È stato chiaro fin da subito che per qualcuno di noi – qualche cattolico, intendo – questo Papa sarebbe stato un problema. Mi sforzo di capire qualcosa di non evidente, perché dovrebbe essere logico per un cattolico che fa della coerenza una bandiera, essere dalla parte del Papa. Esserlo sul serio, anche a pelle, non solo perché cito quello che del Papa piace e, per il resto, fammi stare zitto, va’, che è meglio.
Ho davanti certi cattolici che dicevano con aria seria, misurata, “sono preoccupato per lui; vi ricordate per esempio Paolo VI e l’Humanae Vitae? prima concedi, concedi, ma poi, quando dici le cose come stanno – e un Papa prima o poi lo deve fare -, ti massacrano. Allora ti accorgi che era meglio stare stretti fin dall’inizio, tenere la greppia alta, come fanno i bravi fantini con i purosangue di razza”.
Il Papa andava avanti, il suo successo presso “gli altri” – le novantanove pecorelle smarrite – era crescente, e loro sempre più a malcelare che, prima o poi, queste cose si pagano. Era l’epoca del “chi sono io per giudicare” a proposito degli omosessuali. Poi Papa Francesco ha cominciato a parlare chiaro, nitido, su come si fa a restare sposati per tutta la vita; che è meglio avere figli che cani e gatti. I suoi soliti tre punti che reggono come puntine il mistero della nostra vita, hanno cominciato a riguardare quelle cose che i papi “prima o poi devono dire”.
Ma Repubblica non batte ciglio e titola manco fosse Avvenire o L’Osservatore Romano: “Il Papa allo stadio con i carismatici: ‘Il demonio attacca la famiglia’” (1 giugno); “Fate figli, non accontentatevi di cani e gatti” (2 giugno). Tra chi preventivava il momento della resa dei conti comincia a serpeggiare il nervosismo. Si twitta: “cattolici che scondinzolano dietro Repubblica”, “un conto essere papista, un altro essere papolatra”.
Provo a mettermi nei panni di chi scrive così e viene fuori il profilo di persone che questi anni sono stati fedeli e hanno combattuto per le proprie idee, che però erano anche le nostre idee, le mie idee; per i propri valori, i nostri valori, i miei valori; per il proprio Papa, il nostro Papa, il mio Papa. Erano i tempi de il Pastore Tedesco, o ce lo siamo scordati? Bisognava difendere la prima linea, il paradiso c’è ma sarà dopo la guerra. Dopo la conta dei morti e dei feriti. L’amore di Gesù? Ci sarà, ci aspetterà. Ma prima bisogna guadagnarselo in trincea. Arriveremo. In pochi, ma arriveremo.
Poi è arrivato Papa Francesco e ha riscavato la trincea. Si chiama Misericordia. Lui sa che le religioni sono il motore immobile che più ha scatenato guerre nella storia dell’umanità; e sa che il cristianesimo non è una religione come le altre se, però, si ricorda che ha un Dio che si chiama Amore, che Gesù è morto ammazzato per un motivo religioso. Può una religione che nulla ha a che vedere con le altre religioni, aver paura della troppa misericordia? di dire che nulla è più pagano di una guerra, di uno scontro fatto su base religiosa?
Mentre il Papa parlava all’Olimpico, Dario Fo gli dava ragione in prima serata su Rai 1. Diceva “Vi dirò la verità, in un primo tempo non pensavo di inserire Papa Bergoglio in questa rappresentazione con tanta evidenza. Ma alcuni spietati commenti che ho sentito fare su di lui recentemente da intellettuali con la I maiuscola mi hanno indignato fortemente… Pochi giorni fa mi è capitato in televisione di avere un dialogo a due con un importante personaggio della cultura italiana, un po’ conservatore, moderato, il quale, lasciando all’istante perdere la moderazione, ha letteralmente aggredito Bergoglio, Papa Francesco…”. Dario Fo − ateo, marxista, leninista e seguace di Darwin − è andato avanti e chiamando Papa Francesco “il nostro Papa” ha citato queste sue parole dette recentemente alla Cei: “Quanto è vuoto il cielo di chi è ossessionato da se stesso… Quanto è sbagliato il ripiegamento di chi vorrebbe che un triste passato divenisse il nostro futuro”.
Ora, io capisco che chi twitta “La chiesa austriaca verso lo scisma? Almeno la finiamo con questo clima ipocritamente irenico”, si senta a disagio se al suo fianco trova l’autore de Il Mistero Buffo ma, chiedo, abbiamo chiaro che se mettiamo da parte Misericordia ed Amore, tra pochi giorni non potremo fare Pentecoste? Un cristiano che una volta al giorno ironizza su Kasper per poche parole di una relazione di 37 pagine, crede davvero che un Sinodo non è un Parlamento e che chi governa è nostro Signore? A me sembra che muova con la logica di chi costruisce un movimento d’opinione e una corrente di partito. Che idea ha di Cielo? sembra dire: il paradiso sarà bello, ma se saremo in pochi sarà meglio. Se per di più l’inferno fosse strapieno, allora il Paradiso sarà proprio bellissimo.
Io non penso che “l’inferno c’è ma è vuoto”, però chiedo a Maria che all’inferno ci siano solo i demoni perché a me i privé non piacciono. Per me gran parte della festa è la compagnia, il “più siamo meglio è”. Non cerco il buttafuori ma il buttadentro.