Vi ricordate del “Grande Cocomero”? E’ un nome ben noto a tutti i lettori dei Peanuts, le famosissime strisce di fumetti uscite dalla fantasia di Charles Schultz, oggi diventati un film, che ripropongono le avventure di Charlie Brown, Snoopy, Linus. Nella vita dei Peanuts c’è un momento dell’anno che suscita sempre la trepidante attesa proprio di Linus. Un’attesa piena di emozione, di speranza, che resiste ad ogni perplessità e scetticismo, soprattutto da parte di Snoopy. E’ l’attesa per il cosiddetto “Grande Cocomero”. Nell’originale — in realtà — si parla di “pumpkin”, che significa zucca. Tutto ciò perché il giorno di questa grande attesa da parte di Linus Van Pelt è Halloween. Quando il fumetto di Charles Schultz apparve per la prima volta in Italia, Halloween, con il suo apparato di grandi zucche forate illuminate dall’interno, scheletri e cupe figure incappucciate, risate agghiaccianti, ritornello ossessivo (dolcetto o scherzetto), non era ancora sbarcato da questa parte del mondo. Così Oreste Del Buono e i curatori dell’edizione italiana pensarono — prendendosi una certa libertà — che il pubblico del Bel Paese non avrebbe capito per quale motivo era così importante quella che da noi era la festa di Ognissanti, insignificante per chi non fosse un cattolico minimamente istruito e praticante. Così si pensò di trasformare la zucca in un cocomero che evidentemente sembrava essere più famigliare alle folle italiche che lo consumano molto volentieri (magari con l’altro suo nome di anguria) nelle calde sere d’estate. La strampalata operazione di libera traduzione ha comunque consegnato in modo indelebile alla storia (italiana) dei Peanuts questo nome.
Tuttavia, la festa del Grande Cocomero non è altro che Halloween, sentita da Linus con un fervore particolare. Perché? Bisogna intanto capire cosa sia Halloween. Un nome inglese (inglese d’America) che significa “Vigilia di Ognissanti”. Un’antica festa cattolica che si era impiantata su una precedente, antichissima, festività celtica. Anzi: per i celti il 1° novembre era Samonios, il giorno di inizio del nuovo anno. Il capodanno celtico, insomma.
L’origine del “fenomeno” Halloween è tutta americana: quell’America dove giunsero milioni di emigrati irlandesi con la loro profonda devozione per i santi, un culto oltremodo fastidioso per la cultura dominante di derivazione puritana, che nella sua attuale versione secolarizzata ha deciso di scartare il senso cattolico di Ognissanti, trattenendo nella cosiddetta Halloween l’aspetto lugubre dell’aldilà, con i fantasmi, i morti che si levano dalle tombe, le anime perdute che tormentano quelli che in vita arrecarono loro danno: un aspetto che si tenta di esorcizzare con le maschere e gli scherzi.
Charles Schultz ci dà, attraverso la profonda devozione di Linus per la Grande Zucca (chiamiamola finalmente, correttamente così), una sua visione di Halloween molto vicina alla spiritualità antica celtica — poi passata nel cristianesimo — che vedeva in questa festa un momento non di paura dei morti, ma di speranza. Per i celti la notte del loro capodanno era quella in cui questo mondo poteva entrare in contatto con l’altro, con l’Aldilà. Così Linus vive questa attesa, questa speranza di una venuta di una entità potente e benefica. La Grande Zucca non è una parodia del Sacro: è una sua manifestazione in un mondo scettico e triste. E’ una sorta di Babbo Natale. Linus vede nel Grande Cocomero-Zucca colui che lo potrà rendere felice, e lo attende con incrollabile fiducia nonostante qualche volta i dubbi lo assalgano e il mondo intero lo derida o lo commiseri. Magari si arrabbia perché il Grande Cocomero non si è palesato, oppure si dispera al momento ma poi passa e torna ad essere fiducioso nonostante tutto e tutti. Linus trova in questo suo credo una chiave di lettura religiosa del mondo: non siamo soli, c’è un Essere buono che verrà e ci farà felici, e ci ripagherà di tutte le amarezze, e ci darà la felicità.