A Papa Francesco si potranno rimproverare forse altre cose, ma non la mancanza di franchezza. La sua battuta a proposito della probabile reazione di chiunque senta insultare la propria madre nasce dal semplice buon senso. Dire che un buon cristiano dovrebbe “porgere l’altra guancia” (com’è stato fatto) significa sia banalizzare il vero senso del perdono, sia fingere che non esistano istinti “sani”… cui certamente non si deve cieca obbedienza, ma che dovrebbero essere alla base di una conoscenza onesta dell’essere umano in quanto “animale simbolico”. Dire o meno qualcosa, come andarsene in giro vestiti o nudi non è, né potrà mai essere, “la stessa cosa”, in barba al “se ti senti bene con te stesso, fai pure tutto quel che ti passa per la mente”. Questa non è libertà, ma la sua caricatura. Neppure coi più intimi parenti possiam pretendere di affrontare temi delicati, se non cogliendo il momento propizio e adoperando le parole più adeguate…
Lo sconcertante elenco di “mezze verità” sciorinato da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera del 28 gennaio (“L’islam non ci chieda di limitare la libertà”) insinua che la “saggia prudenza” del Papa potrebbe dar adito a un dubbio inammissibile (strano, un vecchio gesuita che mi fu maestro, quando doveva liquidare un “non pensante” — per dirla col Cardinal Martini — esclamava: “Quello è uno che non sa dubitare…”). Il radicalismo islamico non avrebbe alcun elemento reattivo: dirlo proprio nel primo centenario della Grande Guerra, che ebbe tra gli altri nefasti effetti una divisione scriteriata delle spoglie dell’Impero Ottomano della quale molti nodi stanno proprio ora venendo al pettine, ha qualcosa di surreale. E rieccoci alla famosa “sberla”… non è detto che chi reagisce lo faccia legittimamente e proporzionalmente, ma attribuire anche i peggiori eccessi alla sola natura intrinsecamente malvagia degli altri è un modo troppo comodo per cavarsela, un modo che ci priva inoltre del beneficio di comprendere almeno i motivi della sua ostilità, veri o presunti che siano.
Il secondo effetto collaterale indesiderato che deriverebbe dalle parole del Papa sarebbe quello di accettare una limitazione della libertà d’espressione che non sarebbe mai da mettere in discussione. Concordiamo con l’editorialista sul fatto che le leggi, a tale proposito, sono armi improprie e spuntate per ottenere qualche effetto, ma non una parola è spesa sulle varie agenzie educative che non sanno più trasmettere il senso del limite, indispensabile invece a chiunque per dirsi adulto e maturo.
Citare il barbaro assassinio del regista Theo Van Gogh, autore del cortometraggio Submission, senza aggiungere altro è quanto meno lacunoso. Una donna nuda, con versetti del Corano stampati sul corpo, simula le movenze della preghiera islamica mentre una voce in sottofondo racconta dei soprusi che ha dovuto patire.
Un pugno nello stomaco, non si capisce però bene rivolto a quale pubblico e con quali intenti. Un filmato che rappresentasse un prete nudo che celebra la Messa insidiando un chierichetto sarebbe il modo più adeguato a rappresentare la tragedia della pedofilia di alcuni rappresentanti del clero? Autolimitarsi nelle domande su di sé non porta lontano.
Ottimo è invece il richiamo alla catastrofe culturale — assai ben documentata — di gran parte del mondo arabo, che resta là a gridare nel deserto le ragioni vere di un fraintendimento cui davvero poco si è messo mano, privilegiando altre improrogabili priorità prevalentemente belliciste che da decenni stanno unicamente peggiorando un caotico buco nero di cui non si vede il fondo.