Venuto a mancare una settimana fa, sabato 3 maggio, il Premio Nobel 1992 per l’Economia Gary Becker. In questi giorni numerosi sono stati gli obituaries a lui dedicati. Dal punto di vista del cursus honorum, quindi già noto o facilmente reperibile, mi limito a ricordare che, dopo la laurea all’Università di Princeton, Gary Becker ha sviluppato la sua tesi di dottorato all’Università di Chicago sotto la guida di Milton Friedman, uno dei grandi maestri del liberismo americano. E l’impostazione liberista è evidente in tutta l’opera di Becker.
Nella tesi di dottorato, Becker ha analizzato il problema della discriminazione, in un certo senso adottando il punto di vista di chi discrimina, non quello di chi viene discriminato. Per Becker chi opera una discriminazione deve sopportare un costo, infatti limita le sue possibilità di scelta. Una squadra di calcio che non volesse assumere giocatori stranieri, o un impresa che non volesse assumere immigrati, si vincola a scegliere tra una rosa di candidati più ristretta, e deve probabilmente pagare un po’ di più chi assume. La discriminazione è quindi giudicata negativamente, e il lavoro di Becker suggerisce che possa essere eliminata “per via economica”, aumentandone il costo. Si noti quanto costi, ricavi ed efficienza economica siano importanti in questo approccio e in questo tipo di analisi.
Un secondo filone di ricerca è quello connesso all’economia della famiglia. Becker immagina ciascuna unità familiare come una sorta di “fabbrica” in cui si producono una serie di beni, dai pasti alla salute, dall’autostima personale all’organizzazione del tempo libero. In quest’ottica anche i figli e la loro educazione sono considerati alla stregua di prodotti. In effetti, tutte le principali scelte connesse con l’esistenza di una famiglia, da quella matrimoniale, a quella del numero dei figli, dalle decisioni relative ai lasciti ereditari a quelle che implicano lo scioglimento della famiglia stessa, con il divorzio, sono analizzate dal punto di vista economico. Becker ipotizza che la famiglia, e le persone che la compongono, abbiano obiettivi (stabili nel tempo), che devono essere raggiunti utilizzando al meglio le risorse disponibili, siano queste rappresentate dal tempo o dal reddito. Il lavoro di Becker tende a sottrarre spazio all’analisi svolta da storici, antropologi, psicologi o sociologi, annettendolo tale spazio a quello già occupato dagli economisti (così spesso accusati di imperialismo). Di questo aspetto si trova chiara eco nella motivazione del Nobel, che gli viene assegnato appunto anche per «aver esteso il dominio dell’analisi microeconomica ad un ampio raggio di comportamenti e interazioni…come la sociologia (discriminazione razziale), la demografia e addirittura la criminologia» (Becker fu infatti tra i primi a studiare anche le implicazioni della dipendenza di droga in chiave economica).
Ricerche che si sono rivelate fondamentali sono poi quelle relative alla teoria del capitale umano. Ancora all’inizio degli anni 70 la teoria della crescita privilegiava il ruolo dell’accumulazione di capitale fisico o (talvolta) quello delle risorse naturali. Il “lavoro” veniva pensato in termini che prescindevano dal livello di istruzione. Per Becker l’educazione va concepita e valutata come ogni altra forma di investimento economico, con i suoi costi ed i suoi benefici. E naturalmente, dal punto di vista sia monetario sia dell’impegno di tempo, tale investimento è cruciale sia per l’individuo sia per la collettività. Tante delle sue idee specifiche hanno riscosso grande successo e sono oggi generalmente accettate. Ad esempio, è risultata importante l’idea per cui una bassa aspettativa di vita scoraggia l’istruzione, in quanto si può contare su meno anni di vita attiva durante i quali ammortizzare l’investimento iniziale.
In ciascuno dei suoi filoni di ricerca, Becker descrive quindi individui razionali, perfettamente capaci di cogliere tutti i fattori in gioco e di comprendere con precisione le conseguenze anche a lungo termine delle loro azioni. Gli individui di Becker non sono necessariamente egoisti; anzi, possono essere razionalmente altruisti: “massimizzano il loro benessere” tenendo conto che beneficiare altri membri della comunità in cui vivono può far loro piacere. Sono però individui “tristi”, che si pongono come misura di tutte le cose, ed il cui mondo ha principio e fine in loro stessi.
Con Gary Becker scompare quindi un uomo che ha incarnato al meglio la grande tradizione americana di studiosi rigorosi e dedicati alla ricerca e all’insegnamento, e scompare un uomo che – dando un grande apporto alla teoria economica – ha contribuito anche a mostrarne il limite, limite del quale al momento non si vede una chiara via di superamento.