In merito a quanto accaduto la sera di venerdì 13 novembre, mio malgrado devo constatare di essere stato profetico con un mio articolo qui pubblicato in data 4 febbraio nel quale analizzavo come il mondo occidentale si fosse messo in scacco da solo nei confronti dei terroristi dell’Isis, con una serie di comportamenti e decisioni dei propri governanti che con il passare degli anni e dei decenni hanno inasprito e offerto il fianco a questi comportamenti degenerati mascherati di religiosità. Ci tengo a dirlo forte e chiaro, per me sono totalmente ingiustificabili e censurabili le vigliacche gesta terroristiche contro cittadini inermi, indifesi e impreparati a tali violenze.
Ma qui sta il punto, perché anche noi occidentali tolleriamo che con i soldi delle nostre tasse si producano letali ordigni esplosivi che poi vengono utilizzati e sganciati su obiettivi non sempre militari, in zone del mondo nelle quali sistematicamente tendiamo a gestire a nostro vantaggio problematiche che vedono interessate altre parti in causa. Secondo la logica de “il nemico del mio nemico, è mio amico”, abbiamo dapprima sostenuto e fatto affari con dittatori sanguinari, dopodiché sostenuto coloro che li combattevano per rovesciarli ribattezzati superficialmente “ribelli”, che in realtà erano fanatici estremisti islamici, e ora, a bubbone esploso e propagato, non si sa come porvi rimedio! Sì, perché un intervento armato nei territori dell’autoproclamato Califfato di al-Baghdadi sarebbe oltre che costoso in termini economici per un mondo che ha appena conosciuto il dramma di una crisi economica con pochi precedenti, rischioso in termini di conseguenze sui nostri territori per l’azione dei cosiddetti “lupi solitari”, se non di vere e proprie cellule dormienti.
E sopra tutto questo c’è l’indolenza dell’uomo occidentale a misurarsi con un fenomeno così drammatico e così “maschio” come il sacrificio umano più estremo, la morte! Sì, perché la scala di valori che regna nella civiltà occidentale è esclusivamente ridotta alle “cose”, al consumismo, all’ostentazione, non esistono valori collettivi che unificano le persone, ognuna fa da sé, anzi, se può realizzarsi schiacciando “il prossimo suo” non si fa certamente scrupolo. L’ultima generazione che ha conosciuto valori collettivi è quella che ha vissuto da vicino il dramma dell’ultimo conflitto mondiale o comunque la generazione immediatamente successiva che ne ha visto le conseguenze fatte di distruzione, privazioni e miseria, ma che tuttavia erano sostenute dalla fiducia verso il futuro, voglia di vivere e un minimo di valori d’onestà e appartenenza condivisi.
Ora siamo all’atomizzazione più totale, i concetti di comunità e collettività sono buoni per la retorica dei politici e per i dizionari, ma non hanno più nessuna concretezza nella vita di tutti i giorni, ciò che conta è non rimanere indietro nella corsa al consumismo, ad acquistare l’ultima automobile, l’ultimo telefonino di grido, sentirsi fighi con il profumo che ti fa credere di avere i muscoli scolpiti come quello della pubblicità, e via di questo passo. È un mondo totalmente privo di valori che dovrebbe scontrarsi con un mondo che invece è granitico nel suo (folle) credo religioso di conquista, che sa essere una comunità, ed è formato da persone disposte a perdere la loro vita per un ideale! Folle, sì, ma per loro di ideale si tratta.
Per cosa l’uomo occidentale è disposto a perdere la propria vita, quali manifestazioni pubbliche abbiamo di questo sacrificio estremo? Forse la gente che sgomita notti prima dell’apertura di un noto negozio di telefonini per averne l’ultimo modello? O quando qualche catena di informatica offre mercanzia con superofferte scontate, dove la virilità di manifesta nel tornarsene a casa con un televisore o un tablet a 1 euro?
Siamo intrinsecamente, culturalmente, moralmente impreparati a sconfiggere l’Isis, la nostra scala di valori non contempla che concetti riconducibili a cose fisiche, status symbol, esteriorità, che denotano un totale vuoto di valori interiori. Il benessere e il consumismo elevato a valore di vita quotidiana e da esportare, ci ha infiacchito e reso inermi verso il male, che ormai decliniamo nel “mangiar male” o nel “vestir male”.
Anche la reazione a quanto accaduto a Parigi ne è un emblema, con le persone che pensano a postare frasi, foto e immagini sui social network, oppure accendendo una fiammella in ricordo, lavandosi così la coscienza e pensando di aver fatto la propria parte nel mondo in merito a questa vicenda. Chiedo, banalmente, quanti hanno detto una, anche solo una preghiera? Quanti hanno dedicato un momento del proprio weekend alla riflessione su quanto accaduto? “The show must go on”, nel “Truman Show” del mondo occidentale tutto scorre, l’importante è non guastare l’imminente consumismo natalizio, magari ammantandolo proprio della motivazione di far vedere che questi vili attacchi terroristici non ci spaventano nella nostra quotidianità.
Invece ci spaventano, ma non abbiamo altra scala di valori che consumare, spendere, ostentare, e quando qualcuno ci sbatte il male dinnanzi agli occhi, il primo pensiero è: “non è un videogioco!” Già, non lo è!
Io non credo che l’Isis e i suoi uomini conquisteranno l’Occidente, ma loro sanno benissimo quanto siamo terrorizzati dall’idea di dover rischiare la vita per dei valori, anziché per accaparrarci un televisore a prezzo stracciato.
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