Adesso parliamo di sesso. Mi chiedo però se sia possibile, vista la sparata su Libération della filosofa spagnola Beatriz Preciado. Diversi giorni fa, infatti, sulla nota testata della gauche francese la signora (non si offenda per il sostantivo al femminile), già allieva di Jacques Derrida, in occasione del Convegno della filosofia spagnola, ha esordito con il suo Il coraggio di essere se stessi affermando ciò che va ripetendo da tempo: la differenza sessuale maschio/femmina non esiste e il ricorso a termini come sesso e sessualità fa cadere nel grave errore di attribuire tali termini al soggetto come sue qualità identificative, mentre il sesso (maschile e/o femminile) altro non è che il prodotto di pratiche politiche che gestiscono la verità e la vita. Se ancora non fosse chiaro, la Preciado afferma e ribadisce che la differenza sessuale non esiste.
Ma allora, se fosse così, come si spiegherebbe la maternità? Semplice: il corpo trarrebbe sostanza dal suo valore d’uso, dall’essere espressione di una funzione.
Sull’idea della fungibilità del corpo e sulla negazione della differenza sessuale tra uomo e donna è di parere diametralmente opposto Sylviane Agacinski. Anche Agacinski, tra le più combattive filosofe francesi, è stata un’allieva di Derrida (da cui ha avuto un figlio) ed è sposata da 20 anni con Lionel Jospin, già primo ministro sotto la Presidenza Chirac. Quindi non una bigotta clericale al servizio della conservazione, ma pensatrice di spicco dall’autorevole pedigree all’interno del movimento femminista della sinistra francese. Nel suo Metamorfosi della differenza sessuale, Agacinki offre uno spaccato illuminante della storia del rapporto tra i sessi denunciando sottomissioni ed equivoci nel rapporto stesso, ma considera del tutto contrario alle evidenze offerte dalla natura l’abolizione della differenza biologica tra i due sessi.
Le due filosofe esprimono un loro diverso pensiero molto interessante per capire meglio cosa si intende dire quando si parla di gender. Almeno per ora, non esplicitiamo tutta la complessità psico-antropologica, politica, economica che l’invenzione del gender si porta dietro; ciò che è bene fissare è l’origine storica del problema così come emerge da quel falso colossale che fu il “rapporto Kinsey” che prese nome, sul finire degli anni Quaranta del secolo scorso, dall’americano Alfred Kinsey, che avviò quella rivoluzione sessuale di cui ancor oggi si sentono, addirittura più amplificati di allora, gli effetti culturali.
Il cosiddetto “rapporto Kinsey” pretendeva portare alla luce i comportamenti sessuali degli americani secondo una scala di orientamenti che comprendeva i numeri da 1 a 6. Il numero uno identifica coloro che sono prevalentemente eterosessuali, da 2 a 6 si hanno molte sfumature che esprimono uno spettro assai ampio che va dalla bisessualità, alla pedofilia, fino alla vera e integrale omosessualità: il genere è ampio e fluido.
Fu, per l’America tra gli anni Quaranta e Cinquanta, un vero e proprio choc mediatico, reso possibile dagli ingenti capitali resi disponibili dalla Rockefeller Foundation nella persona del suo fondatore John D. Rockefeller e dall’editore Hugh Heffner (scaltro imprenditore che dette vita a Playboy, rivista patinata porno-soft a grande diffusione popolare che raggiunse l’Europa occidentale con il patrocinio editoriale (e i soldi) di Edmund de Rotschild e Rupert Murdoch).
Si deve, tra gli altri, alle ricerche di Judith Reisman, presidente americana dell’Institute for Media Education, la denuncia dimostrata e fondata dell’assoluta non scientificità e attendibilità degli studi di A. Kinsey: basti pensare che buona parte delle interviste raccolte negli anni Quaranta sono rivolte ad un campione costituito da carcerati per reati sessuali…
Fu poi John Money, direttore di un Dipartimento di ricerche psico-ormonali della Facoltà di Medicina della Johns Hopkins University di Baltimora, ancora oggi prestigioso punto di riferimento per la ricerca medica poco a nord di Washington, a coniare il termine “identità di genere”. Nel breve spazio di un articolo si è costretti a sorvolare sulla complessa e bizzarra personalità di Money, rimandando all’ottimo lavoro della neuropsichiatra Dina Nerozzi, L’uomo nuovo. Il convincimento primario di Money è quello di dar vita, con tutte le sue risorse, ad un’etica della sessualità ricreativa in cui, abolite le diversità biologico-genetiche ed obbedendo al proprio “orientamento sessuale”, grandi e piccini, senza alcun divieto, possano tutti abbandonarsi alla voce naturale degli istinti che promette ad ognuno l’Eden agognato da sempre.
L’occasione che renderà famoso in tutta l’America John Money arriva nel 1967, quando gli viene presentato il caso di un bambino di due anni, perfettamente normale, con irrimediabili lesioni al pene in seguito ad un malriuscito intervento di circoncisione. Money vide in questo caso l’opportunità di dimostrare ciò che da tempo gli stava a cuore. Ottenne il consenso della facoltà di Medicina, dei genitori del bambino e condusse a termine un’operazione chirurgica asportando i testicoli, costruendo una rudimentale vagina e iniziando una terapia dosata di ormoni affinché, anche dal punto di vista fisologico, Bruce Reimer — così si chiamava il bambino — somigliasse il più possibile a una bambina. Ma la cosa più importante fu un’altra: raccomandare ai genitori, futuri insegnanti, ecc. di trattare il “maschietto” come una bambina: nel parlare, nel vestire, nel giocare, ecc. Questo fu l’operato di Money che lo portò ad avere un successo all’interno di tutto il mondo gay americano e dei movimenti femministi che idolatrarono questo astro della chirurgia sessuale. Ma non mancarono i dubbi e le perplessità, che cominciarono a diffondersi nel mondo medico e scientifico.
Il bambino operato crebbe educato come una femminuccia, ma la sua psiche fu letteralmente sconvolta da quanto accadde e non sopportava di essere prigioniero in un corpo non suo, fin quando i genitori rivelarono a Bruce-David/Brenda la vera storia.
Il giovane Reimer volle e ottenne di essere operato di nuovo tornando ad essere “maschio”. Fu un calvario lungo e doloroso segnato da insopportabili sofferenze sia fisiche che psicologiche. Il dottor Money nascose tali resoconti e volle minimizzare quanto accaduto. Quando tutto il mondo accademico e scientifico plaudeva al genio della trasmutazione da maschio a femmina così da realizzare la felicità degli esseri umani che potevano scegliersi il sesso e potevano liberamente decidere come usarlo, Bruce-David Reimer decise di venire allo scoperto rivelando quanto gli era stato fatto.
Tutto ciò è raccontato, in modo straziante, nell’autobiografia di David/Brenda Reimer raccolta da John Colapinto. Il mondo accademico e scientifico fu scosso profondamente, ma ciò nonostante nel libro di Dale O’ Leary (2004) si scrisse: “ogni bambino viene assegnato all’una o all’altra categoria in base alla forma dei suoi genitali. Una volta che l’assegnazione è stata fatta noi diventiamo quello che la cultura ritiene che noi siamo, femmine o maschi. Anche se molta gente ritiene che gli uomini e le donne siano l’espressione naturale di impronte genetiche il genere è un prodotto del pensiero e della cultura umana, una costruzione sociale che “crea” la vera natura di ogni individuo” (trad. it. D. Nerozzi, p. 159)
Quello stesso anno, 2004, David Bruce Reimer morì suicida.
(1 – continua)