Pubblichiamo il discorso che Luca Volontè, direttore generale della Fondazione Novae Terrae, ha tenuto alla Camera dei Lords nell’ambito del gruppo di lavoro organizzato dalla baronessa Ellen Margaret Eaton sul tema della protezione dei bambini e della famiglia, 17 marzo 2015.
Nell’ultimo libro della trilogia cosmica di C.S. Lewis (Quell’orribile forza, pubblicato nel 1945 a Londra), il protagonista della saga, Prof. Ransom, si trova ad affrontare le malefiche sperimentazioni dell’Ince, l’immaginario Istituto Nazionale per il Coordinamento degli Esperimenti molto simile alla attuale “Human Fertilization and Embryology Authority”.
Allora l’Ince era immaginato come il “primo frutto di quella fusione strutturale tra lo Stato e il laboratorio, su cui tanti benpensanti basano le loro speranze per un mondo migliore… esso non avrebbe dovuto sottostare a nessuna delle noiose restrizioni (burocratiche) che hanno finora intralciato la ricerca in questo Paese”.
Nel romanzo il Senato accademico di Edgestow decide di vendere il bosco di Bragdon a questa terribile istituzione. Sul finire del libro, nel dialogo tra Merlino e Ramson emergono molte delle preoccupazioni di oggi, “Il veleno fermentato in queste terre di occidente ma ormai si è sparso dappertutto. Per quanto si vada lontano si trovano dappertutto… uomini resi pazzi da false promesse e inaciditi da miserie reali, che adorano le opere di ferro che hanno essi stessi costruito, tagliati fuori dalla Madre Terra e dal Padre che sta nei Cieli… Un’orribile forza tiene in pugno tutta questa Terra… se non fosse per un loro errore, non rimarrebbe alcuna speranza, la loro stessa forza li ha traditi”.
C’è oggi una grande e diffusa preoccupazione circa taluni “esperimenti” in Gran Bretagna, quasi si stesse mettendo in pratica il romanzo di Mary Shelley su Frankenstein e Frankenstein stesso fosse superato, con l’uso della tecnica moderna.
Di quale errore parla Ramson? La superbia dell’uomo che si crede e si mette al posto di Dio e quindi fa ciò che pare e piace agli altri uomini, a partire dai più deboli e indifesi. E’ esattamente la “cultura dello scarto” di cui parla Papa Francesco.
In Olanda il caso dell’associazione di Vereniging Martijn si è concluso dopo 5 anni di discussione solo il 2 febbraio scorso (2015). Dal maggio 2013 i bambini disabili entro la 20esima settimana sono abortiti. Come dobbiamo commentare gli scandali sulla pedofilia in UK, dal caso Seville-BBC agli abusi di gruppi della comunità pakistana su giovani inglesi emersi la scorsa estate? Ancora oggi, i quotidiano inglesi hanno in prima pagina sospetti di connivenze e nuovi orribili casi di pedofilia, in cui pare che la polizia, membri del Parlamento ed élites siano stati coinvolti per decenni.
Poi c’è il caso più recente in Gran Bretagna della creazione di un embrione con il materialegenetico di tre persone, una presunta “cura” alla malattia mitocondriale per via materna che può avere effetti devastanti, variabili da paziente a paziente. Studi scientifici recenti hanno dimostrato che il trasferimento del mitocondrio e la modificazione degli ovuli nei mammiferi presentano dei rischi enormi per la salute. Ma per “donare” il mitocondrio, la donna deve essere sottoposta a numerose e aggressive stimolazioni ovariche che possono essere letali. Si apre qui l’altra grande questione dello sfruttamento del corpo femminile. Dove sono i movimenti per la difesa dei diritti delle donne, così attivi negli scorsi decenni e ora silenziosi?
Aggiungo che ci sono fior fiore di documenti e dichiarazioni internazionali che vietano la manipolazione di ovuli umani e di embrioni per mezzo di interventi ereditabili. Tra questi, ricordiamo l’Articolo 4 della Dichiarazione Universale sul Genoma Umano e i Diritti Umani dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (Unesco), dove si indica che «interventi sulla linea germinale» possono essere considerati come pratiche che sono «contrarie alla dignità umana». Non è questa una scelta che ripropone la schiavitù delle donne e condanna i bambini a nuove schiavitù? Proprio nel Regno Unito, più di un secolo fa, ci fu “l’abolizione del commercio degli schiavi. La campagna che portò a questa legislazione epocale, si basò su principi morali solidi, fondati sulla legge naturale, e ha costituito un contributo alla civilizzazione di cui questa nazione può essere giustamente orgogliosa” (Papa Benedetto XVI alla Westminster Hall, 17 settembre 2010). L’UK vuole essere ricordata per aver per prima abolito il commercio degli schiavi nei secoli scorsi o per averlo per prima reintrodotto nel XXI secolo?
