Talvolta ci vuole una donna per parlare di Maria vergine. Gertrud von Le Fort, convertita alla fede cattolica nel 1926, così scrive di lei, nel saggio La donna eterna: “Storicamente il dogma dell’immacolata concezione è stato promulgato molto tardi, ma metafisicamente è al principio del mistero di Maria, si immerge nello splendore dell’alba della creazione. Il dogma dell’immacolata ci raffigura quello che era l’uomo prima della caduta, ci rappresenta i tratti della creatura prima che fossero profanati, l’immagine di Dio nell’umanità”.
Forse per questo ella è baluardo contro il Male, perché non ne è stata toccata. E’ la turris eburnea, la virgo potens cantata nelle litanie, ma è anche l’ancilla Domini, colei che in piena libertà ha detto il suo sì all’angelo. “L’umile fiat con il quale essa risponde – continua la scrittrice – è carico di tutto il mistero della redenzione dal punto di vista della creatura. Perché, di fronte a Dio, l’uomo non può partecipare alla propria redenzione che attraverso la disponibilità di un dono di sé incondizionato. Maria rappresenta la potenza dell’offerta del mondo sotto l’aspetto nuziale della donna”. Dunque il culto a lei rivolto consiste nell'”invocare la capacità di accoglienza e il dono di un essere umano, dunque penetrare nel segreto della cooperazione con Dio, la cui azione soltanto è efficace”.
Anche Charles Péguy ha compreso singolarmente il mistero dell’Immacolata e lo ha cantato con la sua poesia litanica, che ripete e aggiunge immagine dopo immagine e quasi culla il pensiero del lettore: “A tutte le creature manca qualcosa, e non soltanto di non essere Creatore. A quelle che sono carnali, lo sappiamo, manca di essere pure. Ma a quelle che sono pure, bisogna saperlo, manca d’essere carnali. Una sola è pura essendo carnale. Una sola è carnale insieme, essendo pura. E’ per questo che la santa Vergine non è solo la più grande benedizione che sia caduta sulla terra. Ma la più grande benedizione stessa che sia scesa in tutta la creazione”.
Quasi si può immaginarlo, questo uomo pieno di ardimento e di dolore, pellegrino verso l’amata cattedrale di Chartres nella ricchezza della piana che la circonda, cosparsa di basse case e di covoni. Porta con sé i suoi amici assenti e i loro cuori desolati, la spossatezza e la forza dei suoi fratelli uomini. “Stella del mattino, inaccessibile regina, ecco che noi camminiamo verso la vostra illustre corte, ed ecco il vassoio del nostro povero amore, ed ecco l’oceano della nostra immensa pena”. Non sta bene andare da una regina a mani vuote. Ed ecco, a te che sei Regina degli Angeli, dei Patriarchi, dei Profeti, degli Apostoli, dei Martiri, di Tutti i Santi il dono umilissimo dei nostri giorni quotidiani in un tempo che sembra dissolvere le cose buone ricevute dai padri.