“Mosca si rannicchiava nella gelida e secca sera di marzo per proteggersi dal contatto del sole al tramonto, rosso e freddo. La ragazza salì sull’ultimo vagone, in coda al treno, cercò il suo scompartimento, il numero sei, e tirò un profondo respiro”. Così inizia il viaggio da Mosca a Ulan Bator, capitale della Mongolia, a bordo del mitico treno della Transiberiana. La ragazza — finlandese come Rosa Liksom, l’autrice di Scompartimento n. 6 (Iperborea, 2014, traduzione di Delfina Sessa) — si accomoda sulla sua cuccetta e davanti a lei si siede uno sconosciuto che sarà suo compagno di viaggio. Con i due sale anche il lettore che dividerà con loro l’esperienza di questo viaggio attraverso la Grande Madre Russia. Con loro vedrà scorrere paesaggi infiniti intrisi di poesia e di malinconia.



E’ proprio il paesaggio il filo che conduce il racconto: le descrizioni corrono alla velocità del treno. Siamo in marzo, un ruvido sole tenta con i suoi raggi pungenti di scalfire con un po’ di calore il manto gelido dell’inverno siberiano, ottenendo solo fanghiglia e folate di vento ancora misto a neve. E siamo anche nella Russia degli anni 80, lei stessa sta vivendo un tenue e aspro disgelo.



Lo sconosciuto è russo, un rozzo omone grande e grosso che con le sue durezza impastata di vodka riuscirà comunque ad affascinare la ragazza e il lettore, svelando loro la più vera natura poetica e nostalgica — spirituale — dell’anima russa. Si scende quindi a malincuore da quel treno e a malincuore ci si stacca da Vadim, dall’inesauribile racconto della sua vita teso tra disperazione e amore totale.

In Mongolia tutto cambia, ci si ferma e si guarda indietro. Adesso è la Storia a prendere per mano il lettore. Ma poi si parte ancora, questa volta si sale su di una scassata Volga e sarà la ragazza finalmente a parlare, ad arrivare alla fine del mondo e del racconto. Ora finalmente si può tornare indietro. “A Mosca! A Mosca!”: sono le ultime parole del libro che — spiega Delfina Sessa nella postfazione — vogliono essere un richiamo-omaggio a Cechov come anche il titolo che ricorda una sua novella (La corsia N. 6). Con questo romanzo, Liksom ha vinto il Premio Finlandia 2011.