Papa Giovanni XXIII, che fra pochi giorni sarà proclamato santo, non ha bisogno di epiteti o trattamenti di favore. Il suo storico segretario – e oggi cardinale – Loris Capovilla ha perfino chiesto di non chiamarlo più “il Papa Buono”. Eppure, a sentire commenti e interventi sfornati alla carlona in vista della prossima canonizzazione, può sembrare che Giovanni XXIII abbia goduto di qualche favoritismo anche nell’ultimo tratto della strada che presto lo innalzerà al culto della Chiesa universale: su dispensa di Papa Francesco, il già beato Roncalli sarà infatti iscritto tra i santi pro gratia, per grazia. Cioè senza che sia stato riconosciuto formalmente l’ulteriore miracolo richiesto per la canonizzazione. Una procedura inconsueta, che qualche denigratore di professione, stordito dalla propria supponenza, ha preteso di bollare come «percorso privilegiato» che consente a Roncalli di diventare santo «per grazia di un Papa».



A sgombrare il campo da equivoci e letture mal disposte è il recente volume di Stefania Falasca Giovanni XXIII, in una carezza la rivoluzione (Rizzoli). Nella pletora di libri, remake editoriali e pubblicazioni, il saggio di Falasca – che è vice-postulatrice della causa di canonizzazione di Giovanni Paolo I – ha il merito e l’originalità di illustrare e ricostruire in termini oggettivi come è avvenuta e cosa sta a indicare la canonizzazione pro grazia applicata a Roncalli, la prima di questo tipo riservata a un Papa. Concentrandosi su questo punto, l’autrice documenta la sua conformità alla prassi dei processi di canonizzazione in vigore. E lascia emergere anche le ragioni oggettive e storicamente rilevanti che fanno della canonizzazione di Roncalli un kairos carico di suggestioni pastorali per il momento presente vissuto dalla Chiesa.



In primis, la procedura pro gratia applicata alla causa di Roncalli – così è messo in risalto nel saggio – non configura nessuna “scorciatoia”, nè tradisce alcuna forzatura arbitraria. Nel procedere alla canonizzazione pure in assenza di un miracolo formalmante riconosciuto, Bergoglio ha accolto e fatto proprie le motivazioni presentate dalla Congregazione delle cause dei santi su richiesta dei postulatori della causa di Giovanni XXIII. Già nel giugno 2013 la postulazione generale dell’Ordine dei Frati Minori (Ofm), che rappresenta l’attore della causa in questione, aveva sottoposto al Papa eletto da poche settimane una supplica per chiedere l’approvazione di tale procedura. A giustificare la richiesta non era la carenza di segni soprannaturali attribuibili all’intercessione del beato Roncalli. Nel dossier per la canonizzazione esaminato da teologi, vescovi e cardinali della Congregazione delle cause dei santi, c’erano circa una ventina di casi ritenuti particolarmente interessanti, alcuni dei quali erano stati anche sottoposti a parere medico orientativo ai fini di un possibile processo. Se Papa Francesco non avesse anticipato i tempi con la canonizzazione pro gratia – fa notare l’autrice – «almeno uno di questi casi sarebbe stato oggetto di un’inchiesta ordinaria».



Secondo le regole in vigore, la scelta di procedere alla canonizzazione pro gratia è sempre motivata da ragioni ed elementi oggettivi che suppliscono all’istruttoria per accertare il miracolo. Nel caso di Roncalli – documenta il saggio – le motivazioni sono state accuratamente vagliate nel lavoro compiuto dagli esperti competenti del dicastero vaticano per i santi. In primis, la causa aveva già completato il percorso regolare fino alla beatificazione, durato trentacinque anni, con il riconoscimento delle virtù e l’attestazione di un miracolo. E come ulteriore, decisiva motivazione, si è tenuta presente l’eccezionale vastità del culto liturgico già tributato al beato Roncalli, concessa dalla Santa Sede già a molte diocesi che ne avevano fatto richiesta a motivo della fama di santità – accompagnata da notizie di segni e miracoli che connota nel popolo di Dio la memoria di Giovanni. Inoltre, si è tenuto nel dovuto conto la mai archiviata – e mai formalmente respinta – richiesta di canonizzazione “per acclamazione” che era stata formulata dai Padri del Concilio Vaticano II alla fine di quel grande evento ecclesiale. «Nessun candidato alla canonizzazione» si legge «oggi può vantare una simile eccezionalità: un culto liturgico già diffuso nella Chiesa universale e una richiesta di canonizzazione per acclamazione espressa in un Concilio».

Ma nel valutare le ragioni della canonizzazione, lo sguardo non si è rivolto solo al passato e alla ormai consolidata fama sanctitatis che circonda la figura di Roncalli. A contare è stato anche il discernimento operato intorno alla sua «opportunità pastorale». Cioè all’occasione propizia offerta dalla corrente, intensa stagione ecclesiale, che fa risaltare in tanti modi la pastoralità profetica della sua figura e della sua opera. Il saggio individua così le principali direttrici – vagliate nella fase istruttoria della canonizzazione pro gratia – che danno concretezza all’attualità pastorale di Giovanni XXIIII: la proposta di una Chiesa viva nella fede e amica degli uomini offerta dal Concilio Vaticano II; la sollecitudine a prendere il largo nel cammino ecumenico e nel dialogo inter-religioso; la predicazione della pace; la riscoperta gioiosa della natura missionaria della Chiesa, che esiste solo per annunciare agli uomini e alle donne di ogni tempo il Vangelo di Cristo. Lungo queste linee guida − afferma Falasca − emergono senza forzature le coordinate portanti del magistero di Bergoglio e la consonanza di sguardo tra Giovanni XXIII e Papa Francesco, messa in luce dal prezioso contributo Due pontefici, una sola voce di Ezio Bolis. L’accento pastorale inconfondibile con cui l’attuale vescovo di Roma accende stupore e gratitudine negli uomini e nelle donne di oggi, anche fuori dalla comunità ecclesiale, ha consonanze nitide con quello che accadde tra Giovanni XXIII e il mondo del suo tempo, il tempo della Guerra Fredda. «Il mondo intero» − ha detto Papa Francesco parlando di Roncalli − «aveva riconosciuto in Papa Giovanni un pastore e un padre. Pastore perché padre». 

E questo è avvenuto perché lui «si era lasciato pacificare dallo Spirito Santo», in una «obbedienza evangelica» che è «la radice della sua santità». Così la dinamica della canonizzazione pro gratia ricostruita con rigore da Falasca trova risonanze sorprendenti nella temperie ecclesiale presente, dove il popolo di Dio e gli uomini di buona volontà sembrano vibrare di rinnovata riconoscenza davanti all’attuale successore di Pietro. 

A prenderla male c’è solo qualche operatore culturale narcisista, avvezzo ad auto-promuoversi applicando anche al nome di Giovanni XXIII stereotipi ideologici ormai esausti. E che ora tradisce stizza. Forse perché Papa Francesco ha osato canonizzare Papa Roncalli senza prima chiedere il suo nihil obstat, il suo permesso.