Leggendo della mobilitazione intellettuale che a Londra ha fatto seguito alle parole con cui il premier Cameron ricordava la lapalissiana evidenza che l’Inghilterra è un paese cristiano, mi sono chiesto quando verrà indetto un referendum per l’abolizione della Union Jack, la bandiera nazionale del Regno Unito. Sarebbe un atto di coerenza: come si fa ad avere un vessillo dove campeggiano ben tre croci, ognuna rappresentante un santo patrono e il relativo Paese? La croce di San Giorgio per l’Inghilterra, la croce di Sant’Andrea per la Scozia e la croce di San Patrizio per l’Irlanda. Un coacervo insopportabile, per una mentalità moderna, secolare, progressista come quella degli intellettuali che hanno protestato contro Cameron, tra cui Terry Pratchett e Philip Pullman, gli esponenti di punta della Fantasy ateistica, gli anti-Lewis e anti-Tolkien per eccellenza.
Come possono musulmani, indù, atei, neopagani, riconoscersi cittadini di uno Stato che ha come insegna una bandiera multi-crociata, che ricorda un martire uccisore di draghi, il fratello di san Pietro, nonché l’evangelizzatore dell’Irlanda e scacciatore di serpenti? Se molti secoli fa un grande papa, Gregorio Magno, vedendo degli inglesi si chiese – con un gioco di parole latino – se si trattasse di Angli o angeli, data la Grazia che traspariva dai loro volti e dalle loro persone, oggi si direbbe che la vecchia Albione abbia a fronteggiare una serie di raffinati geni, o demoni, del rifiuto. Rifiuto di Dio, rifiuto della vita (diversi degli intellettuali firmatari del manifesto contro un’Inghilterra cristiana sono fautori dell’eutanasia) rifiuto dell’identità, rifiuto del buon senso.
Se poi si vuol dire che l’Inghilterra non è più cristiana, come lo è stata dall’inizio della sua storia e per molti secoli, questa è un’altra questione, che preoccupa i cristiani, cattolici e anglicani e membri di altre confessioni. Ma evidentemente questo “non essere più” è visto dagli ateisti come una conquista, una meta realizzata dalla quale non si può tornare indietro. Questo è il vero significato della loro stizzita reazione che si è fatta mobilitazione, peraltro molto elitaria. L’Inghilterra è stata scristianizzata, ma avrebbe tutto il diritto – e il dovere – di tornare alla fede dei propri padri. Il richiamo alla memoria di Cameron aveva questo garbato intento, ma le sentinelle della secolarizzazione vegliano attentamente e non fanno passare nulla.
Se tuttavia qualcuno volesse prendere sul serio l’invito del Primo Ministro a non volere lasciar morire del tutto le radici cristiane della Britannia, e cosa ancora più importante, continuare a mantenere il cristianesimo un fatto reale, concreto, incontrabile, vivo, dovrebbe ascoltare la voce di alcuni maestri, che con lucidità profetica avevano individuato con precisione, un secolo fa, le strategie del processo di scristianizzazione.
Tra questi Hilaire Belloc, un grande storico cattolico, e basterebbe soltanto leggere l’introduzione a un suo saggio, La coscienza cattolica della storia, per rendersene esattamente conto: “Io dico con intenzione la ‘coscienza’ cattolica della storia: parlo di ‘coscienza’, cioè di conoscenza intima raggiunta attraverso l’identità … non di un ‘punto di vista cattolico sulla storia’… il cattolico guarda l’Europa dall’interno: non può esistere quindi un ‘punto di vista’ cattolico della storia europea allo stesso modo che una persona non può avere un punto di vista su se stessa”. E ancora aggiungeva: “La visione che io ho di me non è un ‘punto di vista’, è una comprensione. Così è di noi che abbiamo la Fede e della grande storia dell’Europa…la Fede è l’Europa e l’Europa la Fede“.
E si potrebbe anche dire che L’Inghilterra è la Fede, e senza di essa difficilmente potrà sopravvivere, così come ogni nazione privata della propria identità, della propria anima. L’azione del processo di secolarizzazione ha come obiettivo non soltanto una guerra a Dio, ma anche una guerra all’uomo, la cui strategia è l’isolamento dell’anima. È ancora l’analisi acutissima di Belloc: “Ora non ho che da determinare la conclusione di questa rovina, il suo risultato spirituale: l’isolamento dell’anima; il suo risultato sociale, che è conseguenza di quello spirituale: il prodigioso dispiegarsi di energie, il dominio dei pochi lasciato senza controllo né freno nella competizione, la sottomissione dei più, la rovina della felicità, la minaccia finale del caos“.
L’isolamento dell’anima è l’obiettivo dei secolarismi, paludato di buoni sentimenti, giustificato dalla necessità di salvaguardare i diritti delle minoranze, di evitare settarismi. Intenti decenti e democratici, ma fondamentalmente ipocriti. Il vero pluralismo è là dove un cattolico, un musulmano, un indù o un seguace della religione dei druidi o di nessuna religione e filosofia è libero di vivere pienamente la propria fede, ha una coscienza libera. Non può essere così in una società della coercizione-soft, della censura preventiva sul pensiero e sulle passioni, una società grigia e asservita ai dettami del pensiero unico. Un pensiero che ha paura di parole come identità, appartenenza, che le considera espressioni di chiusura, intolleranza, integralismo.
Parole che vengono confutate con altre parole. Con i concetti astratti, si può fare. Ma chi potrà confutare dei fatti concreti, reali? Per questo al secolarismo non va contrapposta una sedicente “Inghilterra cristiana”, ma dei cristiani veri, degli uomini vivi.