Anna Freud è conosciuta anche per gli scontri avuti nel corso della sua vita con Melanie Klein, psicoanalista austriaca-britannica famosa per i suoi lavori nel campo della psicoanalisi infantile. Negli anni Venti si dedicò infatti a un campo inesplorato della psicoanalisi: la psicoterapia dei bambini. Prima delle sue iniziative, i bambini erano trattati con gli stessi strumenti terapeutici degli adulti. Lei si accorse che i bambini avevano bisogno di tecniche diverse, in quanto ancora non avevano sviluppato l’abilità linguistica. Da qui introdusse la “tecnica del gioco”, ciò rese possibile l’analisi di bambini di 2 o 3 anni di età. Secondo Klein, il gioco è la via regia all’inconscio del bambino. Nacque un conflitto teorico con Anna Freud. Il disaccordo era dovuto alla concezione-utilizzo del gioco che secondo Anna Freud è un’attività naturale dell’infanzia e quindi non sempre può essere interpretato come materiale simbolico. Ma la Klein ribattè sostenendo che non si può interpretare simbolicamente il gioco se non si verificano precise condizioni, quali: ripetitività dei contenuti, presenza di intensi stati affettivi di angoscia e colpa, manifestazioni di tendenze reattive. In più secondo Anna Freud, i bambini non potevano essere trattati analiticamente come gli adulti perché non erano ritenuti in grado di mettere in atto il transfer. Mentre la Klein sosteneva il contrario, anzi che il bambino era in grado sin da subito di mettere in atto il transfer. (Serena Marotta)
Anna Freud e Dorothy Tiffany Burlingham si conobbero a Vienna, dove Dorothy portò i suoi figli che soffrivano di problemi psicologici. Tanti sostengono oggi che Anna Freud era omosessuale e che anche il ben più noto padre Sigmund ne fosse a conoscenza: proprio lui scrisse che l’omosessualità “certo non è un vantaggio, ma non è nulla di vergognoso e non può essere classificata come una malattia”. Anna e Dorothy erano inseparabili e trascorsero insieme più di mezzo secolo, tanto che oggi le loro ceneri sono conservate nella cappella della famiglia Freud al Golders Green Crematorium, in due urne identiche. Eppure le voci che circolavano all’epoca sulla loro omosessualità preoccupavano la psicoanalista austriaca che, a riguardo, aveva sempre avuto una posizione molto rigida: affermò ad esempio che non sarebbe stato opportuno far accedere persone con “anormalità sessuali” alla professione di psicoanalista e chiese anche a una giornalista di non diffondere una lettera in cui il padre si mostrava “tollerante” su questo argomento. Proprio Sigmund Freud, negli anni della prima analisi della figlia, tra il 1918 e il 1919, scrisse “Alcuni meccanismi nevrotici nella gelosia, paranoia ed omosessualità” e “Psicogenesi di un caso di omosessualità femminile”.
In una breve intervista insieme alla dottoressa Ruth, Sigmund Freud parla dei rapporti che c’erano all’interno della famiglia, specialmente quello tra la figlia Anna e la madre. Non è mai stato un rapporto affettuoso o di vicinanza spiega Freud, anche se il perché non sarebbe esattamente in grado di spiegarlo e probabilmente nessun membro della famiglia saprebbe spiegarlo con certezza. Il grande scienziato, però, propone un’ipotesi che possa sostenere quanto ha dichiarato, e cioè il fatto che Anna avesse un’anima particolarmente fragile e polemica, così come competitiva ma anche decisamente insicura. Non riusciva mai a soddisfare sé stessa e non era in grado di ottenere qualche soddisfazione dal rapporto – sempre difficile – che aveva con la madre proprio a causa delle sue caratteristiche. Sigmund Freud va avanti spiegando anche il rapporto che Anna ha avuto con lui e portando tutti a conoscere le ragioni per cui non si è mai sposata: “lei stessa me l’ha detto”, afferma Freud, “l’amore che provava per me era tutto quello che desiderava”. Quando la dottoressa Ruth gli chiede se avesse mai avuto delle relazioni lesbiche, Freud afferma che probabilmente le ha avute, anche se non lo può dire con precisione. Qui di seguito il video della chiacchierata tra Ruth e Sigmund Freud a proposito di Anna.
