Un giorno, altrove di Federico Roncoroni (Mondadori, 391 pp., 20 euro) vuole rinverdire l’augusta tradizione del romanzo epistolare: così, adeguando all’attualità il mezzo di comunicazione fra i protagonisti, l’autore immagina il dipanarsi dell’ultimo atto fra due intellettuali che si sono molto amati: le e-mail di Filippo, protagonista, voce narrante e filtro del racconto, a Isabella, la donna un tempo adorata, ma misteriosamente uscita di scena, sparita, volatilizzata, quando l’uomo era malato di linfoma. Dopo oltre sette anni di assenza, però, Isabella, ex modella di gran successo (“manichina”, la chiama Filippo, con lessico familiare volutamente rétro), convertita alla letteratura e diventata una fine anglista e traduttrice, riallaccia i contatti con l’uomo, che, una volta guarito, si è ritirato a vivere sul lago di Como continuando la sua carriera di traduttore, scrittore e redattore, in una sorta di dorato, aristocratico, quasi filosofico isolamento.



Roncoroni, traduttore finissimo, esperto di letteratura latina, autore di vari testi sulla lingua italiana e su autori dell’Otto e Novecento, qui alla sua prima prova come romanziere, ci propone però solo le lettere di Filippo a Isabella e non le risposte della donna; è pertanto soltanto attraverso le parole di Filippo che ricostruiamo le fasi del rapporto che lo ha legato alla giovane, i loro vagabondaggi intellettuali e i loro viaggi in Europa e negli Stati Uniti, sino all’esplodere della malattia, quando, una volta ripresentatasi al capezzale dell’uomo la moglie separata, Teresa, Isabella si era allontanata. Così, solo attraverso la voce di Filippo, mentre racconta, rievoca, ricorda, spiega, giustifica, noi cogliamo e ricostruiamo le varie fasi del rapporto che lo aveva legato a Isabella, come altri particolari legati alla sua vita di stella delle passerelle, legata a personaggi (come la Leni più volte evocata) equivoci e calati nel sottobosco dell’ambiente della moda, l’ostilità della madre di Isabella per Filippo, la presenza di amici colti e bizzarri come Fabrizio, e così via. Però, dalle e-mail della voce narrante, cogliamo anche, attraverso una serie di indizi sempre più perspicui e attraverso i commenti dell’uomo (il quale lamenta che le lettere della donna siano sempre più secche, più brevi, meno dettagliate delle sue) il fatto che Isa custodisce un segreto, che vuole venga rivelato a Filippo soltanto a tempo debito.



Frutto di una sicura esperienza nelle dinamiche della letteratura e della narrativa, il romanzo rivela la profondissima cultura e sensibilità letteraria dell’autore, che rinverdisce, per esempio, oltre al genere del romanzo epistolare, anche il tema della malattia d’amore (pp. 28-29), istituendo il paragone fra il male fisico (che è rappresentato dallo spettro dei nostri tempi, il tumore) e la sofferenza interiore causata dalla lontananza dell’oggetto amato. Ma è anche, Un giorno, altrove, un libro in cui si alternano parti profondamente disuguali.

Infatti, a lunghe sezioni, che, personalmente, avrei preferito scorciate, meno insistite e più allusive, in cui — richiestone da Isabella (e scopriremo poi perché) — Filippo si dedica a ricordare la loro vita intima e quel che ne è restato dopo la malattia e l’abbandono, si alternano brani indicativi di una fortissima sensibilità al bello, letterario e naturale, come il seguente: “È allora che ho capito che dentro ciascuno di noi, dentro tutti gli uomini e dentro tutte le donne, esiste un immenso spazio di sensibilità ignoto a noi stessi: ce lo portiamo dentro tutti, ma riusciamo a raggiungerlo, a esplorarlo e a farlo nostro solo grazie all’aiuto delle persone che amiamo e che ci amano. Questo vuole dire amarsi come ci siamo amati: aiutarci a portare alla luce i tesori segreti l’uno dell’altra e metterli in comune, a disposizione dell’uno e dell’altra” (p. 343).



E tuttavia, malgrado questa alternanza di toni, fra una sfumatura lirica, accesa, delicata, e una che non rifugge da una terminologia colloquiale quando non a volte fin troppo libera, il lettore resta calamitato dalla delicatezza delle digressioni descrittive, dalla sensibilità con cui Roncoroni sa soffermarsi sui minimi particolari dell’ambiente che circonda il protagonista, sia che si tratti di soffermarsi sulla visione di un giardino sferzato dalla pioggia primaverile, che sulla descrizione di un gattino abbandonato. Ma, soprattutto, benché intuisca via via il mistero su cui si regge il racconto, il lettore resta avvinto a queste pagine, per scoprire con certezza quale sia il motivo che tiene Isabella lontana da Filippo. E se dopo l’iniziale, felice, stupore per la ricomparsa — è il caso di dire così — di tra le nebbie del web di Isabella, l’autore fa lamentare al maturo innamorato che la donna si prenda tempi fin troppo lunghi per chiudere “un’importante questione personale” che la tocca molto molto da vicino, il lettore comincia a formarsi un’idea ben precisa, sino al finale, invero ben preparato da Roncoroni, in cui si rivela come, quando e in quale veste Isabella arriverà, come da lei promesso, nella villa sul lago dove è tanto attesa.