La marginalizzazione della religione nello spazio pubblico e l’abolizione festività natalizie, sempre più frequente, non sono in realtà richieste da altre comunità religiose, sono frutti gravi di un multiculturalismo che prevede la sistematica abolizione delle identità e con esse la pericolosa limitazione dei diritti umani, tra cui il pieno diritto alla libertà religiosa. Le diverse legislazioni europee contro la discriminazione di genere, anti-omofobiche o sull’hate speech limitano fortemente la libertà di espressione, di associazione e coscienza personali. Casi di “predicatori di strada” arrestati per aver solo letto la Bibbia, purtroppo persistono.
Noi dobbiamo promuovere il pieno rispetto e la piena attuazione delle leggi sulla libertà di parola e delle leggi sulla “non-discriminazione”: lo faremo per la nostra libertà, ma allo stesso tempo per la stessa vita della democrazia liberale inglese.
Vengo al tema dell’obiezione di coscienza. Alcuni rapidi riferimenti: la legge sull’eguaglianza del 2008 che vieta in Gran Bretagna alle agenzie cattoliche l’affido di bambini; la recente decisione Eu, 2008, Doc. Network of Indipendent Experts on Foundamental Rights, che di fatto impone ai governi limiti alla libertà di coscienza, soprattutto per i medici. Stessa idea in McCafferty Report, fortunatamente sconfitto in Assemblea Coe il 7 ottobre 2010. Nella scorsa settimana, all’Onu si è dibattuto sul rispetto della libertà di coscienza.
Vale la pena ricordare la memoria fatta da Papa Benedetto XVI nel suo discorso a Westmister su San Tommaso Moro: “San Tommaso Moro, il grande studioso e statista inglese, ammirato da credenti e non credenti per l’integrità con cui fu capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di cui era ‘buon servitore’, poiché aveva scelto di servire Dio per primo”. Allora tutti i membri del Parlamento inglese applaudirono e apprezzarono le parole del Papa. Come mai dopo solo cinque anni, nei giorni scorsi, solo 48 membri della Camera dei Lords si sono opposti alla sperimentazione dei “tre embrioni”?
Quando si afferma che ogni diritto sancito per legge, diritti umani inclusi, sono sempre modificabili e dunque alla mercé della maggioranza politica e parlamentare di turno, si ritorna all’assolutismo del Sovrano, al tempo precedente la Magna Charta Libertatum di cui celebriamo quest’anno l’800esimo anniversario.
Infatti, i diritti umani così come sono emersi nella storia non solo giuridica dei secoli scorsi, hanno l’esplicita funzione di limitare la sfera di intervento del Sovrano, della maggioranza assolutista o tirannica dei parlamenti, per dirla con le parole di Alexis de Tocqueville. Qui si capisce bene perché le nostre ragioni sono valide per tutti, per tutti coloro che vogliono una società democratica.
L’altro pericolo di rilievo odierno è certamente il mercato dei diritti umani, un mercato globalizzato, di fatto gestito da poche Corti e organismi internazionali e lobby che ne influenzano le decisioni a seconda di interessi di parte. L’esito di tutto ciò, molto chiaro ai cittadini inglesi, è l’eccessivo potere delle Corti europee, la loro mancanza di rispetto di ogni margine di apprezzamento nazionale, cioè della sussidiarietà, come delle continue stravaganti risoluzioni e raccomandazioni approvate da maggioranze temporanee ed eterogenee al Parlamento europeo, attraverso le quali si vuole imporre tutto e il suo contrario, violentando le competenze e le prerogative degli Stati membri.
In UK e in taluni Paesi europei affrontiamo sempre più il tema dell’introduzione della eugenetica, oggi chiamata con nomi diversi e più suadenti.
L’eutanasia introdotta in Olanda e Belgio, tra i primi, verso i malati terminali e successivamente nello scorso inverno in Belgio per i bambini, anche senza il consenso dei genitori dal 16° anno; la lenta marcia delle legalizzazione della pedofilia, l’abbassamento della soglia del consenso per i rapporti sessuali, il “testamento biologico” (living will), la scomparsa dai paesi Ue dei bambini down, gli aborti per difetti alla spina dorsale e alle labbra: tutta questa catena di casi, via via apparsi alla ribalta delle pagine dei mass media internazionali degli ultimi anni, sono la dimostrazione palese del grande ritorno dello spirito e della pratica eugenetica nei nostri Paesi occidentali, Ue e Usa inclusi.
