“Punto, Linea e superficie” è un trattato ispirato alla forma, basato sui corsi che Wassily Kandinsky teneva dal 1922 al Bauhaus. Egli scriveva: «la possibilità di entrare nell’opera, diventare attivi in essa e vivere il suo pulsare con tutti i sensi». Ed è proprio quello che vuole fare lasciando agli altri ciò che lui aveva sperimentato con l’arte. Ogni forma diventa un essere vivente. Kandinsky dichiarava di voler fondare una scienza dell’arte. Questa sua opera ebbe un’influenza determinante in diversi settori, soprattutto in grafica. Secondo l’artista il punto è il primo nucleo di una composizione, nasce appunto quando il pittore tocca la tela. La linea è invece la traccia lasciata dal movimento del punto ed è per questo che al contrario del punto, che è statico, è dinamica. La linea può essere orizzontale, verticale e diagonale. E ancora: può essere spezzata, curva, mista. Da qui i suoni possono essere mescolati fra loro, in quanto più una linea è varia, più cambiano le tensioni spirituali suscitate. Queste possono essere drammatiche se la linea è spezzata, liriche se è curva. Varia anche lo spessore: può essere sottile, marcata, spessa e variabile. La superficie rappresenta il supporto materiale che contiene l’opera. Di conseguenza – visto che di solito si tratta di una tela – l’opera è delimitata da due linee orizzontali e due verticali oppure se la tela ha un formato elittico da una linea curva.
Oggi, 16 dicembre, si celebrano i 148 anni dalla nascita di Wassily Kandinsky, pittore russo naturalizzato francese, esponente di spicco della pittura astratta e autore de “Lo Spirituale nell’Arte”. “Kandinsky colpisce così, quando uno meno se l’aspetta, per quello che è: uno dei pittori più tragici del secolo scorso, anche se per le moltitudini il suo astrattismo, tanto esuberante prima, algido e lirico poi, passa per una questione di triangoli e cerchi senza conflitti”, ha scritto Carla Vites in un articolo per ilsussidiario.net. Nel dipinto Giallo-Rosso-Blu ciò che attira l’attenzione è quel sole grigio, in alto a sinistra: “C’è quindi un qualcosa di tragico nell’esplosione di colore, appunto giallo rosso e blu, che l’opera dall’occhio grigio comunica… Tra i molti centri prospettici dichiarati che il quadro esibisce, quello è senz’altro il centro occulto di tutto”, continua Carla Vites. Per Kandinsky, che in “Lo Spirituale nell’arte” ha identificato un significato semantico e psicologico per ogni colore, “il grigio è l’immobilità senza speranza”. Per Carla Vites infatti nell’esplosione di forme e colori che contraddistingue l’opera di Kandinsky “si annida lo scacco del secolo dall’ottimismo facile, il secolo del “Dio è morto” che fu l’Ottocento”.
Tanti gli aforismi di Vassily Kandinsky. Tra questi, ricordiamo quello sul colore: “Il colore è un mezzo di esercitare sull’anima un’influenza diretta. Il colore è un tasto, l’occhio il martelletto che lo colpisce, l’anima lo strumento dalle mille corde”. E ancora sull’arte: “L’arte oltrepassa i limiti nei quali il tempo vorrebbe comprimerla, e indica il contenuto del futuro”. Un altro sul punto geometrico: “Il punto geometrico è un ente invisibile. Esso dev’essere definito anche un ente immateriale. Dal punto di vista materiale il punto equivale allo zero. In questo zero sono però nascoste varie proprietà “umane”. Ai nostri occhi questo punto zero – il punto geometrico – è associato alla massima concisione, al massimo riserbo, che però parla. Così il punto geometrico diviene l’unione suprema di silenzio e parole”. E sulla linea geometrica: “La linea geometrica è un ente invisibile. Essa è la traccia lasciata dal punto in movimento, quindi un suo prodotto. Essa è sorta dal movimento – e precisamente attraverso l’annientamento della quiete suprema in sé conchiusa nel punto. Qui ha luogo il salto dalla staticità al dinamismo. La linea costituisce dunque la massima opposizione all’elemento pittorico primigenio – il punto. In senso stretto la linea può essere designata come un elemento secondario”. E per concludere un altro aforisma sul colore: “Mi sembrava che l’anima viva dei colori emettesse un richiamo musicale, quando l’inflessibile volontà del pennello strappava loro una parte di vita”.
