È davvero un teatro dell’altro mondo quello che da un paio d’anni porta in scena i ragazzini della scuola Little Prince di Kibera (Nairobi, Kenya). Un altro mondo è tutto quello che sta attorno: siamo nel più grande slum d’Africa, 800mila persone che vivono in baracche in condizioni poverissime, senza servizi, con fogne a cielo aperto. È un altro mondo questa scuola che si apre nel cuore di questo agglomerato di lamiere, dove improvvisamente tutto ritrova una dimensione di ordinata normalità. Ed è di un altro mondo il teatro che gli insegnanti della Little Prince hanno avviato per tentativi e che si è rivelato in poco tempo così affascinante e attrattivo da abbattere in maniera clamorosa i tassi di assenteismo nella scuola. Una crescita di interesse e di partecipazione fuori dal comune dentro una struttura piccola, con un palco che rialzandosi andava a schiacciarsi contro un soffitto troppo basso. Ma non  c’è stato limite tecnico o di struttura che abbia potuto impedire al Teatro della Little Prince di mettere in scena uno spettacolo su Pinocchio così bello, da vincere il premio Collodi, nel settore degli spettacoli internazionali.



Un giorno gli amici della Little Prince sono venuti a bussare alle porte di chi teatro lo fa a Milano o di teatro è appassionato. E così non solo è nata un’amicizia ma ci si è dati anche un obiettivo: raccogliere i fondi per adeguare quel teatrino alle esigenze così cresciute e rafforzare gli scambi formativi tra Milano e Kibera. E siccome quel teatro non aveva ancora un nome, per tutti è stato facile trovarlo: sarebbe diventato il Teatro Banterle — o meglio, Banterle Theatre —, dal nome del grande amico che aveva fondato gli Incamminati e che per il teatro ha speso con entusiasmo, passione e intelligenza la sua vita. Ha iniziato Franco Branciaroli a finire i suoi spettacoli in giro per l’Italia con una chiamata agli spettatori perché, amando il teatro, sostenessero con una donazione quel “teatro dell’altro mondo”. Quest’estate la stessa cosa è stata fatta da Gabriele Allevi che dirige il bel festival Desidera, dislocato in tutta la Bergamasca. E ora arriva l’appuntamento conclusivo (lunedì 16, ore 20.30; ma è tutto esaurito) al Piccolo Teatro Studio di Milano: un concerto reso possibile grazie alla generosità di sette orchestrali della Scala e dallo spirito di ospitalità di Sergio Escobar, direttore del Piccolo, e sincero estimatore di Banterle. 



È una serata particolare, che nelle sue dinamiche ha superato ogni attesa. Molto concretamente per la risposta straordinaria delle persone che hanno portato in pochissimo tempo al sold out del teatro. Ma la sorpresa è stata soprattutto un’altra: veder rivivere in questa esperienza e in questa amicizia, il senso profondo del fare teatro che era proprio di un amico come Emanuele Banterle.

Sulla targa affissa all’ingresso della sala di Kibera (una targa coloratissima e piena di energia, realizzata da Matteo Negri) sta scritta una frase che rende in modo stupendo il senso di questa avventura. Una frase con la quale Banterle aveva voluto riassumere il senso del suo lavoro: «Se il teatro non parla all’uomo, non comunica, diventa assurdo o inutile. Per comunicare deve mettersi in sintonia con il cammino dell’uomo, deve correre il rischio di affrontare l’uomo concreto e di misurarsi di lui».