G.K. Chesterton, a me particolarmente caro, ha scritto una bellissima raccolta di saggi e articoli polemici contro questa putrida ideologia. Eugenics and other evils, pubblicato nel 1922, può darci molti spunti di riflessione sull’attualità della sfida in atto. Il dibattito in UK iniziò nel 1865 con un articolo di Sir Francis Galton pubblicato sul McMillian’s Magazine, sul tema del “talento e dei caratteri ereditari” e continuò per molti decenni successivi con C.W. Saleeby (Il progresso dell’eugenetica, 1914) sino a Mr. Pearson che affermava che “fin dalla nascita si devono setacciare i caratteri della nuova umanità”. La Cambridge University Eugenics Society si spingeva nel 1912 ad elaborare una puntuale regolazione per la “selezione della specie”.
Ovviamente “aborti selettivi” e “obblighi di sterilizzazioni”, così attuali oggi nelle politiche di tante Ngo’s e “accordi bilaterali” di diversi governi, erano inclusi. Così gli inadatti devono essere eliminati o stigmatizzati, non solo i “disabili” o i bambini down, ma anche, progressivamente, gli alcolisti o i semplici bevitori di birra, i fumatori di sigaro, gli appassionati di carne bovina (oggi è di moda il veganesimo) e così via.
Queste semplici osservazioni ci spronano a rilanciare le nostre proposte sulle “cure palliative”, come unica via per rispettare la dignità umana dei pazienti e la cura della famiglia e il bene della comunità.
Così, da quel 5 giugno 2006, dall’annuncio della clonazione della pecora Dolly da parte di Sir Ian Wilmut, sono passati solo 9 anni prima della sperimentazione autorizzata dal Governo inglese sull’embrione con tre gameti di persone diverse, passando dalle chimere (2006) e dalla sperimentazione di cloni uomo-animale (2007, Governo Blair e solo a scopo curativo). Sempre di quegli anni è il lancio della campagna di produzione di 10mila persone in Gran Bretagna per contrastare il calo demografico. La campagna, i cui esiti dovreste investigare, è stata finanziata dal Governo inglese, dalla European Society for Human Reproduction and Embryology e dalla Fessing Pharmaceuticals.
Il Mental Capacity Act, che a me pare abbia un spirito eugenetico, è stato approvato dal Governo inglese nel 2005. Ancor più preoccupante è la recente approvazione da parte del Parlamento dell’aborto selettivo in base al “sesso” dell’embrione. Una violazione del diritto del nascituro, della donna e delle mamme. Esso è stato bandito dal Consiglio d’Europa nel 2011, dunque la decisione inglese mi pare grave.
Non c’è limite se pensiamo che il 13 dicembre del 2006, all’approvazione della Convenzione dei Diritti dei Disabili, l’Onu e la stessa Unicef, su denuncia della rivista Lancet, venivano accusati di promuovere la “precoce individuazione delle malattie dei disabili” e di conseguenza “usare appropriati interventi” (cioè l’aborto). Sono gli stessi anni in cui il programma “Reach” della Ue, recensito su Science nel 2005 e approvato definitivamente nel 2009, invita i Paesi Ue a “sperimentare i test cosmetici sugli embrioni piuttosto che sugli animali”. Memorabile la folle proposta del prof. John Harris di Manchester al Royal College of Obstetricians and Gynecology dell’ottobre 2007: “Difendo l’aborto… credo nell’uccisione dei bambini non nati, è possibile costruire creature su ordinazione, così che quelle costruite e quelle normali non riusciranno più ad incrociarsi. Voglio una specie diversa!”. Mercato della maternità, di bambini neonati, esaltazione della selezione eugenetica: stiamo scivolando verso l’incubo dei totalitarismi del secolo scorso.
“Cosa è accaduto all’uomo di questo umanesimo ateo?”, si chiedeva nel 1945 il filosofo e teologo francese Henri De Lubac. “Esso è divenuto un essere che appena si osa ancora chiamare con questo nome, una cosa che non ha più interiorità, una cellula interiormente immersa in una massa in divenire, un uomo sociale e storico di cui non resta che pura astrazione. Niente impedisce perciò di utilizzarlo come una materiale o uno strumento, nulla impedisce di gettarlo via come inservibile. In realtà non c’è più l’uomo perché non c’è nulla che trascenda l’uomo”.