Oggi non è un giorno felice per la democrazia e per la stessa lotta contro l’antisemitismo, che rialza la testa, come una bestia non doma, in diverse parti anche dell’Europa.
Il Senato italiano infatti ha approvato, in prima lettura, una proposta di legge che finisce per equiparare una posizione storiografica come il negazionismo (assolutamente minoritaria e ininfluente nel dibattito tra gli studiosi) all’istigazione alla violenza e allo sterminio.
Il punto da cui partire è il seguente: la (ricerca della) verità storica non può essere affidata al potere politico nè a quello dei tribunali dello Stato.
Purtroppo Matteo Renzi è mal consigliato e invade gagliardamente un campo che non è suo, come quello storiografico. Se voleva accreditare un’accusa di natura esclusivamente politica come quella mossagli da Berlusconi di essere in preda ad “una deriva autoritaria”, non c’era nulla di meglio che accelerare l’introduzione nel nostro ordinamento il reato di negazionismo.
Era inevitabile che i professionisti dell’antimafia (irresponsabilmente non rottamati) tentassero, prima o poi, di stornare da sé il privilegio di essere in parlamento da diversi decenni, ripetendo la stessa litania, con l’inventare — come è stato fatto oggi — la creazione di un ceto analogo come quello dei professionisti dell’antisemitismo. Il senatore del Pd Giuseppe Lumia può dirsi soddisfatto, con la propria cattiva coscienza, per essere riuscito in questa impresa di estendere la rendita di posizione e aver creato un altro vitalizio.
Che cosa dire di una cultura politica, e del voto, dii senatori che affidano ad armi improprie come la paura delle leggi dello Stato e delle sentenze dei tribunali l’esito della ricerca scientifica? La risposta non può essere dubbia, anche se è molto spiacevole. Questo vasto numero di parlamentari non hanno molto da spartire col liberalismo. La loro decisione di approvare una legge che gronda spirito autoritario e intolleranza è prevalentemente figlia, temo, del fascismo e del comunismo. O forse solo del conformismo, del sonno della ragione così profondo nell’ultimo decennio. La cultura e la tradizione liberale non c’entrano nulla.
I dispotismi, e chi li prepara, hanno avuto sempre bisogno di martiri da ergere come bandiere. Non vorrei che una storiografia mediocre, che cerca di spuntarla sull’enorme documentazione concernente lo sterminio di milioni di ebrei, omosessuali, bambini e vecchi, oppositori del nazismo, finisse per poter fare leva sull’interdizione delle sue povere idee per occupare nella cultura italiana ed europea lo spazio che finora non è stata in grado di conquistare. E nel dibattito, combattere gli argomenti di chi può vantare il ruolo di perseguitati dalle leggi, non è per nulla facile.
Mi chiedo anche come domani si possa dire di no alla richiesta di esorcizzare il nome di Stalin, di Truman o di Churchill per avere autorizzato lo sterminio di intere popolazioni e la distruzione di numerose città, anche con bombardamenti efferati, compreso l’uso delle bombe atomiche. Per imporre il comunismo o porre fine ad una guerra già persa.
Le verità storica convive col revisionismo, è cioè indissolubile dall’esistenza di dubbi e da eventi, anche documentali, che possono minare ogni certezza. Ma se lo spazio della discussione scientifica viene occupato dalla paura di una sanzione giudiziaria, cioè di una condanna, come induce a pensare la decisione del Senato, questo dovrebbe significare che gli argomenti della Shoah sono finiti sotto il segno di una grande debolezza.
E’ davvero questo l’obiettivo che intendeva perseguire la maggioranza parlamentare che oggi ha approvato la proposta di legge — inutile e pericolosa — per contrastare la diffusione del negazionismo? Onore a Elena Cattaneo che ha levato netto e forte il dissenso degli studiosi e dei ricercatori da questa improvvisazione politica.