Le pagine di Jacques Le Goff sono una finestra aperta su un Medioevo sottratto alla riduttiva definizione di età frapposta fra altre epoche: l’età di mezzo, quella dei “secoli bui”. E su quelle pagine si sono formate generazioni di studenti di storia medievale di tutta Europa, per quella sua capacità di sguardo al Medioevo che ha saputo farne vedere i tratti di originalità. I suoi libri rimangono ancora oggi tra i più usati nei programmi universitari, immancabili sugli scaffali di storia di ogni libreria che si rispetti.
Si attribuisce normalmente tale capacità a quell’approccio “globale” alla storia, dove l’integrazione con le altre scienze sociali (storia economica e storia sociale), si congiunge agli aspetti della vita quotidiana e a una sorta di antropologia culturale. Del resto la sua vicenda di studioso si inserisce nel rinnovamento storiografico introdotto da Marc Bloch, Lucien Febvre, Fernand Braudel – la cosiddetta scuola della rivista Annales – seppure secondo una personalissima fisionomia. Curatore del famoso volume intitolato Fare storia insieme a Pierre Nora (Faire de l’histoire, 1974), vi inserì il suo saggio su La mentalità: una storia ambigua, dove argomentava il ruolo da attribuire alla storia delle mentalità nel campo della problematica storica. Un ruolo a cui diede voce attraverso studi dedicati al tempo della chiesa e al tempo del mercante; al riso come al meraviglioso; ai rituali simbolici; alla cultura dei mercanti banchieri; alla «nascita del Purgatorio», ovvero alla rappresentazione dell’aldilà nel Medioevo.
La sua carriera iniziò come professore all’Università di Lille (dal 1954), per poi divenire direttore di ricerche presso l’École Pratique des Hautes études (dal 1962); direttore della VI sezione dello stesso nel 1972 al posto di Fernand Braudel; e poi presidente nel 1975 della riorganizzata école des Hautes études en Sciences Sociales. Intense furono naturalmente le sue relazioni con l’Italia. Sebbene la nostra penisola compaia continuamente, ed inevitabilmente, nei suoi scritti sul Medioevo, a Le Goff si devono importanti pagine nella Storia d’Italia dell’editore Einaudi: L’Italia fuori dall’Italia. L’Italia nello specchio del Medioevo (Torino 1974). E nel 2000 l’Università di Pavia gli conferì la Laurea Honoris Causa in Filosofia.
Il suo lavoro nella ricerca non fu avulso da un forte impegno nell’insegnamento e nella diffusione della conoscenza storica. In una conferenza tenuta a Firenze nel 1987 affermava la sua «convinzione che non si devono separare queste tre attività: la ricerca, l’insegnamento e la diffusione dei risultati». In quella stessa occasione, anche a fronte delle nuove spinte per una storia-problema che si faceva strada nelle scuole sulla scia della corrente storiografica cui pure egli apparteneva, non trascurava tuttavia la necessità del ritorno alla narrazione: «ci sarà sempre bisogno della narrazione, del racconto storico, soprattutto per iniziare bambini e giovani alla storia» (J. Le Goff, Ricerca e insegnamento della storia, Casale Monferrato 1988: 48-49).
Nel 2003 prese avvio sotto la sua direzione una collana congiunta di cinque editori in altrettante lingue (francese, italiano, inglese, tedesco, spagnolo) dal titolo “Fare l’Europa”, nella convinzione che «di tutti i lasciti vitali per l’Europa di oggi e di domani, quello medievale è il più importante». E nella prefazione affidava a brevi parole l’ambizione condivisa, nella quale traspare tuttavia lo spessore della vita di uno studioso che ha lasciato una traccia fondamentale nella nostra cultura: «E la nostra ambizione è di apportare elementi di risposta alle grandi domande che stanno dinanzi a coloro che fanno e faranno l’Europa, e a quanti nel mondo intero s’interessano all’Europa. “Chi siamo? Donde veniamo? Dove andiamo?”» (J. Le Goff, Il cielo sceso in terra. Le radici medievali dell’Europa, Roma Bari 2003).