Una parte dell’opera di Vassily Kandinsky è costituita dalle opere teatrali: forma, suono, colore, luce e movimento. I primi suoi studi furono Paradiesgarten e Daphnis und Chloe, del 1908-1909. Del periodo tra il 1909-1914 sono i testi di “composizioni sceniche”: Suono giallo, Suono verde, Bianco e Nero, Viola. Suono giallo venne pubblicato, ma nessuna di queste opere venne realizzata dall’artista, nonostante i vari tentativi. Sono testi visionari, nei quali i personaggi si muovono in maniera astratta. Tra le sue opere, l’unica che Kandinsky ebbe la possibilità di mettere in scena c’è “Quadri da un’esposizione”, dal poema musicale di Modest Musorgsky, che fu presentata nel 1928, al Friedrich Theater di Dessau. Si tratta di uno spettacolo realizzato con forme, colori e luci. Suono giallo fu messa in scena da Jacques Polieri nel 1975 (musica di Alfred Schnittke, coreografia di Maximilien Ducroux) e ancora da Ian Strasfogel nel 1982 (scenografie di Robert Israel, luci di Richard Riddel, coreografia di Hellmut Fricke-Gottschield); dalla compagnia Solari-Vanzi nel 1985 (scene di Beatrice Scarpato, luci di Stefano Pirandello); da Fabrizio Crisafulli nel 2002 con la musica di Giancarlo Schiaffini, la coreografia di Diego Watzke e un’opera video di Marco Amorini.
Nel giorno in cui viene ricordato Wassily Kandinsky è impossibile non citare Franz Marc, uno dei pittori più rappresentativi del XX secolo, rappresentante dell’espressionismo tedesco. Nacque a Monaco di Baviera, l’8 febbraio 1880 e morì a Verdun, il 4 marzo 1916. Per un breve periodo meditò l’idea di diventare pastore. Nel 1899 iniziò gli studi presso la facoltà di Filosofia all’Università Ludwig Maximilian di Monaco. Poi nel 1900 si iscrisse all’Accademia delle belle arti di Monaco e decise di dedicarsi alla pittura e allo sport. Presso la Kunsthandlung Brakl di Monaco entrò in contatto con i membri della Neue Künstlervereinigung München, visitando appunto la loro mostra. Entrò nel gruppo e conobbe così proprio Kandinsky, tra gli altri. Quando però alla terza mostra la giuria rifiutò l’opera di Kandinsky “Composizione V”, Marc e Kandinsky abbandonarono la NKM e fondarono insieme nel 1911 Der Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro), un gruppo artistico che pubblicava annualmente l’omonimo almanacco. Della pubblicazione uscì un solo numero nel 1912. Prese parte alla mostra del gruppo che si svolse a Monaco il 18 dicembre 1911. Poi, a Londra, nello stesso anno, sposò la pittrice Maria Franck. In seguito partecipò a tutte le mostre del gruppo. Nel 1914, quando scoppiò la prima guerra mondiale, l’artista si arruolò come volontario. Non smise al fronte di dipingere e realizzò schizzi e aforismi, che vennero raccolti nel volume “Briefe aus dem Felde e Aufzeichnungen und Aphorismen”. Appena promosso tenente, nel 1916, morì cadendo in combattimento a Verdum.
Wassily Kandinsky, nato proprio oggi, il 16 dicembre del 1866, è una delle figure più interessanti della pittura moderna. Creator della pittura astratta, Wassily Kandinsky è un uomo dalla vita del tutto anticonvenzionale che ha cercato di scavare dentro di sè con la sola forza dell’intelletto. Contraddittorio, a suo modo, per lui l’opera è sia una composizione assolutamente fredda e materiale, che come tale ha quasi una funzione strumentale sull’anima di chi la vede, che una creatura viva, ad un tempo frutto creativo ed essenza generativa della coscienza dell’artista. Attraverso i chiaroscuri, secchi esasperati della primissima fase della sua arte pittorica, e attraverso la sistole e la diastole del blu e del rosso (“Il rosso è un colore caldo e tende a espandersi; l’azzurro è freddo e tende a contrarsi”) Wassily Kandinsky ha verificato il teorema della sua poetica (e della sua esistenza) nei modi più taglienti che la ragione potesse suggerire, rimanendo quasi spaventato dalla semplicità della vita, che riusciva ad astrarre, ma non a minimalizzare per coglierne l’essenza a livello esperienziale. Wassily Kandinsky, dicevamo, è stato uno dei massimi rappresentanti dell’astrattismo, ma questo non è solo una concezione tecnico-pittorica, ma un tentativo di ricerca e di cura spirituale: “Non viviamo oggi” si afferma, “in un’epoca in cui l’arte sia al servizio della vita. In altre epoche l’arte è il fenomeno che fa lievitare il mondo: tali epoche sono oggi lontane. Finchè non siano tornate, l’artista deve tenersi lontano dalla vita corrente”. In questo giudizio si esprime cioè la concezione di un’arte come “assenza”. Eppure, paradossalmente, anche in questa ricerca delle linee astratte in cui l’uomo sembra farsi da parte per lasciare spazio alla geometria, al concetto, all’astrazione, l’uomo è – e rimane – è presente con tutto il suo carico di sentimenti: dolore, felicità, disperazione, speranza, dubbi e certezze, prostrazioni e insorgenze. In questo senso, al pensiero di Wassily Kandinsky si potrebbe rispondere con una dichiarazione di Giacometti: “Io faccio certamente della pittura e della scultura… per mordere nella realtà, per difendermi, per nutrirmi, per crescere; crescere per meglio difendermi, per meglio attaccare, per afferrare, per andare avanti il più possibile su tutti i piani e in tutte le direzioni; per difendermi contro la fame, contro il freddo, contro la morte…”.