Sono grato ad Alver Metalli per aver realizzato il volume intervista ad Alberto Methol Ferré, dal titolo Il papa e il filosofo (Cantagalli, 2014), da lui curato. Gli sono grato perché con Methol, nonostante ci fossimo incontrati in una sola occasione, a Lima, nel novembre del 1992 nei giorni del IV Congreso Mundial de Filosofia cristiana, eravamo diventati amici. Merito, ancora una volta, di Metalli che dall’Argentina, dove si era stabilito, era divenuto, negli anni, il trait d’union tra noi.



Methol Ferré (1929-2009), uruguayano di Montevideo, non è ancora conosciuto come dovrebbe in Italia. Eppure è uno dei maggiori, forse il maggiore tra gli intellettuali latino-americani contemporanei. Fondatore di riviste – Nexo (1955), Vispera (1967) – consulente del Celam, la Conferenza episcopale latino-americana, è stato autore di numerosi saggi e volumi. Due tra questi sono apparsi in italiano: Il Risorgimento Cattolico Latinoamericano (CSEOincontri, Bologna 1983) e la densa intervista che Metalli ha raccolto nel 2006, già tradotta da Marietti, che esce ora per le Edizioni Cantagalli con una prefazione di Carriquiri e un epilogo ed una premessa di Metalli: «Jorge Mario Bergoglio e Alberto Methol Ferré: affinità elettive di un Papa e di un filosofo del Rio de la Plata».



In essa l’intervistatore ricostruisce in modo preciso le tappe di un rapporto personale ed ideale, tra il giovane Mario Bergoglio responsabile dei gesuiti argentini, divenuto poi arcivescovo di Buenos Aires, e l’intellettuale cattolico uruguayano. Ciò che colpiva Bergoglio era, da un lato, lo sguardo “storico” di Methol, la sua capacità di delineare grandi scenari geo-politici e spirituali e, dall’altro, la sua passione per la Chiesa incarnata dentro le pieghe della storia, una Chiesa “popolare” non subalterna ai disegni egemonici dei poteri mondiali e delle élites secolarizzate.



Donde la vicinanza con la “teologia del popolo” di Lucio Gera, Gerardo Farrel, Juan Carlos Scannone, autori sensibili ai temi della religiosità popolare, dei poveri, della cultura e della storia latinoamericana. Temi cari anche a Bergoglio il quale poteva incontrare in Methol un autore che «ci ha aiutati a pensare». Nell’intervista Il papa e il filosofo tutto ciò emerge con grande evidenza. Lo sguardo sulla realtà, l’attenzione alle risposte che il tempo attuale richiede alla fede, il rapporto tra la posizione cristiana e la modernità, sono altrettanti punti che documentano un pensiero “cattolico” raro. Raro in America Latina come in Europa.

Il primo è che il pensiero cristiano se vuol essere tale, radicato nell’Incarnazione, non può che essere storico. In ciò Methol accettava pienamente la sfida del pensiero laico per il quale, a fronte della perdita della storia propria del pensiero cattolico moderno, la superiorità di una prospettiva si dimostra nella sua capacità di interpretare la storia. Suoi modelli erano tre politologi americani e un filosofo italiano: Francis Fukuyama, Samuel Huntington, Zbigniew Brzezinsky, Augusto Del Noce. 

Pensare la storia è pensarla, hegelianamente e “cattolicamente” come totalità, come sinergia di popoli e di Stati, come dislocazione mondiale della Chiesa. Questo orizzonte globale, ed è il secondo punto, va compreso nell’ottica di un realismo storico che sarebbe più opportuno chiamare ideal-realismo.

Il fattore ideale si innesta nei movimenti reali, tiene conto dei poteri reali. Ciò significa che tanto la politica quanto la Chiesa devono misurare non solo gli ideali, o le ideologie, ma anche l’equilibrio tra le potenze. Da qui l’impegno, da sempre, per l’unità, anche economica (Mercosur), dell’America Latina per arginare lo strapotere degli Usa. Una confederazione degli Stati del Sud America fondata sull’equilibrio tra i Paesi ispanici, guidati dall’Argentina, e il gigante di lingua portoghese, il Brasile. Da essa ne avrebbe tratto rilievo e vantaggio la stessa Chiesa cattolica. 

L’ideal-realismo, ed è un terzo punto del pensiero di Methol, si muove nella tensione tra particolare ed universale, tra le singole nazioni e le confederazioni tra Stati, tra gli Stati e i popoli. Ciò lo porta a privilegiare i governi nazional-popolari ma non il populismo nazionalistico. Il popolarismo, ed è un quarto punto, deve incontrarsi con il liberalismo, non quello della destra economico-politica, ma quello autentico dei diritti e delle libertà. Methol, che aveva perso il lavoro per la sua opposizione alla dittatura militare in Uruguay, questo lo sapeva bene. Il modello da lui proposto era quello della democrazia cristiana, un paradigma che trovava il suo autore di riferimento in Jacques Maritain, colui che aveva permesso ai cattolici latino-americani di comprendere il valore della democrazia moderna liberandoli dalle suggestioni integraliste e reazionarie.

La riflessione di Methol convergeva, in tal modo, ed è il quinto punto, quello teologicamente più rilevante, nella puntualizzazione dell’importanza del Concilio Vaticano II come risolutore del contrasto tra cristianesimo e modernità. Le pagine dell’intervista dedicate al Concilio sono tra le più illuminanti del testo. 

In esse emerge con chiarezza l’originale impostazione di Methol Ferré, lo spessore di un pensatore cattolico che comprende bene come il Concilio abbia permesso ai cattolici di abitare la modernità, valorizzandone le “verità impazzite”, come affermava un autore da lui molto amato, Chesterton, senza cedere alle ideologie moderniste. Com’egli afferma: «Con il Concilio la Chiesa trascende tanto la riforma protestante quanto l’illuminismo secolare. Li supera, nel senso che assume il meglio dell’uno e dell’altro. Possiamo anche dire così: ricrea una nuova riforma e un nuovo illuminismo. Che erano poi le due grandi questioni rimaste irrisolte, con cui i conti non erano mai stati veramente chiusi.

Con il Concilio, la riforma e l’illuminismo diventano finalmente un passato, perdono sostanza e ragion d’essere, e realizzano il meglio di se stessi nell’intimità cattolica della Chiesa. La Chiesa, all’assimilarli, li abroga in quanto avversari e ne raccoglie la potenza costruttiva» (p. 95). È la stessa prospettiva che sorregge la lettura del rapporto tra cristianesimo e modernità che Joseph Ratzinger, da teologo e da papa, ha offerto in più occasioni. Una prospettiva che spiega la sintonia di Methol Ferrè con papa Benedetto. Methol, venuto a mancare nel 2009, non poteva certo prevedere che il suo amico Bergoglio sarebbe divenuto pontefice. In lui avrebbe certamente trovato, con grande gioia, la realizzazione, nel cuore della Chiesa, di quegli ideali che lo avevano guidato in tutta la sua vita.