L’altro giorno stavo rientrando da un viaggio di lavoro ed essendo arrivata con largo anticipo all’aeroporto di Londra ho passato un po’ di tempo girovagando per i negozi. Come sempre vengo attirata dai libri. Penso siano, ancora oggi (anzi forse oggi più che mai) uno strumento indispensabile per conoscere, confrontarsi, pensare, riflettere. Leggo un po’ di tutto e vengo attirata da generi diversi. Nel caso specifico ho acquistato d’impulso “The rules to break” di Richard Templar. Si tratta di una leggera e scorrevolissima carrellata delle regole con le quali e sulle quali siamo cresciuti. “Pensate. Questo è il messaggio. Fatevi domande – sostiene l’autore – su tutto quello che vi hanno detto e non vivete affidandovi alle regole stabilite da altre persone se non siete convinti e non le condividete. Sia che abbiate 18 anni o 80, analizzate le costrizioni con le quali siete stati obbligati a vivere la vostra infanzia, credendoci ciecamente, e decidete se fossero giuste o no. Semplicemente, guardatevi dentro e chiedetevi: “perché ci credo? mi aiutano?…Non vi sto dando il permesso di ignorare semplicemente le regole e i valori che non vi piacciono.. vi sto dicendo di non appiattirvi, senza pensarci, su principi che qualcun altro ha stabilito. Quando diventate adulti siete autorizzati a sviluppare il vostro regolamento”. E’ un invito a tornare a pensare come individui. A valutare il mondo che ci sta attorno e ad analizzare se quanto ci circonda abbia o meno un senso. In questa ottica “infrangere le regole”, per parafrasare il titolo del libro, sta a significare la volontà di tornare all’uomo e alla sua essenza, superando quello che l’appiattimento del mercato culturale e commerciale ha tentato di fare nel corso degli ultimi decenni. E forse non è un caso che per scrivere queste riflessioni, accanto al libro acquistato a Londra, io mi sia trovata a riprendere in mano un altro testo (di natura completamente differente) che si intitola “Siamo tutti strambi” del guru americano del marketing Seth Godin.
“La massa fiduciosa e indifferenziata che per decenni ha comprato di tutto – recita il risvolto di copertina, introducendo il testo – si è estinta. L’uomo-medio, il normale tanto amato dalle aziende di tutto il mondo, è scomparso e le variazioni rispetto alla media si moltiplicano alla velocità della luce. E’ iniziata l’era degli strambi, quelli che si organizzano in tribù, si sentono diversi e si ostinano a voler scegliere che cosa piace loro e che cosa no”. Tanto spesso oggi si parla del linguaggio della differenza, sia esso design, letteratura, creatività in senso lato. E la differenza è una ricchezza perché consente di esprimere quel multiverso che enfatizza le potenzialità che ognuno di noi nasconde nel profondo del suo essere. Del resto gli inviti che arrivano da più parti a favorire il dialogo e il confronto fra differenti etnie, religioni, culture va esattamente in questa direzione. Ovvero, nell’ottica di un mondo che sappia pensare, che sappia domandarsi se quanto fatto finora sia stato giusto, se abbia dato sufficiente rilievo al rispetto dell’uomo, se, semplicemente, fosse sensato. Ora se andiamo ancor più alla radice di questa riflessione, l’invito che sta alla base, tocca nel profondo ognuno di noi. In pratica ci viene chiesto di metterci in discussione. Di non nasconderci dietro le regole che sono state imposte magari ingiustamente, da bambini e di diventare davvero adulti, assumendoci l’onere e l’onore di stabilire un nuovo codice di comportamento e di principi, auspicabilmente migliore. In questa ottica, per utilizzare alcuni esempi del testo di Templar, dobbiamo negare di essere “semplicemente una goccia nell’oceano” e comprendere che anche “l’insignificante è importante“, oppure passare dal concetto che “l’opinione degli altri conta” a “non vivere per ottenere l’approvazione del prossimo” o infine dal “possiamo cambiare il prossimo” a “non dobbiamo cercare di cambiare gli altri“. Scorrendo le pagine, ho apprezzato come, dietro una serie di semplici regolette, ci fosse una profonda volontà non solo di valorizzare l’individuo, ma di rispettarlo e di considerare gli altri come una ricchezza e un universo da scoprire e non da colonizzare. Per tornare al parallelo con il libro di Seth Godin, è significativo il convergere di due scritti tanto diversi, su un tema così unico come quello del riappropriarsi della propria singolarità nell’universo.
Lo stanno capendo anche le aziende più illuminate. Basta offrire a tutti le stesse cose! La gente “normale” secondo gli standard del vecchio marketing, sta fortunatamente, scomparendo per lasciare il posto a “strambi” che non si vergognano delle loro passioni ed anzi le condividono con gli altri grazie all’enorme potenziale della rete, che ci fa sentire meno soli, ovunque siamo nel mondo. “Gli strambi – sostiene Seth Godin – sono dei solitari, ma ciò nonostante non sono soli. Sono quel che sono perché hanno deciso di abbandonare il confort e l’efficienza garantiti dalla massa per aggregarsi a gruppi più piccoli, per l’appartenenza ai quali la loro stramberia rappresenta un requisito. Il fattore chiave della condizione di strambo è questo: ci si ostina a voler scegliere“. Probabilmente se questo virus della scelta consapevole prenderà sempre più piede, potremo costruire un mondo di persone in grado di assumersi la responsabilità delle proprie azioni ed in grado di rispettare quelle degli altri. E allora, viva gli “strambi” e abbasso i “normali”.