Emmanuel Mounier diceva: «Lavorare, studiare è fare un uomo prima che fare un’opera». Se studiare, come domani lavorare, non è la strada della conoscenza di sé, allora non c’è studio, impegno sociale o iniziativa culturale che regga. Lo scopo fondamentale per cui val la pena studiare per noi oggi Dante, ha come motore principale proprio quell’antico Nosce te ipsum: conosci te stesso, conoscere, cioè quell’abisso di mistero che ognuno di noi è. Dante è l’homo viator, ma ancor di più, l’Everyman di cui parla Singleton, è Ogni Uomo e Qualsiasi Uomo che sia in viaggio nell’avventura suprema per conoscere quel «misterio eterno dell’esser nostro», di cui parlava anche Leopardi. 



Da qui nasce la proposta di quest’anno di Esperimenti danteschi, che affonda, però, le sue radici nel 2004, quando la riforma della didattica universitaria procede ad una drastica riduzione dello studio dei canti della Divina Commedia. Ad un primo sconcerto si contrappone il vivo desiderio di tre studenti amici di mettersi in gioco per coltivare l’ardente passione per il Poema: l’immergersi nella lettura e nello studio dei canti è proporzionale al riacutizzarsi del loro interesse, che contagia molti altri amici, tanto da approdare, l’anno successivo, all’organizzazione di un seminario di incontri. 



Inizia così con l’Inferno il ciclo delle lecturae dantis che ha, sin da subito, risultati inaspettati: aula universitaria piena, professori — provenienti perfino dall’America e dall’Australia — che, affascinati ed incuriositi, chiedono di essere tenuti aggiornati sulla vita dell’associazione, e altri, invece, che non potendo partecipare alla sessione richiesta si prenotano per poter presenziare l’anno successivo. Non per il successo ma per la passione originaria l’iniziativa si ripete gli anni successivi, concludendo in sei anni, per due volte consecutive, la lettura ed il commento dell’intera Commedia



Dal 2011 la fisionomia degli incontri cambia radicalmente: non più lecturae dantis, ma lezioni dal taglio monografico. L’idea sorta quest’anno è nata dalla volontà di alcuni tra noi, amici e compagni di studio, di riprendere in mano dall’inizio la Commedia sulla base dell’interesse comune di ripercorrere l’iter dantesco, dall’inizio, così come Dante lo ha affrontato, così come ce lo ha lasciato, seguendo fedelmente il suo cammino, sin dalla «selva», in una prospettiva nuova, che rende l’iniziativa di quest’anno differente da una qualsivoglia lectura dantis. Affiancati da numerosi saggi critici, e con l’aiuto dei professori interpellati, abbiamo riletto il cammino dantesco nell’ottica di verificare il contributo che i diversi incontri con le anime arrecano alla crescita spirituale di Dante, un Dante personaggio, integralmente umano, che sorprendentemente, nella storia della letteratura, dice “io”. 

C’è infatti nella Commedia una novità assoluta: se Omero ha il suo eroe, Ulisse; Virgilio il suo, Enea; anche Dante ha il suo eroe e si chiama Dante. Dunque Dante non ha altro eroe se non se stesso: oltre ad essere soggetto pienamente storico, è contemporaneamente autore e protagonista, come ognuno di noi nella propria vita. 

La prospettiva è affascinante e finora stiamo raccogliendo, nel corso delle varie lezioni, ottimi frutti — spesso al di là delle nostre stesse aspettative — che offrono, ancora oggi, spunti realisticamente innovativi, rispetto anche ai passi più noti e studiati della Commedia. E’ importante ricordare che la sussistenza di quest’iniziativa nel corso degli anni non è mai risultata scontata e mai è stata portata avanti sulla base di un automatismo: gli aspetti che ne permettono ancora oggi, non la sopravvivenza, bensì un continuo rinvigorimento, sono molteplici. 

Senz’altro varie e numerose, nella nostra Università, sono le iniziative culturali, tuttavia per noi l’adesione a Esperimenti danteschi è risultata una scelta pressoché obbligata: Dante per noi è stato, e continua ad essere, qualcuno in cui ti imbatti in modo così decisivo da non poter restar indifferente, è uno che entra a un certo punto nella vita, quasi sia venuto a cercarti. Certamente frequentando la facoltà di Lettere non è difficile che questo accada, ma la potenza con cui Dante ci si è imposto è stata davvero impressionante, perché è una dinamica, un incontro sperimentato da noi tutti, in tempi e modalità diversi, ma è accaduto e ogni volta riaccade: quando meno te lo si aspetti, quando magari stavi cercando altro e ti stavi girando da un’altra parte, lui all’ultimo si mette davanti, e tu intravedi una verità tale, per te, per la vita, che non puoi far altro che seguirlo. Dante è questo. Puoi scegliere di vivere da pusillanime, come le anime del canto III dell’Inferno, come il Dante della «selva», o da uomo che, di fronte all’umana miseria, attanagliato dalla paura, accetta di far un cammino e di essere guidato. 

Più ci si addentra in questo studio, tanto più ci si inoltra nella profondità della conoscenza di se stessi, del mistero dal quale e per il quale siamo fatti. Tutti. Conoscersi è l’impresa più grande e ardua della vita, richiede un cammino, fatica, come del resto tutte le cose: Dante ci mostra in maniera straordinaria come la vita dell’uomo possa essere vissuta appieno, da uomini veri, senza censurare niente della nostra umanità e non accontentandosi mai; chi legge la Commedia infatti sa che, in ultima istanza, non si rimane mai sazi e, procedendo, le questioni non si esauriscono, ma restano aperte, perché anche di fronte alle risposte o alle spiegazioni che sembra di poter ricavare, non si può rimanere comodamente appagati; il viaggio di Dante non termina dinanzi ad un confine umano, ma solo davanti a Dio, perché per meno di Dio l’uomo non è fatto. Lo stesso Dante lo ricorda al lettore nel canto XXVI dell’Inferno con Ulisse: «Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza». 

Giulia Asselta
Riccardo Delcarro
Mattia Gennari 
www.esperimentidanteschi.it