Avere tra le mani la rivista “Monocle” è sempre una grande esperienza. La carta, il formato, la foliazione ti trasmettono sin da subito la sensazione di maneggiare qualcosa di stimolante. È come tuffarsi ogni volta nel mondo, dimenticandosi dove ci si trova, nel preciso istante in cui si comincia a leggere il giornale. Il numero di settembre non fa eccezione e una parte molto interessante è legata alla guida degli imprenditori 2013. “Abbiamo tutti idee. Ma – si dice nell’introduzione – c’è una caratteristica che accomuna tutti gli imprenditori di successo. Sia che guidino un team di due persone sia che siano i leader si una multinazionale colossale, essi hanno la determinazione di portare un concetto a trasformarsi in realtà. È questo spirito di iniziativa che consente ai progetto di realizzarsi”.
Passare in rassegna le varie case-history mondiali è molto interessante, ma tra tutte le storie narrate, credo ci siano un paio di spunti da considerare e che mi hanno colpito in particolare. In primo luogo la breve intervista di David Gilmour, imprenditore canadese e fondatore di Fiji Water che alla domanda: “Qual è il miglior posto dove prepararsi ad essere leader: un Mba o il posto di lavoro?” risponde: “Viaggiare. Come fai a conoscere le cose se non hai viaggiato?”. Il tema della conoscenza emerge in tutta la sua importanza e, nella dichiarazione di un uomo di successo, passa attraverso il confronto con gli altri e l’apertura al mondo esterno.
Una vera e propria inversione di tendenza rispetto al modello che si è affermato negli ultimi anni, dove il passaggio per una scuola prestigiosa e il conseguimento di un Mba era diventato un punto irrinunciabile per tutti coloro che volessero ambire a posizioni di rilievo o a una carriera di alto profilo. Rivendicare il ruolo del viaggio, inteso come avventura alla scoperta del mondo, ci riporta a quella dimensione esperienziale che forse per troppo tempo abbiamo dimenticato o trascurato. E una visione di questo tipo è suffragata anche dalla risposta di Svida Alisjahbana, presidente e publisher di 18 dei più importanti magazine indonesiani che alla stessa domanda risponde: “Ovunque tu possa entrare in contatto con grandi persone che ti possano dare una mano nella leadership”. Anche in questo caso quindi, il tema dell’apertura. Dell’acquisizione di know how dagli altri. È un tema forte che dovremmo tenere presente sia a livello educativo per i nostri figli che come punto saldo per rilanciare il nostro Paese.
La seconda riflessione riguarda invece le parole chiave di quelli che vengono identificati come megatrend da una ricerca effettuata da Pictet Asset Management per Monocle. Fondata nel 1805 a Ginevra, Pictet & Cie è oggi una delle principali banche private svizzere, con patrimoni in gestione e amministrazione per oltre 316 miliardi di euro a fine giugno 2013.
Proviamo a vederli insieme. Il primo è la globalizzazione, vale a dire la crescente connessione delle persone in termini di prodotti, servizi, informazioni, tecnologia e cultura. Il secondo è il benessere. La popolazione mondiale sta invecchiando e la tecnologia e la ricerca scientifica stanno contribuendo ad allungare la vita delle persone, con impatti importanti in termini di welfare e spese degli Stati. Il terzo è lo sviluppo demografico. Assistiamo alla contrapposizioni tra i paesi giovani e in via di sviluppo e i paesi occidentali con una popolazione che sta invecchiando e diminuendo. Il quinto è la “network economy”, vale a dire la connettività che esiste tra processi e attività e che consente un trasferimento di know how molto veloce tra produttore e consumatore. Il sesto punto è la sostenibilità. Vale a dire la capacità di soddisfare le richieste attuali del mercato senza compromettere il potenziale del pianeta per le future generazioni. Il sesto la conoscenza della società, nel senso che dicevamo prima. La conoscenza sta diventando una risorsa molto importante allo stesso livello delle materie prime, del lavoro o del capitale. In questo senso, come ricordavamo in precedenza commentando le risposte di due manager di successo, questa posizione sottolinea il passaggio dall’era industriale a quella dell’informazione. Il settimo trend è la smaterializzazione. I consumatori tendono ad essere molto attenti a considerare gli aspetti intangibili dei prodotti e dei servizi e quindi, in ultima analisi, delle aziende. Vale a dire che considerano i valori etici ed estetici dei prodotti più di quelli materiali. L’ottavo punto è rappresentato dall’accelerazione e dalla complessità. È davanti agli occhi di tutti la velocizzazione che la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica hanno portato sia nel commercio che nei processi produttivi. Nono punto è la personalizzazione. Ci stiamo spostando da un modello sociale guidato da orientamenti di massa a quello focalizzato sulle esigenze dei singoli. Quello che il guru americano del marketing Seth Godin definisce come il mondo degli “strambi”, di coloro, cioè, che esigono qualcosa di unico. Decimo ed ultimo punto la commercializzazione, vale a dire il trasferimento in outsorcing dei servizi pubblici ai privati per migliorare l’efficienza.
Credo che un’analisi seria di questi dieci megatrend sia imprescindibile per ogni Paese che voglia provare ad affrontare le sfide dei prossimi anni, delineando uno scenario complessivo migliore di quello odierno e che tenga conto del passaggio epocale al quale abbiamo assistito negli ultimi anni. Non comprendere queste tendenze o provare a contrastarle, significa, probabilmente, mettersi fuori dal mercato e dalla competizione. Questo vale sia per gli imprenditori che per le aziende che per gli Stati. Chi sarà più veloce a dare una risposta a queste domande, sarà il leader di domani, trasformando le idee in realtà. È bene che ci mettiamo in viaggio sin d’ora.