Alle prese con la raffigurazione della nascita di Gesù, gli scultori in legno del Rinascimento lombardo hanno raggiunto risultati davvero sorprendenti. C’è chi ha declinato la vicenda in chiave intimistica, chi ha puntato su una dimensione teatrale, chi si è concesso qualche piccola variazione sul tema; tutti, però, hanno dimostrato di saper affrontare con una certa abilità questo soggetto iconografico, che, pur essendo assai frequente nell’arte cristiana, è senza dubbio uno dei più complessi a livello compositivo.



Per provare a dare un’occhiata alle loro prove più significative possiamo partire dalla Natività di Baldino da Surso custodita nella basilica di San Michele Maggiore a Pavia. Frammento di un’ancona commissionata allo scultore nel 1473, questo rilievo tradisce una forte inflessione tardogotica, per certi versi affine all’arte pittorica di Michelino da Besozzo, e affronta il tema iconografico con un sapore quasi fiabesco. Punta molto sui particolari e su una originalissima, per non dire stravagante, raffigurazione dell’architettura della capanna. Il gusto per il dettaglio, per l’aneddoto, non riesce comunque a rubare la scena al delicatissimo volto della Vergine, che, collocato significativamente al centro dell’opera, si presenta agli occhi del fedele come un invito all’adorazione di Gesù Bambino.



Di poco più giovane, ma ancora legata al clima tardogotico, è la Natività realizzata da Bongiovanni Lupi per l’oratorio del Paladino a Rivolta d’Adda, nel cremonese. Databile al 1480 grazie all’iscrizione presente sul bordo inferiore, questa splendida ancona stupisce sia per la ricchezza del rivestimento pittorico, dominato da un’ampia profusione di ori, sia per la qualità dell’intaglio. Nello stile ricorda i modi di Baldino da Surso e forse ancora di più quelli del pittore Cristoforo Moretti. Il suo autore è indubbiamente un ritardatario, propone un modo di scolpire poco aggiornato sull’arte lombarda dell’ultimo quarto del ‘400, ma le raffinatezze tardogotiche dell’intera composizione, così come la piacevole apertura paesaggistica, mettono decisamente in secondo piano questo particolare da addetti ai lavori.



Assai più sensibile agli umori del Rinascimento si rivela il famoso Presepe del Maestro di Trognano, oggi in deposito presso il Museo delle Arti Decorative del Castello Sforzesco. In questo rilievo, databile all’ultimo decennio del ‘400, lo spazio è organizzato con sapiente regia: la Sacra Famiglia si fonde con il gruppo dei pastori e con quello degli angeli, regalandoci uno splendido conversare di sguardi e gesti, e l’architettura che racchiude il tutto appare in piena sintonia con i canoni artistici del tempo. Di altissima qualità è anche la resa fisionomica: dall’espressione di Giuseppe al devoto accostarsi dei pastori, fino alla dolcezza della levatrice, l’autore dimostra elevate capacità descrittive.

Se le molte (e non sempre indimenticabili) Natività scolpite dai fratelli De Donati allo scadere del ‘400 tendono a rifarsi al modello del Maestro di Trognano, più originali risultano quelle di Giovan Angelo Del Maino, e in particolare il poco noto, ma bellissimo, Presepe oggi conservato nella basilica di San Martino a Treviglio, in provincia di Bergamo.

Risalente al primo decennio del ‘500, quest’opera si divide tra un’apertura paesaggistica di chiara ascendenza tardogotica e un gruppo di figure del tutto rinascimentale. Impreziosita da un raffinato rivestimento pittorico, che ricorre abbondantemente alla decorazione a lacche graffite sull’oro, colpisce soprattutto per la forte carica narrativa: Gesù Bambino che agita le gambe, Maria raccolta in preghiera con le mani strette sul petto, Giuseppe che sta per commuoversi, il pastore adulto pieno di curiosità, il pastorello gozzuto che sorride…

Restando sempre all’interno del catalogo di Giovan Angelo Del Maino, ma uscendo dai confini italiani, vale la pena di ricordare anche la predella d’altare oggi al Victoria and Albert Museum di Londra. Si tratta di un’opera piuttosto anomala nel contesto lombardo del primo Cinquecento: al pari della Crocifissione a cui si accompagna, infatti, è stata lasciata priva di policromia e doratura dall’autore e presenta non pochi riferimenti, sia sul fronte dell’iconografia che su quello della tecnica, alla scultura tedesca. L’intaglio è un susseguirsi di eleganti virtuosismi e, nella levigatezza delle superfici, sembra quasi voler imitare le fusioni in bronzo.

Nel concludere il nostro rapidissimo viaggio tra le più interessanti natività della scultura lignea del Rinascimento lombardo dobbiamo assolutamente spendere qualche parola sull’Adorazione dei magi custodita nel santuario di Santa Maria del Monte a Varese. Questo gruppo di statue di Andrea da Saronno – l’attribuzione spetta a Raffaele Casciaro (a chi desidera approfondire la conoscenza dei maestri del legno attivi in Lombardia nel ‘400 e nel ‘500 è consigliata la lettura del suo principale contributo: La scultura lignea lombarda del Rinascimento, Milano, Skira, 2000) – sovrappone all’iconografia del presepe il tema della Madonna in trono. Classicheggiante nelle figure centrali, si concede qualche nota di naturalismo negli altri personaggi, senza però mai cadere in compiacimenti descrittivi. Una grande padronanza dei mezzi scultorei si ravvisa in ogni elemento, dall’elegante bellezza dei panneggi fino all’attenzione per le capigliature. Ma anche in questa natività, come in quelle ricordate in precedenza, il vero motore espressivo va rintracciato nel cuore dell’iconografia; e, in particolare, nell’immagine di Dio che sceglie i panni umili e inermi di un bambino per cambiare la storia del mondo e offrire un’ancora di salvezza alla storia di ogni uomo.