Dopo sei anni, Alberto e Carlotta Guareschi tornano al Meeting di Rimini. Figli di Giovannino, sono noti anche come personaggi letterari del Mondo piccolo, per l’esattezza Albertino e la Pasionara della Vita in Famiglia. Invitata a parlare del suo papà durante l’incontro al Caffè Eni al padiglione A3, Carlotta dice con semplicità: «Posso dire solo che è stato un gran babbo – poche parole che strappano l’applauso del pubblico – e che purtroppo l’ho goduto poco perché se n’è andato presto. Era una persona con cui si stava bene in compagnia, aveva il dono di saper ascoltare gli altri». 



I ricordi più belli risalgono, paradossalmente, agli ultimi anni di Giovannino Guareschi, i più difficili, segnati dai problemi di salute e dalla cessata collaborazione con quel “Candido” che lui stesso aveva fondato assieme a Giovanni Mosca. Ricordi come quelli di una sera del ’62, quando Alberto ricevette la visita inattesa del padre mentre prestava servizio in caserma. «Voglio vedere i muli» disse soltanto. Alberto ricorda come, contravvenendo agli ordini, lo accompagnò in scuderia dalle bestie. «Ricordo il sorriso che ha fatto quando ha visto i muli: era contento come un ragazzino. Nonostante avesse avuto da poco un infarto e ne fosse uscito anche piuttosto malamente, in quel momento era felice». Ci sono fatti, invece, che i figli non possono ricordare ma che testimoniano l’amore viscerale del padre. Durante gli anni del lager raccontati nel Diario Clandestino, per esempio, è stato proprio pensando al piccolo Albertino che lo aspettava a casa che Guareschi scrisse: «Non muoio neanche se mi ammazzano». Non per una volontà di potenza, ma per un amore.



Un’umanità genuina, insomma, quella di Giovannino, a volte persino un po’ birbante. Il bambino ribelle che si sentiva soffocare tra le mura del collegio non se ne andò mai del tutto. «Ricordo quando mi ha fatto saltare la scuola per 19 lunedì consecutivi – confessa Carlotta -. Ogni volta, quando eravamo sul ponte di Cremona, dove studiavo in una pensioncina, mi diceva: ma tu vuoi proprio andare a scuola oggi? Io ci sarei anche andata, però capivo che a lui faceva piacere che dicessi di no. Così mi portava in giro a Bergamo o a Brescia. È vero che ho perduto tanta scuola, però ho guadagnato tanto il mio babbo».



Nel 2008 Alberto e Carlotta ebbero modo di conoscere la realtà del Meeting, dove in quell’anno fu allestita una mostra in occasione del centenario della nascita dello scrittore. Di ritorno a Rimini, si confrontano questa volta con l’invito di papa Francesco a raggiungere le periferie del mondo e dell’esistenza. 

«Il nostro Mondo piccolo – spiega Alberto parlando della Bassa padana – è una periferia dell’anima, e non è poi così “piccolo” come sembra. Le cose che mio padre ha descritto sono cose che poi si ritrovano dappertutto. È un senso universale».

Oggi come sei anni fa, fratello e sorella si commuovono ancora di fronte all’interesse e all’entusiasmo di persone di ogni età per i personaggi creati dalla fantasia del loro papà. «Nostro padre nei suoi libri sa parlare a strati – afferma Carlotta con orgoglio –. A mano a mano che si cresce, ci si accorge di entrare sempre più in profondità. Sembra di scoprire ogni volta qualcosa di nuovo ma, in realtà, sei tu che cambi».

 

Lorenzo Accorsi

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