Le dichiarazioni del primo ministro della Spagna, Mariano Rajoy, sul venir meno del progetto di riforma della legge sull’aborto ha suscitato nel mondo cattolico spagnolo una vivace discussione. Le promesse del ministro della Giustizia Alberto Ruiz Gallardon, che si era fortemente impegnato a ridisegnare in senso restrittivo la precedente legge del governo Zapatero, una delle più “liberal” d’Europa, non hanno ottenuto l’esito sperato e il ministro, con grande dignità, si è dimesso dal Governo assumendosi ogni responsabilità. 



Se una cosa si può rimproverare al Governo è quella di aver propugnato una riforma radicale, in senso restrittivo, laddove era certamente meglio privilegiare, su un terreno così sensibile, una politica di piccoli passi. Il fallimento del progetto partorisce ora il topolino: la richiesta dell’obbligo del consenso obbligatorio dei genitori laddove la figlia minorenne decida di abortire, consenso non richiesto dalla legge Zapatero. Per questo impegnarsi per una soluzione massimale non è stata un’ottima idea. Non prima di un piano di assistenza e di protezione della famiglia che solo ora il Governo Rajoy si decide a varare. 



Comunque sia il dietrofront del Partido Popular ha suscitato, com’era prevedibile, la reazione di parte del mondo cattolico spagnolo deluso dalle promesse non mantenute, dal “tradimento” del Governo. Come conseguenza taluni settori di quel mondo vanno auspicando la creazione di un “partito cattolico”, diverso dal Partido Popular troppo laico e compromesso con il potere, capace di portare avanti i valori cristiani contro il laicismo imperante. Significativamente questa idea è stata criticata da Benigno Blanco, presidente del Forum de la familia, il quale non è stato affatto tenero con la decisione di Rajoy. Blanco comprende bene come un partito “cattolico” non potrebbe che portare ad una forza politica dalle percentuali minime, ininfluente nel panorama politico. Un partito fortemente polarizzato su alcuni valori, privo di un programma sociale complessivo, che ricorderebbe, in qualche modo, il Tea Party americano. 



In Spagna un partito così non potrebbe non ricordare il passato franchista, un modello clericale, di destra. Con il risultato che esso diverrebbe utile non alla Chiesa ma proprio al fronte laico-socialista che intende combattere. Quel fronte avrebbe infatti buon gioco, ogni volta che sono all’ordine del giorno le battaglie “etiche”, a sbandierare lo spauracchio clericale, il timore del ritorno al passato, il pericolo dell’avanzare delle destre. Un partito “cattolico” è il regalo più grande che, in questo momento, può essere fatto al fronte socialista che, da sempre in Spagna, è attestato su una posizione laicista. Servirebbe a rilegittimare quell’ideologia radical-borghese che, dopo il fallimento degli anni di Zapatero e del modello economico di crescita, appare in una condizione di forte disorientamento.

Un partito cattolico non farebbe avanzare di un millimetro i valori cristiani in sede legislativa e procurerebbe, al contrario, nuovo ossigeno alle forze laiche. Ritornerebbe in gioco, più calda che mai, la dialettica tra clericali ed anticlericali che, da un secolo a questa parte, blocca la vita politica e civile in Spagna. Uno scontro aperto che porterebbe la Chiesa in prima linea, più di quanto sia esposta oggi. 

In Italia questo pericolo è stato scongiurato, dopo la caduta del fascismo con il suo temporalismo ecclesiastico, dalla Democrazia Cristiana di Alcide de Gasperi, sostenuto, in Vaticano, da Mons. Montini. De Gasperi e Montini non vollero in Italia un partito “cattolico”, clericale, che avrebbe diviso il Paese tra cattolici ed anti-cattolici, bensì un partito democratico-cristiano, nazionale,  aperto alla collaborazione con tutti. Partito della mediazionee non dello scontro e, come tale, capace di tenere il quadro sociale unito e di difendere la libertà di fronte al più forte partito comunista dell’Occidente. In Spagna una democrazia cristiana è, purtroppo, mancata. E’ mancato un partito che mediasse tra la Chiesa e la sfera della politica, che attutisse lo scontro e consentisse la formazione di un laicato cattolico capace di assumersi responsabilità di governo. 

Di qui la dialettica tra clericali e anticlericali, priva di punti d’incontro, lo scontro tra destra e sinistra, tra chi guarda ancora al passato e il progressismo più vacuo. Per questo le critiche odierne al Partido Popular non sono giustificate. Anche se il PP non è la Dc ricordano, però, quelle di molti cattolici italiani alla DC durante il referendum sul divorzio, nel 1974, e sull’aborto, nel 1981. Sono critiche ingenerose, poco realistiche e, soprattutto, senza alternativa sul piano politico. Nel gioco democratico oggi si perde e domani, se le condizioni mutano, si può vincere. I cattolici non  dovrebbero, però, dimenticare due cose. 

La prima: che non è saggio forzare troppo un quadro giuridico che gode di grande consenso sociale. In questo caso l’ottimo è nemico del bene. La seconda è che la battaglia per i valori fondamentali non può trascurare il dato di una secolarizzazione che li ha resi difficilmente riconoscibili. I cristiani devono qui promuovere un lavoro educativo che non può prescindere da ciò che papa Francesco afferma nella Evangelii gaudium,  da ciò che «primerea», che viene prima: l’incontro con l’avvenimento cristiano. Il mondo odierno non sa più nulla di Cristo. Per questo solo una testimonianza cristiana, umanamente autentica, può introdurre gli uomini alla riscoperta di valori che, senza la grazia, appaiono oggi come mete inarrivabili, punti di fuga da una vita che deve ripudiare, in ogni modo, il dolore e l’idea della morte.  

Su questo la Chiesa è chiamata a giocarsi in prima persona, sul terreno di una “incontrabilità” della presenza cristiana rivolta a tutti, al di là degli steccati di destra o sinistra. La proposta cristiana, quando è confortata da testimonianze autentiche, va al di là delle storiche divisioni che segnano la Spagna del ‘900. Ai laici cristiani impegnati nella sfera pubblica, e non alla Chiesa in quanto tale, spetterà poi la declinazione dei valori di umanità, maturati nell’esperienza comunitaria della fede, nella scena politica.