai tolto tutte quelle cose inapprezzabili che la distinguono da uno stato di conscia morte? Dove sono le grazie della mia anima? Dove i sentimenti del mio cuore?



Dickens attacca tutte quelle cose che non permettono alle grazie dell’anima o ai sentimenti del cuore di svilupparsi. In Tempi Difficili, opera considerata la critica di Dickens alla politica economica, Grandgrind è parte di un sistema capitalistico che vede l’educazione solamente come un mezzo per andare avanti, per offrire una forza lavoro che può essere usata come una macchina: “LA COSA NECESSARIA ORA, quello che voglio sono Fatti. Insegnate a questi ragazzi e a queste ragazze Fatti e niente altro. Solo di Fatti abbiamo bisogno nella vita“. 

Questo non è molto diverso da quello che succede all’educazione oggi. L’Inghilterra ha perso l’idea di educazione come qualcosa che serva a sviluppare tutta la persona e offra una visione del Buono, del Vero e del Bello in cui chi studia sia unito in queste idee. Per noi l’educazione non riguarda nemmeno i fatti, ma abilità che ci trasformano in ingranaggi di una grande ruota. Non c’è rischio educativo per noi!



Gradgrind teme l’immaginazione perché connette la persona con la libertà e con idee che vanno oltre il calcolo monetario. Ma per Dickens l’immaginazione è il mezzo del compimento umano. Non importa quanto oppresso e povero tu possa essere, hai sempre una mente libera di amare e sperare.

Dickens imparò questa verità a proprie spese. Quando il giovane Charles aveva dodici anni, suo padre fece bancarotta e fu costretto ad andare nella prigione per debitori. Charles venne mandato a lavorare in una fabbrica dove doveva attaccare etichette sulle bottiglie e dove pativa la fame la maggior parte del tempo. 

Il trauma di essere stato tolto dalla scuola e da una vita rispettabile e felice per un duro lavoro, vergogna sociale e isolamento lo marcarono per il resto della vita e gli conferirono un senso di cameratismo con i bambini oppressi. 

Un giorno si ammalò. Un altro bambino, Fargin, che spesso lo aveva preso in giro, gli fece un letto su di un sacco, fece il lavoro al posto suo, e poi cercò di accompagnarlo a casa. Ma Dickens non voleva essere riportato a casa, temendo che Fagin vedesse che i suoi genitori vivevano in una prigione, così continuò ad andare avanti barcollando per ore, sperando che Fagin cedesse. Alla fine, Dickens finse che una casa qualunque fosse la sua e bussò lì. Era quello l’unico modo per liberarsi del suo gentile protettore e mantenere il segreto della sua vergogna. Così anche e in maniera speciale tra i poveri, Dickens trovò gentilezza e un’umanità vera. Quella sera il suo orgoglio gli impedì di riconoscere che il piccolo Fagin gli stava offrendo una vera casa. 

Così i suoi romanzi descrivono sia le forze esterne che mettono in pericolo un’umanità prospera ma allo stesso tempo la virtù e il sentimento umano che vi si oppone e li trascende. E le trovò entrambe nella fabbrica di lucido da scarpe quando aveva dodici anni.  E quello che è veramente sorprendente nelle opere di Dickens è che lui è emerso da questi tempi drammatici con un grande ottimismo e speranza e gioia nella vita. 

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