Anna Freud fu caposcuola della cosiddetta “Psicologia dell’Io”, ma di cosa si tratta? L’Io è governato dal principio di realtà, che si trova tra l’Es e il Superio. L’Io è la parte più superficiale dell’apparato psichico. L’Io possiede processi funzionali liberi da conflitti. Quindi il trattamento psicoanalitico è basato e punta a rinforzare la sfera dell’Io libera da conflitti, favorendo un adattamento all’ambiente reale. Anna Freud, figlia di Sigmund, focalizza la sua attenzione sull’Io e sulle misure difensive poste in essere per contrastare idee o affetti dolorosi o insopportabili. L’Io adotta delle strategie per proteggersi dall’angoscia, dal dolore e da pericoli interni ed esterni, che sono in ognuno di noi ma che diventano patologiche. Mentre il padre, Sigmund Freud, si occupò principalmente della rimozione, Anna Freud si occupò oltre che dei nove meccanismi descritti da Freud, di questi meccanismi di difesa: Rimozione, Regressione, Formazione reattiva, Isolamento, Annullamento retroattivo, Introiezione, Proiezione, Identificazione, Rivolgimento contro se stessi, Trasformazione nel contrario. Questi meccanismi sono utilizzati dall’Io per difendersi nel suo conflitto contro le rappresentazioni degli istinti e degli affetti. I meccanismi di difesa ideati da Anna Freud sono: l’Identificazione con l’aggressore, l’Altruismo, l’Ascetismo e l’Intellettualizzazione. (Serena Marotta)
Profonda conoscitrice della mente umana, Anna Freud amava dire che “si è sempre constatato che una mente creativa sopravvive a qualunque tipo di educazione” aggiungendo “anche a una cattiva educazione”. Con questo intendeva dire che una mente libera e dunque creativa è sempre in grado di sfuggire le regole malvagie che vengono imposte da certo tipo di educazione. E a sottolineare l’importanza della psiche e dunque dell’animo umano diceva anche: “ho sempre cercato fuori di me forza e fiducia ma esse vengono dall’interno, sono lì sempre”. Consapevole della difficoltà e a volte impossibilità di risolvere il dolore dell’animo umano, diceva che “tre cose sono impossibili: insegnare, guarire e governare”. E anche: “tutto diventa così problematico a causa di alcuni difetti di base: un generale malcontento con me stessa”. Ma Anna Freud era anche una persona amante della semplicità e della gratuità della vita: “a volte la cosa più bella è proprio quella che arriva inaspettatamente e immeritata quindi qualcosa di veramente regalato”.
Sulle orme del padre, anche Anna si dedicò allo studio della mente umana. In modo leggero e piacevole Google sottolinea proprio questo aspetto. Quello che si vede disegnato è infatti un volto di profilo: sembrerebbe quello di un bambino perché infatti la psicanalista si dedicò in particolar modo all’infanzia. Un cerchio è disegnato dentro alla testa, più o meno a significare il cervello, da cui fuoriescono tante figure geometriche colorate che significano i pensieri della mente umana e che quindi vanno a formare il logo stesso di Google.
