Cosa resta di una teologia che afferma: non possiamo conoscere l’esistenza di Dio, Dio non è né persona né tre persone; i dogmi cattolici sono delle imposizioni autoritarie; il Magistero della Chiesa ha solo represso la libertà e prodotto danni; il fondamento del cattolicesimo è il potere ecclesiastico. Cosa resta? Ancora. La storia raccontata dalla Bibbia? Sono tutte favole indimostrabili. Gesù Cristo? Sarà anche esistito, ma non ditemi che è risorto, con tutte quelle contraddizioni dei racconti evangelici. E via di seguito, in un affannoso, puntiglioso, a tratti amaro e ironico tentativo di demolire a brano a brano l’impianto della fede cristiana, con evidenti forzature e fraintendimenti. Che cosa resta dunque delle due grandi parole del titolo di copertina, Io e Dio? (Vito Mancuso, Io e Dio, Una guida dei perplessi, Garzanti 2011-13, pp 488). Resta solo l’io, sorgente e misura di tutto. L’io pieno di domande e pretenzioso di risposte, l’io che dentro di sé cerca e costruisce l’immagine di Dio, esige e formula la morale del bene, sulle ali della libertà personale. Leggendo una ad una le quattrocentocinquanta pagine del libro, cresce man mano la percezione che il secondo termine – Dio – svanisca fino a sparire del tutto, e il primo – Io – emerga come una piovra che invade tutto lo spazio dell’essere.



Avevo cominciato la lettura di questo volume con fiducia. I libri che ti regalano li devi poi anche leggere, e ci vedevo un’opportunità. Magari – pensavo – dirà con più acutezza alcune cose, scioglierà certe incrostazioni della teologia, avanzerà dubbi, difficoltà, contestazioni, rivendicazioni, ma – vivaddio – la fede cristiana sarà bene la stessa: Dio-Trinità, Cristo, Chiesa, Uomo, Morale. Il nostro si proclama teologo cattolico, ricorda di essere stato in seminario; ha studiato teologia, è molto erudito, eccetera eccetera. Mancuso scrive: “Qualcuno ogni tanto mi chiede come mi possa ancora definire cattolico”. Risponde di dichiararsi cattolico e voler rimanere tale “perché sento e so che la Chiesa cattolica è la mia comunità, la mia chiesa”. Racconta della madre, delle suore che l’hanno educato, della maestra delle elementari, di alcuni preti e vescovi.



Ma il suo percorso va in direzione contraria. Pare una ritorsione, come dovesse ad ogni costo “fargliela pagare” a questa Chiesa, di cui parla solo per denunciarne incoerenze teoriche e pratiche, spazzando via non solo Bibbia, Vangeli inclusi, ma autori come Agostino e Tommaso, per non dire di Papi e Concili. Ci sono molte citazioni di filosofi e scienziati di tutti i tempi, ma su tutti domina Kant. Non è Kant a descrivere una religione “nei limiti della ragione”? Non è Kant a costringere la religione nei limiti di una morale che sorge dall’uomo? 

Se poi si vuole ritrovare un teologo di riferimento, sottotraccia spunta Karl Rahner, limitatamente alla teoria dell’io “trascendentale” che ritrova in se stesso la forma del divino, quasi anticipazione e sostituzione della rivelazione. Si vede riaffiorare anche una vena del fiume modernista, richiamato con quell’insistenza sul potere del sentimento che detta legge all’agire dell’uomo. Si individuano strati di new age, venati di panteismo; quasi una nuova gnosi contrapposta alla fede e alla teologia. Constatazioni che spengono la prima impressione di avere sottomano un testo almeno originale. 



Mancuso insiste sulla libertà personale e sulla ricerca del bene e della giustizia. Valori enormi e preziosi. Che tuttavia vengono lasciati in balia dell’arbitrio personale. Certo, egli vede e esalta una libertà aperta e relazionale. Ma proprio questo conferma che il nostro autore ha sostituito Dio con il suo proprio io, giudice e centro del mondo. Un’operazione di sganciamento e di sostituzione cominciata già con Adamo ed Eva. Ma Mancuso non crede al peccato originale. Crede tuttavia al cuore dell’uomo, alle sue esigenze e potenzialità. Forse un’ultima onestà potrà condurre il nostro autore ad aprire il suo cuore e la sua mente al cuore e alla mente del Dio personale, che gli viene incontro nella figura del Figlio incarnato, Gesù.