È sempre giovane Henri Matisse. Pochi grande artisti del 900 infatti sanno dialogare con il tempo che viviamo come lui. A breve aprirà alla Tate di Londra una mostra affascinante che raccoglie tutta la sua ultima produzione, quella realizzata con la tecnica dei “papiers collés”, fogli di carta dipinti e poi ritagliati con le forbici. Nel frattempo a Ferrara è aperta una bella mostra dedicata alla sua produzione sulla figura umana. E Jaca Book ha mandato in libreria un volume che “svela” grazie ad una magnifica campagna fotografica tutti i segreti della Cappella di Vence. Partendo da questo libro, a Casa Testori, a Novate Milanese, sabato prossimo si terrà un workshop, aperto a insegnanti di storia dell’arte, giovani artisti e appassionati, per indagare proprio su quest’ultima straordinaria stagione di Matisse (qui tutte le informazioni).
Perché dunque questo interesse non scontato verso il grande artista francese? Perché Matisse è uno che ha spalancato tantissime strade a chi è venuto dopo di lui. Matisse è un genio “aperto” che non a caso, nell’ultima fase della sua vita, aveva usato tutta la sua libertà per lanciarsi in esperienze che il “sistema” faceva spesso fatica a digerire. Basti pensare alla reazione stizzita di tanti, a partire da Picasso, di fronte alla decisione di buttarsi a capofitto nell’avventura della cappella di Vence. Matisse è anche un genio che ha la “grazia” di essere sempre semplice, e di esserlo in maggior misura una volta entrato nella sua lunga vecchiaia, acciaccato, limitato nei movimenti, costretto a lavorare da seduto, spesso con la grafite legata ad un lungo bastone, per disegnare le grande composizioni.
La stessa scelta di lavorare ai “papiers collés” fu dettata da questi vincoli. Stando seduto maneggiava le forbici con una maestria e un senso del ritmo, che gli permetteva di arrivare a comporre forme di una bellezza lineare, come è il caso del celebre Icaro. Più che mettere il colore sulla tela, Matisse, tagliando i fogli, entrava nel corpo del colore che lui stesso aveva steso, tagliandolo e rendendolo funzionale ad esprimere con più chiarezza le forme. La sua mano vecchia, sorprendentemente, è una mano ferma, non tanto perché sia forte ma perché è mano che ogni volta sembra lasciarsi guidare. Per questo Matisse è davvero un genio “libero”.
In occasione del workshop verrà proiettato un documentario che racconta la vicenda della modella, che poi scelse di diventare suora, e che è all’origine della cappella di Vence. Il vecchio Matisse si era quasi invaghito di quella ragazza intelligente e dolcissima, arrivata da lui come infermiera, che poi aveva accettato di posare e che un giorno improvvisamente gli aveva comunicato la sua vocazione. La reazione del pittore all’inizio fu dura, quasi stizzita.
Non capiva e non accettava quella scelta che lo privava di un rapporto per lui così rassicurante. Poi, quando qualche anno dopo le loro strade si incrociarono di nuovo, Matisse con una docilità imprevedibile si mise sostanzialmente al servizio di quella che nel frattempo era diventata suor Jacques-Marie, e si offrì di curare sin nei minimi dettagli la cappella per il convento di Vence.
Le ragioni di questa svolta sono dette da Matisse stesso in una delle prime lettere dopo la ripresa del loro rapporto: “Io sono stato guidato (molto modestamente) − e l’ho constatato solamente in questi ultimi anni guardando a ritroso il mio cammino − a considerarmi come destinato dall’Altissimo a risvegliare nello spirito degli altri uomini la visione delle cose, che conduca ad una elevazione dello spirito, fino a giungere al Creatore”. E poi concludeva la lettera con questa affermazione meravigliosa: “Ed io non faccio che (ma, in fondo, io non faccio niente, perché è Dio che conduce la mia mano) rendere evidente per gli altri l’intenerimento del mio cuore”. Matisse è davvero un mondo sempre tutto da scoprire.