Quando nel mistero di Milosz Miguel Mañara l’abate introduce il protagonista alla pazienza della vita monastica, lo ammonisce così: “Voi non siete venuto qui, signore, per essere torturato. La vita è lunga, qui. Occorrono un’infanzia e un’educazione, una giovinezza e un insegnamento, una maturità ansiosa di conoscere il giusto peso delle cose, ed una lenta vecchiaia, innamorata della tomba”.
La poesia suggerisce spesso qualcosa di più della lettera del testo e in questo caso le parole dell’abate non sembrano riguardare soltanto il monaco, ma la vita di ogni uomo. Nessuno viene al mondo per essere torturato, anche nei casi più dolorosi di infermità o di miseria. La nascita è il primo atto di una vita buona, è la promessa di un cammino che si apre su un mattino in cui la luce ha già vinto l’oscurità della notte. Il tempo che passa scandisce i passi di una via che può trovarci “sia tra due siepi di gelsomino, al braccio di una fanciulla, sia da soli tra due file di tombe allineate” e nell’esistenza di ognuno ai periodi di incanto si succedono quelli del dolore. All’impeto dell’infanzia e della giovinezza segue la calma dell’età adulta: una maturità ansiosa di conoscere il giusto peso delle cose, così viene definita nelle parole rivolte al brillante cavaliere, toccato dalla Grazia e deciso a mutare vita.
Che immagine pacificante di prudenza e di operosità si trova in questa frase. Essa non indica la figura di un uomo preda del disincanto, di uno che sa ormai tutto della vita e si siede sulle certezze guadagnate nel corso di anni ricchi di successi e di sconfitte. Disegna invece una persona in cammino, che sa dove va e nello stesso tempo è attenta a ciò che incontra lungo la via e assegna alle cose il valore che si meritano al fine di raggiungere la meta.
Non è neppure la stretta misura del calcolo, quanto piuttosto una sorta di profondità serena con la quale si guarda la vita e la si giudica per quello che è, un dono ricevuto con il compito di restituirlo accresciuto del proprio apporto. Non è nemmeno l’assenza di passione, ma anzi un’intensità di relazione con tutto ciò che esiste, perché è tenuto in vita da un amore più grande e ad esso rimanda. Un uomo così non si attarda sul lamento delle cose passate irrisolte e di quelle presenti che possono diventare un inciampo. Cammina portando il peso della giornata, con la leggerezza di un passo governato dalla speranza e illuminato dalla gioia.
Non è facile per nessuno giungere a simile maturità, ma è possibile desiderarlo. Allora la vita, anche quella più comune, offrirà degli incontri in cui, seppure per frammenti, saranno abbozzati i tratti di persone che hanno saputo far tesoro del passare degli anni. Possono essere i santi che più incarnano questo equilibrio, le testimonianze depositate nei libri di chi ha saputo descrivere l’esperienza della vita in modo bello e convincente, ma anche le persone che incontriamo ogni giorno e che rivelano tratti di una saggezza semplice e solida, gli amici più cari di cui vediamo il cammino e da cui impariamo a mettere un passo dopo l’altro. Allora l’aria diventa più pura e la vetta non è sognata, ma perseguita.