Pietro Barcellona si è spento nella consegna serena e totale della sua anima a Dio con lo sguardo rivolto a quel suo Gesù che era tornato ad amare con la tenerezza e l’ardore di un bambino. Illustre docente, intellettuale e militante nel Partito comunista italiano, alla fine era ritornato alla fede cristiana nella quale era stato educato da ragazzo.



Dopo il crollo del muro di Berlino, attraverso il travaglio di una revisione profonda della sua personalità, Barcellona perviene ad una sorta di resurrezione della consapevolezza di sé, come egli stesso la chiamava, nella quale tutto è recuperato, soprattutto il suo passato. Importanti e decisivi sono stati per lui gli incontri fatti. 



Ha scritto Luisa Muraro in un libro che egli mi regalò, dal titolo affascinante, Al mercato della felicità, che “il reale non è indifferente al desiderio e non assiste indifferente alla passione del desiderare, nonostante ci capiti spesso di fare l’esperienza di una loro apparente, reciproca, terribile estraneità; esperienza che sopportiamo male se non capiamo quello che essa significa: non è un invito alla moderazione, né alla rinuncia rassegnata, ma alla contrattazione instancabile sempre rilanciata, dalla quale usciremo tanto più guadagnanti quanto più avremo rincarato sul desiderio (Al mercato della felicità. La forza del desiderio irrinunciabile, Mondadori 2009) 



È questa contrattazione instancabile con la realtà rilanciata continuamente dalla molla del suo desiderare che ha contrassegnato l’esistenza del mio amico Pietro, stupito continuamente da ciò che la vita poteva offrirgli e pronto a valorizzare quanto di nuovo e di vero essa gli faceva incontrare. Quello che egli chiamava “il senza prezzo dell’eccedenza”, l’incalcolabile come senso e fondamento di speranza per l’esistenza umana, tutto ciò che può essere descritto, come lui diceva, solo attraverso il linguaggio incommensurabile della gioia e della vita, o se vogliamo, attraverso il “discorso inutile” (Elogio del discorso inutile, Dedalo 2010).

Barcellona ne difendeva l’essenzialità: il discorso inutile è un’opposizione netta alla pretesa di ridurre tutto a ciò che è spiegabile, e a un linguaggio scientifico onnicomprensivo, unica via per accedere ad una qualche verità. La soggettività umana, nella sua esigenza di comprendere e raccontare la realtà, non si lascia costringere all’interno di una descrizione o spiegazione scientifica di essa. È necessario quindi dare spazio a discorsi alternativi. 

Il primo di questi discorsi è stato, per Barcellona, quello psicoanalitico. Ma la sua convinzione era che il discorso psicoanalitico tende a realizzare una comprensione del mondo e di se stessi, e quindi portato fino in fondo, apre al discorso filosofico; quel discorso filosofico da cui Barcellona confessa di essere stato attratto fin da ragazzo e che lo ha segnato poi per tutta la vita. 

Ma a un certo momento della nostra epoca, anche il discorso filosofico ha smesso di essere un discorso inutile e si è tramutato in un discorso strumentale. Il fallimento del possesso della verità assoluta ha spinto i filosofi a sostituirla con la certezza acquisita attraverso la sperimentazione delle ipotesi, come risultato di un metodo scientifico. E quindi la filosofia è divenuta filosofia della scienza. 

Il professore catanese si è proposto – ed è stato questo l’argomento di molti dei suoi articoli su ilsussidiario.net – di svelare cosa ci fosse dietro questa riduzione della domanda specifica dell’umano a logica, epistemologia, teoria della conoscenza. E la sua risposta è stata: è un’opera di rimozione del problema della finitezza degli esseri mortali. La negazione, da parte dell’uomo, di un’appartenenza originaria e costitutiva del suo essere ha portato all’epoca della morte di Dio e della morte dell’uomo. 

Eppure nel cuore dell’uomo rimane il senso profondo della dimensione religiosa, come ricerca di una via di salvezza che non è soltanto speranza di un perdono, ma soprattutto desiderio di conservare, oltre la soglia dell’oscuro silenzio, gli affetti e il senso della propria esistenza. Si tratta dell’ineludibile discorso religioso.

A questo desiderio viene incontro in modo impensato e impensabile il cristianesimo, con la straordinaria innovazione che Cristo introduce nella storia. Barcellona lo ha scoperto verso la fine della sua vita. L’evento della nascita di Cristo è stata vista da lui come un sussulto di novità dentro un universo che si ribella al proprio destino mortale. Un’energia che irrompe nella storia umana e ne sospende il flusso; una piena presenza, un evento pieno nell’istante. 

Il discorso religioso trova il suo culmine nell’evento cristiano. L’essere umano non può non sapersi se non incontra nella propria esistenza questa esplosione dell’evento assoluto che è Cristo. 

La confessione cristiana di Barcellona mi commuoveva sempre, perché mi riguardava personalmente. Barcellona infatti riconosceva pubblicamente che questo incontro per lui era accaduto attraverso un prete di cui era diventato amico nei suoi ultimi anni.