Da subito, il cardinale Scola sente il bisogno di integrare i quattro termini del titolo di Expo 2015: nutrire, energia, pianeta, vita, chiamando in causa un quinto termine: l’uomo. La sua scelta appare capitale per affrontare argomenti così incombenti per il nostro futuro, in modo tale che il percorso culturale ed educativo che dovrebbe condurre fino all’Esposizione Universale Milano 2015 sia proficuo per la città, per Lombardia, per l’Italia e per le altre nazioni europee e del mondo. 



Infatti, se si vuole che l’Expo di Milano – come le altre già celebrate in passato – vada oltre l’ipotetico business, con l’inerente dibattito politico, che lascia come esito, nel migliore dei casi, un rinnovamento urbanistico di certe zone metropolitane, urge trovare una chiave di lettura dell’evento Expo che consenta verificarne l'”universalità” di fatto, come bene reale per tutti. 



A questo scopo, l’uomo e la sua interpretazione è proposto quale fil rouge della comprensione dei temi proposti, se si vogliono evitare i due pericoli identificati da Scola: la “predazione” del creato, da una parte, e la sua “sacralizzazione” dall’altra. Il primo consiste nello sfruttamento selvaggio delle risorse naturali a unico beneficio immediato di questa generazione, mentre il secondo tende a una sorta de “divinizzazione” del cosmo, in chiave “bio-centrica” o “eco-centrica” che alla fine riduce l’uomo a pura specie animale, quasi pezzo scambiabile di un meccanismo impersonale. Soltanto una visione adeguata dell’umano consentirà di rivedere l’assetto tecnologico ed economico delle nostre società avanzate, di cui l’Expo vuole anche farsi carico, nel preciso contesto dei bisogni alimentari e di energia per la vita del pianeta. 



Ecco, dunque: quale uomo sarà in grado di gestire le decisioni economiche e tecnologiche per il bene della vita nel pianeta? Il primo compito assunto da Scola è di ridare tutta la sua ampiezza alla concezione biblica dell’uomo, come appare nei racconti della Genesi, e come viene ripresa dai Vangeli. Di fronte alle tesi di certo ecologismo che accusa la tradizione giudeocristiana di aver fornito copertura teologica ad un antropocentrismo “esasperato” sfruttatore della creazione, il Cardinale rivendica il rapporto articolato fra la libertà umana, il cosmo e Dio. In questo modo si può mostrare come la responsabilità degli uomini nei confronti delle risorse del pianeta si eserciterà con cura verso la natura, e con attenzione agli altri uomini, quelli che oggi abitano con noi la terra e quelli che lo faranno in futuro, soltanto se vissuta come responsabilità davanti a Dio. Poiché all’origine si trova la libera donazione dei beni naturali all’uomo da parte del Signore, la modalità giusta di esercitare la libera disposizione di tali doni sarà quella di farlo nella consapevolezza di chi si prende cura di qualcosa che non gli appartiene. 

Il mondo non è – non lo è mai stato − un oggetto sottoposto alla nostra volontà illimitata di potere, ma piuttosto lo spazio di un’azione responsabile che non può non avere una connotazione responsoriale. Nel gestire il creato siamo corresponsabili davanti a Colui che ne è veramente Creatore e Signore. Il vero protagonista della giusta assegnazione dei beni terrestri non potrà essere che l’uomo, la sua libertà “responsoriale”. Egli si sa chiamato da un Altro, e così reso alla radice capace di ogni innovazione, espansione e produttività. Si tratta dunque di approfittare la grande occasione dell’Expo 2015 per favorire ciò che Scola chiama, sulla scia di Benedetto XVI e Francesco, l’ecologia umana

Fedele al suo stile di riflessione, che vuole sempre “entrare in merito”, il Cardinale scende ad esaminare alcune delle dimensioni più stringenti del panorama attuale: dal mito della tecnocrazia alla tragedia della fame, dalle questioni della sovranità alimentare alle piante geneticamente modificate. Non a caso, è convinto che la fede cristiana richiami una sua traduzione culturale, che ne mostri la convenienza dall’interno delle situazioni vissute. 

La strada che sola permette questa traduzione culturale è quella di un impegno educativo che riesca a trasmettere innanzitutto due dimensioni dell’umano essenziali per l’odierna situazione. Da una parte dobbiamo educare ed educarci alla responsabilità su ciò che ci è stato dato; dall’altra è necessario maturare nell’esperienza di una interdipendenza delle generazioni, che, come la storia documenta, ha sempre portato gli uomini ben oltre la soddisfazione ristretta dei loro bisogni, per tendere sempre ad un miglioramento delle soluzioni tecniche che potessero giovare anche − a volte soprattutto − ai figli, ai figli dei figli, a coloro che abiteranno la terra dopo di noi. 

Per adempiere il compito assegnato dobbiamo ricuperare quella responsabilità che Scola individua in partenza: guadagnare un nuovo sguardo sull’umano. Infatti, serve mostrare con precisione la natura del bisogno dell’uomo, dei suoi desideri, della sua relazionalità e della sua ragione, fino al punto di giungere al riconoscimento dell’altro, degli altri, che sono sempre un bene, anche nell’affrontare le questioni alimentari del pianeta. Ne nasceranno gli stili di vita radicati nell’esperienza comune, e proposti alla libertà di ciascuno, che consentano una vera convivialità. Speriamo che nei mesi in cui l’Expo sarà aperta al mondo sia possibile riconoscere in atto una tale convivialità. Fino allora il libro del Cardinale di Milano diventa una efficace road map.


Angelo Scola, “Cosa nutre la vita? Expo 2015”, Centro Ambrosiano, Milano, 2013. Anche in e-book nella collana del Corriere della Sera