Chi è Anna Freud? Anna Freud (nata il 3 dicembre 1895 a Vienna e morta a Londra il 9 ottobre 1982), figlia di un padre ingombrante, Sigmund Freud, padre della psicanalisi, fu a sua volta una psicanalista e divenne molto famosa in Europa e oltreoceano per le sue teorie sulla psicologia infantile. Un personaggio molto particolare, una donna complessa, Anna Freud è stata descritta in molti modi, certamente uno dei più graffianti lo troviamo in “Anna Freud: la ‘vestale’ della psicoanalisi”, di Nerina Milletti. “Annina (Anna Freud), che viene descritta bruttina, alta 1,60, con le spalle curve, senza pretese, vestita di grigio e con brutte scarpe basse, «consapevole di non essere sufficientemente femminile o attraente come donna», riteneva di essere stata trascurata dai genitori perchè le era stato dato un nome insignificante e banale, era stata allattata artificialmente, la lasciavano a casa durante le ferie, le si preferivano le sorelle. Si definisce dumm (balorda), ma poichè i suoi vogliono che sia diligente, lo diventa”. Un biglietto da visita che dà la misura di un personaggio particolare, che – forse – nella vita cercò istintivamente, ancora prima che razionalmente, di indagare quella psicologia infantile che l’ha sempre affascinata. E non era diventata un oggetto di studio in senso classico, perchè Anna Freud non si laureò mai, a dispetto di un numero ragguardevole di lauree honoris causa che le università le tributarono, certo non solo per il fatto di essere figlia di Sigmund Freud. Anna Freud, però, non partì da un interesse astratto o accademico per i bambini, ma da una esigenza reale. Nel 1941, infatti, per rispondere al bisogno dei figli con problemi e abbandonati in tempo di guerra, Anna Freud istituì un rifugio per 100 bambini rimasti senza tetto a causa dei bombardamenti. Bambini che non potevano essere affidati a una famiglia o che avevano sviluppato avversione per i genitori affidatari. Anna Freud mise in pratica con questi bambini le sue teorie, spesso di rottura, nella gestione di questo “ricovero”, prima di tutto coinvolgendo in modo diretto e molto importante le figure genitoriali e cercando di destinare alla cura dei piccoli sempre le stesse persone, formando una sorta di “gruppi familiari”. Questa passione per i piccoli come persone, Anna Freud cercò anche di comunicarla in sede di insegnamento. Quando istituì un corso di terapia clinica, ebbe in mente quattro principi. I primo luogo, voleva che le terapie fossero accessibili a tutti, anche e soprattutto agli indigenti, in secondo luogo pretese che i bambini fossero soggetti primari e non “aggiunti” nelle terapie di coppia, il terzo principio ispiratore era legato alla costante ricerca giurisprudenziale perchè il sistema normativo si adattasse alle esigenze dei bambini, ma l’ultimo e più importante principio fu uno solo: per Anna Freud non bisognava mai smettere di osservare. Osservare, guardare, cercare di ricevere ogni segnale per conoscere chi si aveva davanti.
Anna Freud, Dorothy Burlingham, Bambini senza famiglia, Roma, 1972, Astrolabio – Anna Freud, Thesi Bergmann, Bambini malati, Torino, 1974, Bollati Boringhieri – Anna Freud, Opere. Vol. 1: 1922-1943, Torino, 1985, Bollati Boringhieri – Anna Freud, Opere. Vol. 2: 1945-1964, Torino, 1985, Bollati Boringhieri – Anna Freud, Opere. Vol. 3: 1965-1975, Torino, 1985, Bollati Boringhieri – Anna Freud, Conferenze per insegnanti e genitori, Torino, 1986, Bollati Boringhieri – Anna Freud, L’aiuto al bambino malato, Torino, 1987, Bollati Boringhieri – Anna Freud, Lezioni a Harvard. Il bambino, il suo ambiente, il suo sviluppo psichico, Milano, 1991, Raffaello Cortina – Anna Freud, Normalità e patologia del bambino. Valutazione dello sviluppo, Torino, 2003, Feltrinelli – Anna Freud, Psicanalisi per educatori, Roma, 2006, Armando Editore – Anna Freud, Infanzia e adolescenza, Torino, 2012, Bollati Boringhieri – Anna Freud, L’osservazione del bambino, Torino, 2012, Bollati Boringhieri – Anna Freud, La formazione psicoanalitica, Torino, 2012, Bollati Boringhieri – Anna Freud, Psicoanalisi ed educazione, Torino, 2012, Bollati Boringhieri – Anna Freud, L’analisi infantile, Torino, 2012, Bollati Boringhieri – Anna Freud, L’io e i meccanismi di difesa, Milano, 2012, Giunti Editore