Se solo mettiamo in fila i nomi dei personaggi trattati da questo volume e quelli degli autori dello stesso, abbiamo un piccolo e diversificato Olimpo del pensiero cattolico. 

Charles Péguy (1873-1914) è il vigoroso profeta di un socialismo umanitario che, tornato credente, non ha mai voluto rinnegare, è il solitario «gerente» dei Cahiers de la Quinzaine coi quali ha ingaggiato una strenua battaglia contro le devastazioni della cultura moderna, è il cantore di Giovanna d’Arco e della «piccola speranza», è l’uomo che ha saputo identificare nel fenomeno dell’«avvenimento» la chiave di lettura adeguata per comprendere la storia, la società, il cristianesimo stesso.



Paul Claudel (1868-1955) è il «convertito» per eccellenza della Francia a cavallo tra Otto e Novecento. Diplomatico di professione, accademico di Francia, intellettuale autorevole, ha espresso nella sua poesia e nel suo teatro una instancabile ricerca dei gangli fondamentali dell’esistenza umana. È l’autore del celeberrimo Annuncio a Maria – senza dubbio uno dei vertici della produzione teatrale del Novecento –, che descrive in modo inarrivabile la strana ed abissale dinamica dell’amore, che sempre ondeggia tra la meschinità del possesso e la gloria della gratuità.



Henri De Lubac (1896-1991) è da annoverare tra i teologi più influenti del secolo passato. A lui si deve la riscoperta sistematica – e l’assidua pubblicazione – del grande patrimonio del padri della Chiesa e di molta teologia medievale. Passando per il crogiolo di sospetti da parte delle autorità romane, è poi stato riconosciuto nel suo valore tanto da diventare «perito» al Concilio Vaticano II. Negli anni successivi non ha esitato a mettere in guardia la teologia e la Chiesa tutta dalle derive fintamente «moderne». È morto rivestito della porpora cardinalizia, attribuitagli per meriti teologici da Giovanni Paolo II.



Jean Bastaire, che è morto proprio poche settimane fa, è il meno noto dei quattro eppure si deve proprio a lui la nascita di questo volume, pubblicato in Francia nel 1974 e ora per la prima volta tradotto in italiano. Bastaire è stato un prolifico studioso dell’opera di Péguy sulla quale ha scritto saggi illuminanti. Nel lavoro di scavo degli archivi si è imbattuto in alcune lettere che documentano – magari tramite intermediari; i due scrittori, infatti, non si sono mai incontrati direttamente – un certo rapporto tra Claudel e Péguy. Amico di De Lubac – a sua volta profondo conoscitore dei due scrittori -, Bastaire gli chiese di scrivere un’opera che prendesse le mosse dalla documentazione ritrovata. Il futuro cardinale accettò con entusiasmo; anche se poi i numerosi impegni e la successiva malattia gli impediranno di elaborare il vero e proprio saggio che avrebbe voluto.

Bastaire mise comunque insieme tutto il materiale e ne è uscito questo volume. Esso non sembra giustificato dall’esile mole del carteggio intercorso tra i due scrittori eppure ha un indubbio interesse. La grande serietà storica dei due autori e la profonda simpatia che li lega all’oggetto del loro studio, ci offre un testo che aiuta a collocare Claudel e Péguy sullo sfondo della loro epoca, a individuarne le differenti sensibilità e poetiche e le convergenze di fondo, ad evidenziarne tratti poco noti.

Questo libro, in definitiva, conferma ampiamente che il posto di Claudel e Péguy nell’Olimpo della letteratura – e anche della fede cattolica – non solo non è abusato, ma merita di essere sempre più compreso, avvicinandosi direttamente all’opera di questi due giganti.


Henri De Lubac, Jean Bastaire, “Claudel e Péguy”, Marcianum press, Venezia 2013