Enzo Natta, giornalista, scrittore, uomo di cinema di lungo corso, ha deciso di rivelare le vicende sconosciute di tre straordinari personaggi che ha incontrato, frequentato e di cui è diventato amico nella sua tumultuosa esistenza intellettuale. I tre personaggi sono Giuseppe Bottai, uno dei massimi gerarchi fascisti che il 25 luglio ’43 votò per il suicidio del fascismo, Folco Lulli, attore cinematografico, poi regista negli ultimi anni della sua vita, e Frédéric Rossif, regista e documentarista di fama, autore di celebri capolavori come Morire a Madrid.
Che cos’hanno in comune, oltre al cinema, questi tre personaggi? Lo spiega Natta nella prefazione al libro Ombre sul sole: storie di uomini contro, che ha affidato alla casa editrice Tabula Fati (www.edizionitabulafati.it): “Li accomunano le loro storie rubate, mai raccontate perché scomode e tenute sotto chiave a vario titolo. Li accomunano il silenzio con cui hanno protetto il loro vissuto negli anni della seconda guerra mondiale, il passaggio sotto altre bandiere (Bottai e Rossif militarono nella Legione Straniera; Lulli, mazziniano convinto, combatté in una banda partigiana monarchica), il trauma che li spinse a chiudere alle loro spalle la porta di un passato che era meglio dimenticare e che li rese prigionieri di un volontario silenzio nel quale si erano chiusi”.
Quel silenzio è ora rotto dalla decisione di Enzo Natta di raccontare tre vicende e tre personaggi in tutto degni di una sceneggiatura da grande film. Ci limitiamo, in questo articolo, a raccontare la storia di Giuseppe Bottai, che ricoprì un ruolo di primo piano nell’Italia del Novecento. Nato a Roma nel 1895, volontario nella Grande guerra, nel 1921, come giornalista, assume la direzione della redazione romana del Popolo d’Italia, il quotidiano fondato a Milano da Benito Mussolini. Nel 1922 partecipa alla Marcia su Roma e l’anno dopo fonda la rivista Critica Fascista, che per vent’anni sarà l’organo d’informazione e di dibattito più importante del regime. Nel ’29 diventa ministro delle Corporazioni ed entra a far parte del Gran Consiglio del fascismo. Nello stesso periodo vara la Carta del Lavoro. Dal ’36 al ’43 è ministro dell’Educazione Nazionale, il che non gli impedisce di partecipare, nel ’41, alla campagna d’Albania al comando di un battaglione di Alpini impegnato in epiche battaglie. Nella storica seduta del Gran Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943, vota per l’ordine del giorno Grandi (che ha contribuito a redigere) e determina così la caduta del regime e l’arresto di Mussolini. Dopo l’occupazione di Roma da parte dei tedeschi, sfugge alla cattura da parte loro grazie agli appoggi di cui gode in Vaticano specie ad opera di monsignor Montini, futuro papa Paolo VI. Nel gennaio 1944 il tribunale speciale di Verona lo condanna a morte per alto tradimento, assieme a Galeazzo Ciano e a tutti coloro che avevano votao l’Odg contro il Duce.
A Bottai non rimaneva che la via dell’esilio. Scelse invece quella del riscatto, raggiunse Algeri e si arruolò nella Legione Straniera a Sidi Bel Abbes. Aveva 49 anni. Non ebbe bisogno di istruzione militare perché ne sapeva più di tutti gli altri. Ufficiale degli Arditi durante la prima guerra mondiale, combattente nella guerra d’Etiopia del ’35-’36, colonnello degli Alpini sul fronte greco-albanese, per il suo livello di preparazione militare stupì gli alti comandi della Legione, che lo assegnarono immediatamente al primo Rec (Régiment étranger de Cavalerie), incaricato della più importante missione militare ideata e voluta dal governo in esilio agli ordini del generale de Gaulle: lo sbarco in Costa Azzurra.
E qui ha inizio la pagina sconosciuta della vita di Bottai, svelata nell’affascinante libro di Enzo Natta. Pagina che prende il via dal momento dello sbarco dei legionari a Saint-Raphael, ai primi di settembre del ’44. Gli ufficiali del Rec sono perfettamente consapevoli della missione che li attende: dimostrare al mondo intero che la Francia non sarà liberata soltanto dalle truppe anglo-americane sbarcate in Normandia, ma anche dai volontari della Legione impegnati in Provenza. Lo scopo è raggiunto grazie alle capacità tattiche e all’intelligenza superiore di Bottai, che diventa presto, tra i suoi compagni, “le professeur” ed escogita trovate come il presunto malfunzionamento delle radio militari.
I tedeschi non davano eccessiva importanza allo scacchiere meridionale della Francia, anche per la sua distanza dal confine con il Reich, per cui l’avanzata della Legione fu coronata da una serie di successi. “A questo punto”, scrive Enzo Natta, “l’Alto comando francese si rese conto che il successo di un’operazione militare affidata alla Legione per evitare il sacrificio di soldati francesi avrebbe potuto diventare un boomerang e trasformarsi in una beffa. Poiché era ormai evidente che la Wehrmacht si stava ritirando su tutto il saliente e che un pugno di legionari stava liberando la Provenza, se il commando non fosse stato bloccato, il merito dell’operazione sarebbe spettato tutto ad una manciata di stranieri di dubbia reputazione. E di conseguenza chiunque, dagli Alleati alla propaganda nazista, avrebbe potuto dire che il Sud della Francia era stato liberato da mercenari”.
Ed ecco arrivare via radio, ai legionari, l’ordine di fermarsi. Ma Giuseppe Bottai suggerisce al comando del Rec di far finta che la radio sia fuori uso e di andare avanti lo stesso. L’avanzata prosegue così con una vittoria dietro l’altra, di molte delle quali è autore lo stesso Bottai. Di questa pagina di storia non vi è traccia nello stesso libro di Giuseppe Bottai Legione è il mio nome, scritto nei primi anni 50. Bottai aveva mantenuto fede al giuramento del silenzio anche quando il suo ingaggio nella Legione terminò nel luglio 1948 ed egli poté rientrare in Italia beneficiando dell’amnistia del novembre ’47. Fu Frédéric Rossif, a sua volta arruolatosi nella Legione Straniera, a scoprire il segreto e a rivelarlo a Enzo Natta, che lo svela in maniera avvincente nel suo bel libro.