Il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha definito “deplorevoli e ributtanti” gli inchini ‘ndranghetosi della processione di Oppido Mamertina; il capo del Nuovo Centrodestra Angelino Alfano ha detto che la posizione di Ncd sulle unioni civili non cambia, “la famiglia è quella naturale”, nonostante la svolta gay friendly del suo vecchio mentore Silvio. Flatus vocis. Sull’altro fronte il post-cattolico Matteo Renzi fila come un treno a smantellare il Senato e sulle “nuove famiglie” lascia che i suoi cucinino una legge che rischia di giustificare, 40 anni dopo, la profezia del suo antenato politico Amintore Fanfani: “Volete il divorzio? Un giorno vostra moglie scapperà con la cameriera”. Dopo il tracollo alle Europee dalle forze centriste-neodemocristiane, dopo il fallimento che aveva travolto l’ultimo, posticcio, tentativo di rivitalizzare una presenza politica d’ispirazione cristiano-sociale in Italia – il girotondo delle sigle di Todi – parlare dello spazio e del compito del cattolicesimo politico nella scena pubblica italiana rischia di somigliare a una passeggiata cimiteriale fuori stagione.
Molto più utile allora, per chi abbia il gusto e l’interesse di capire, dedicarsi direttamente a un’intelligente “archeologia del sapere” del cattolicesimo politico, e ripensare in profondità il senso e il destino di analisi, tentativi e scelte che ci hanno condotti fin qua. Archeologia del sapere: è questa la prima, proficua sensazione che suscita l’eccellente saggio di recente uscita firmato da Lorenzo Biondi, giovane giornalista del quotidiano Europa, dedicato a La Lega democratica. Dalla Democrazia cristiana all’Ulivo: una nuova classe dirigente cattolica (Viella editrice, 2014, 364 pp.).
La Lega democratica: chi erano costoro? Un piccolo gruppo di intellettuali e sindacalisti cattolici – Pietro Scoppola e Achille Ardigò, Luigi Pedrazzi e Paola Gaiotti, Pierre Carniti, Paolo Giuntella, Piero Bassetti, Stefano Ceccanti e tutta la “variante bolognese” del cattolicesimo democratico, da Nino Andreatta ai fratelli Prodi – provenienti dall’esperienza dossettiana e dal cattolicesimo maritainiano. A metà degli anni Settanta, dentro o ai fianchi della Balena Bianca, si sentivano a disagio. Con fiuto profetico (non solo loro, ovviamente: su un altro fronte Augusto Del Noce andava elaborando analoghi giudizi) intuivano la crisi di un modello politico-sociale e soprattutto il vento di una “secolarizzazione al ribasso” (Scoppola) che di lì a poco avrebbe travolto la società italiana, la Chiesa e la Dc.
Il vento si chiamò referendum sul divorzio (40 anni fa giusti). La Lega democratica nacque nel 1975, proprio dalla mobilitazione dei “cattolici per il No” che avevano sfidato la Dc e la chiesa italiana (e un amareggiatissimo Paolo VI) schierandosi contro l’abrogazione. Non un partito, non una corrente, piuttosto un gruppo di pressione. Piccolo, tosto, anche molto diviso sulle idee e perennemente indeciso se mollare il partitone cattolico e buttarsi a sinistra o scommettere sul suo rinnovamento (la famosa Assemblea degli esterni).
Non riuscì in nessuna delle due operazioni, la Lega democratica; ma da quelle riflessioni sul rapporto tra la Chiesa e la politica, i valori cristiani e le leggi della società laica, il partito cattolico e una società che si andava secolarizzando, segnata dall’edonismo dell’incipiente globalizzazione, furono il seme dell’Ulivo, pianta contorta ma anche robusta su cui si è innestata una classe dirigente e sono sbocciati ben due presidenti del Consiglio: Romano Prodi ed Enrico Letta.
Lorenzo Biondi, con un lavoro puntuale e approfondito, basato anche su interessanti fonti inedite e d’archivio, ripercorre il fiume carsico di una storia ricca e complicata, che non è solo della Lega democratica: è quella di tutto il mondo cattolico che ha provato a riflettere su se stesso e sul da farsi, spesso litigando, ma sempre guardando in avanti e non a un passato ormai impossibile da restaurare.
Fra gli spunti più interessanti per l’oggi, Biondi coglie infatti una traiettoria particolare. Fu il breve tentativo fra le menti migliori dei due fronti usciti di fatto entrambi sconfitti sul divorzio – lo stesso Dossetti ebbe parole severe per l’ingenuità politica dei suoi figliocci del No, ed elogiò invece Pasolini che aveva colto come quel referendum segnasse nient’altro che il trionfo di un edonismo ormai estraneo al cristianesimo – di riavvicinarsi (era già in arrivo il referendum sull’aborto) proprio sul giudizio da dare sulla società italiana e l’impegno politico-ecclesiale. Fu il breve momento, racconta Biondi, a fine anni 70, in cui la “cultura della mediazione” della Lega democratica e quella della “presenza”, incarnata nel segno di Karol Wojtyla soprattutto da Comunione e liberazione, si sfiorarono, dialogarono. Non si capirono. Di lì a una dozzina d’anni, le scelte di campo della Seconda Repubblica, tra ex comunisti e nuova destra berlusconiana, spaccarono definitivamente il cattolicesimo. Ed ecco, dopo altri vent’anni, il fiume carsico dell’archeologia riemergere più o meno allo stesso punto: che fare?
La Lega democratica si scioglierà nel 1987, sostanzialmente fallendo nei suoi obiettivi. Ma c’è un tempo per seminare e uno (forse) per raccogliere. E un tempo per provare una “archeologia del sapere” che faccia ritrovare idee per l’oggi. In questo, il libro di Biondi, pur non essendo un pamphlet politico ma un rigoroso libro di storia, offre un contributo notevole.