Negli ultimi due anni si è svolto un duello accanitissimo tra l’amministrazione della regione di Perm’ (Urali) e l’associazione che si era assunta la gestione di un museo molto speciale: l’unico museo dell’ex-Urss aperto entro la struttura originale di un lager politico. Sepolto nei boschi, a decine di chilometri dalla città, e sparso su un vasto territorio, il campo con le sue varie strutture era stato ritrovato e riattato da studiosi che, insieme a gruppi di volontari, perlopiù studenti, hanno pulito, ricostruito, piantato targhe e cartelli illustrativi: qui c’era il cimitero del lager, qui la segheria, qui le celle di punizione. Un lavoro che andava avanti da anni e aveva fatto diventare l’ex lager Perm-36 la meta di molti viaggi d’istruzione di scolaresche russe. Un equivalente di quello che è per i ragazzi europei un viaggio ad Auschwitz. Certo Perm-36 non era stato lager di sterminio, ma era ugualmente un luogo abbastanza tremendo, che contava le sue vittime, tanto più tragiche quanto più risalivano ad epoche recenti: il grande poeta ucraino Vasil Stus vi è morto nel 1985, in piena perestrojka.



Poi il vento politico è cambiato, la memoria del passato è diventata a senso unico: non si vogliono più ricordare le atrocità, gli errori, ma solo i trionfi e i miti. Così il XX secolo si è ridotto soltanto alla grande vittoria sul nazismo, mentre i lager, le deportazioni, sono diventati un accidens di cui non vale la pena parlare. Il Museo Perm-36 ha incominciato a incontrare varie difficoltà di tipo amministrativo, e dopo un lunghissimo braccio di ferro con le autorità locali è stato chiuso, per essere riaperto come Museo statale sotto nuovi auspici.



Da quel momento l’ex lager è diventato un’esposizione che illustra i metodi di detenzione usati nell’Urss, le soluzioni logistico-amministrative applicate al lavoro forzato. Apparentemente neutra, questa impostazione di fatto violenta la memoria e il significato dei fatti storici lì accaduti.

Poi, a coronare il nuovo corso, è venuta la Notte dei Musei, un’idea innovativa nata a Berlino nel 1997, un’apertura notturna pressoché gratuita per attirare la gente a visitare i luoghi e le collezioni d’arte di casa propria, che di solito non visita e non conosce. Anche la Russia partecipa a questa iniziativa, il Museo Pushkin di Mosca, l’Ermitage di San Pietroburgo… e il Museo Perm-36.



La pubblicità diffusa per l’occasione dice:

“Il 16 maggio il Museo statale sulle repressioni politiche invita gli abitanti di Perm a partecipare alla Notte dei Musei. Nel Complesso memoriale è stato preparato uno speciale programma per i visitatori, che comprende un’escursione, una caccia al tesoro con prove di carattere intellettuale e pratico”.

“I partecipanti potranno risolvere un enigma, riempire di carbone una carriola, partecipare al taglio del legname [tutti lavori che svolgevano i detenuti], percorrere i sentieri e i vialetti dove tutto richiama la memoria e la storia. Chi volesse potrà farsi fotografare con indosso gli indumenti del lager, assieme a cani della stessa razza di quelli selezionati appositamente per fare la guardia nel Gulag. I vincitori riceveranno dei souvenir del Museo. Il 16 maggio la partecipazione all’iniziativa sarà gratuita per tutti. I visitatori saranno portati in loco su due confortevoli autobus…”.

Ma a queste atroci banalità si contrappone la voce della memoria, che non ci lascia tregua: “Chi moriva in autunno o in inverno — ricorda lo storico Robert Latypov — veniva seppellito in primavera, i corpi venivano accatastati in un capanno, poi li trasportavano in un campo e li seppellivano in fosse comuni, nudi. Solo, sull’alluce, avevano attaccato un cartellino col nome”.