Nel suo nuovo libro dal titolo Perché la scienza non confuta Dio, lo scrittore scientifico americano Amir Aczel smonta una per una le teorie del movimento noto come New Atheist. Una riflessione tra ragione e fede che prende di mira scienziati quali Richard Dawkins e Lawrence Krauss, i quali cercano di utilizzare la biologia e la fisica per negare l’esistenza di Dio. Aczel dimostra però che le loro argomentazioni scientifiche sono sbagliate, e coloro i quali affermano che Dio e la scienza non possono coesistere “interpretano in forma distorta sia il processo della scienza sia il suo valore”. Abbiamo chiesto ad Amir Aczel di spiegarci come è giunto alle conclusioni esposte nel suo ultimo volume.
Qual è il punto centrale del suo libro sul rapporto tra scienza e fede?
La tesi del mio libro è che la scienza non può provare né l’esistenza né la non esistenza di Dio. Quanto fisica, chimica e biologia scoprono sulla natura è estremamente complesso anche dal solo punto di vista matematico. Già questa complessità è un motivo per ritenere assurdo che si possa dimostrare scientificamente che Dio non esiste.
La posizione dei cosiddetti Nuovi Atei come Richard Dawkins è che Dio sarebbe inutile per spiegare l’esistente, in quanto la scienza è di per sé sufficiente, e quindi bisogna agire come se Dio non esistesse. Lei che cosa ne pensa?
Voler spiegare tutto attraverso la scienza significa negare l’esistenza di Dio. La fisica quantistica e la relatività di Einstein sono entrambe teorie molto complicate, e fanno apparire ridicolo il tentativo di Richard Dawkins di spiegare con la sola teoria evoluzionistica che Dio non sarebbe necessario. La meccanica quantistica è una teoria così sofisticata che abbiamo bisogno della matematica dello spazio di Hilbert. Non capisco quindi perché questi modelli matematici così complicati dovrebbero spiegarci che Dio non è necessario.
Lei vuole dire che la complessità della meccanica quantistica sembra rimandare a un elemento che sfugge a una spiegazione razionale?
Le regole della meccanica quantistica devono avere un’origine, in quanto noi esseri umani non siamo stati in grado di crearle bensì soltanto si scoprirle. In quanto scienziati, il nostro compito non è soltanto quello di descrivere queste regole ma anche di interrogarci da dove provengano. E’ quindi necessario presupporre una forza che ha dato origine a queste regole.
Lei ritiene che si tratti di una forza soprannaturale?
E’ difficile dire se si tratti di una forza soprannaturale. Einstein però amava dire che “Dio non gioca ai dadi”, e che la fede in Dio è il presupposto per un’autentica attività scientifica. Io sono convinto dell’esistenza del Dio di Einstein e di Spinoza, cioè di una forza della natura o “superforza” necessaria per spiegare la forza di gravità, quella elettromagnetica e quella nucleare. Possiamo dire che in un certo senso questa “superforza” sia Dio. La conclusione cui sono giunto è che questo Dio, il Dio della natura, il Dio che ha fatto le regole della fisica, debba necessariamente esistere.
Papa Benedetto XVI ha più volte invitato ad ampliare il concetto di ragione per superare il conflitto con la fede. Lei che cosa ne pensa di questo invito?
Personalmente ritengo che non ci sia nessun conflitto tra ragione e fede, in quanto entrambe appartengono a un’unica facoltà dello spirito umano. La scienza e la fede hanno seguito la stessa storia. Quando la civiltà umana era molto giovane, non esisteva alcun conflitto tra la scienza e il fatto di credere. Tra le prime divinità 30mila anni fa ci sono state le dee della fertilità, e all’epoca nessuno pensava a un’alternativa tra il fatto di credere e il desiderio di scoprire le regole della natura. Per diversi millenni è stato così, solo con Galileo si è posto un problema di questo tipo.
(Pietro Vernizzi)