The cold smell of potato mould, the squelch and slap
Of soggy peat, the curt cuts of an edge
Through living roots awaken in my head.
But I’ve no spade to follow men like them.
Between my finger and my thumb
The squat pen rests.
I’ll dig with it.

Il freddo odore di terriccio di patata, lo schizzo e il tonfo
di torba inzuppata, gli squarci bruschi di una lama
che attraversa radici vive si risvegliano nella mia mente.
Ma io non possiedo vanga per seguire uomini come quelli.
Tra pollice e indice sta
la penna massiccia.
Io scaverò con quella.
(da: Digging, in “Death of a Naturalist”)



Seamus Heaney è stato uno dei poeti più acclamati dell’età contemporanea, sia dalla critica sia dal pubblico, in grado di rimanere al di sopra dell’appartenenza politica o del credo religioso, pur avendo le proprie posizioni.

Primo di nove figli, nato nel 1939 in una famiglia cattolica dell’Irlanda del Nord, è riuscito nella difficile impresa di astenersi da uno schieramento della sua opera grazie al fatto di racchiudere nella sua persona, per nascita, le due componenti culturali del paese, quella cattolica e quella protestante. Da un lato il ramo paterno, dedito all’allevamento di bestiame tipico della discendenza gaelica, dall’altro il ramo materno, impegnato nella lavorazione industriale del lino, più ancorato all’humus sociale protestante.



Dopo aver completato la sua educazione a Derry, Heaney si trasferisce a Belfast per gli studi universitari. Qui subisce la fascinazione della poesia attraverso la frequentazione di Ted Hughes, che lo influenza con la sua lirica ispirata alle origini e alla natura, descritta con un linguaggio semplice ed essenziale. In un’intervista rilasciata alla Bbc anni dopo, Heaney ammette che la lettura di Lupercal di Hughes gli aveva fatto improvvisamente vedere la poesia come parte fondamentale della sua vita.

Dopo la laurea in Letteratura inizia a scrivere e pubblicare grazie all’appoggio e all’incoraggiamento dello scrittore Michael McLaverty. La prima raccolta, Death of a Naturalist (1966), gli vale diversi premi e riconoscimenti. La sua carriera di poeta ha inizio.



Heany, con l’occhio sul presente e la mente rivolta al passato, dalle invasioni dei Vichinghi ai classici latini, comprende la potenzialità della poesia che si fa lente e ingrandisce i particolari di un mondo che non esiste più, un mondo pre-moderno in cui la natura è protagonista. Il suo è un linguaggio semplice e parla di fatica fisica, di terra e mani che si sporcano, di frutti che la natura regala nella stagione giusta, della forza dell’uomo che però rimane uno degli attori, al pari di rane e more e uccelli, e non un usurpatore. 

In questo forse si differenzia da un altro grande poeta irlandese, Yeats, del quale molti hanno visto in Heany l’erede, anch’egli insignito del Nobel, che pure si era concentrato sull’esistenza del contadino immortalandola come vita ideale, poetica di per sé.

La presenza preponderante della natura nell’opera di Heaney però non ne fa un poeta bucolico. Nell’esistenza dell’uomo di Heaney paradossalmente c’è poca poesia e molta durezza. La terra è il luogo della fatica e del dolore, dell’identità familiare, e forgia la forza degli uomini della sua famiglia. Lo scavo della terra corrisponde a uno scavo emotivo, profondo, al riconoscimento delle radici e alla presa di coscienza che le cose cambiano. Il padre e il nonno scavano con un vigore a Heaney sconosciuto mentre lui li osserva dalla finestra e rigira la penna tra le sue dita, l’unico strumento con il quale potrà “scavare”.

La sua ricca produzione (dodici raccolte di poesia, saggi, traduzioni e commedie) e i prestigiosi premi ricevuti (Nobel a parte, il T.S. Eliot Prize e il Truman Capote Award for Literary Criticism) lo rende uno degli autori più letti e apprezzati, con i due terzi dei libri di poesia venduti nel 2008 nel Regno Unito, a dispetto di chi lo ha definito un autore regionale. Pur rimanendo “a casa” nella trattazione dei temi, la fisicità dei suoi versi e l’osservazione acuta del mondo rurale possono essere riconosciute da lettori all’altro capo del mondo. Il Nobel gli viene assegnato nel 1995 proprio per aver scritto “opere di bellezza lirica e spessore morale che esaltano i miracoli quotidiani e la vita del passato”.

Heany ha sempre filtrato la sostanza delle cose attraverso il suo sguardo poetico, realistico ma non rovinato dalla febbre politica, lui cattolico in terra protestante. Questo ha lasciato la sua opera incorrotta e vera. Gli accadimenti che scuotono l’Irlanda dalla fine degli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta del secolo scorso (the Troubles) non lo trovano insensibile, anzi gli danno lo spunto per collocare quelle situazioni in un quadro più generale sulla condizione umana.

Le raccolte Wintering out (1972) e North (1975), forse le più “impegnate”, nascono da questa motivazione e contengono il dolore misurato per una lotta fratricida tra nazionalisti e unionisti e per la perdita di amici e conoscenti, e costituiscono la presa di coscienza che la poesia, seppure impegnata, difficilmente può cambiare il corso della storia ma può essere uno strumento di ricerca nel passato, nelle origini, per meglio capire il malessere del presente.

Heaney rimane fedele a se stesso anche dopo il Nobel, e continua a scrivere con immutata perizia, allargando lo sguardo sulle ansie del mondo riguardo alla natura maltrattata dall’uomo, con i ghiacciai che si sciolgono, e al terrorismo che disturba i sonni degli esseri umani, dopo la strage delle Twin Towers.

La poesia era e rimane uno strumento per capire la molteplicità della realtà anche in un solo evento, per vedere il mondo in un granello di sabbia, per dirla con William Blake. Attraverso il suo linguaggio supera i limiti della vita stessa. Diventa metafora dell’appartenenza a un luogo, non solo geografico, un luogo in cui il poeta riconosce se stesso e, nel caso di Heaney, può posare uno sguardo sempre nuovo sulla sua Irlanda, anche quando è altrove, durante le docenze a Oxford e Harvard, o durante il sabbatico californiano a Berkley, perché è lo sguardo del ricordo a guidarlo.