Alla ricerca di spazio e palcoscenici in occasione di Expo, Vittorio Sgarbi ne ha inventata una delle sue. Ha accettato l’offerta di un altro personaggio mediaticamente molto sensibile, il fondatore di Eataly Oscar Farinetti, per allestire qualcosa di speciale nel grande padiglione che l’imprenditore piemontese ha preso ad Expo. E Sgarbi cos’ha immaginato? Di mettere insieme una piccola pinacoteca di opere in buona parte antiche, da allestire al secondo piano. Così ha iniziato a tessere le sue reti per cercare di portare nel padiglione di Farinetti qualche pezzo da novanta.
L’idea è quella di rappresentare la biodiversità italiana attraverso un bizzarro percorso parallelo. Al primo piano c’è la biodiversità delle tradizioni culinarie regionali italiane, idea che ha fatto la fortuna commerciale di Farinetti. Al secondo piano ci sarebbe invece la biodiversità artistica curata appunto da Vittorio Sgarbi con una mostra intitolata, senza particolari colpi d’ala, “Tesori d’Italia”.
Ma se Farinetti ha collaudato ottimi meccanismi per rastrellare prodotti tipici in tutt’Italia, per Vittorio Sgarbi il compito era un po’ più complicato. Difficile pensare che le sovrintendenze potessero dare l’ok a movimentare opere per una mostra ospitata di fatto sopra un autogrill. Così il critico ha dovuto mettere in azione tutte le sue leve per smuovere i prevedibili blocchi. Se la cosa gli è riuscita facile nelle “sue” Marche (Sgarbi è assessore ad Urbino), dove è riuscito ad ottenere la Visitazione di Lotto conservata a Jesi, altrove invece le cose sono andate meno lisce.
Com’è accaduto a Pisa. Sgarbi voleva portare a Milano niente di meno che un capolavoro di Masaccio, la tavola con San Paolo, che faceva parte del polittico realizzato per la Chiesa del Carmine, oggi disperso in vari musei del mondo. Alla richiesta di prestito del San Paolo è arrivato ovviamente un niet, che poi dopo qualche giorno è stato smentito dal dietrofront della Soprintendenza per il Polo Museale Regionale della Toscana che ha deciso di concedere la tavola masaccesca “in via eccezionale” per un mese, come ha ricostruito il sito online PaginaQ. Ma Sgarbi ha fatto sapere di voler strappare un prolungamento, approfittando del fatto che il Museo pisano è chiuso per lavori di ristrutturazione.
Nel caos di Expo, che è un parco tematico bombardato da ogni tipo di messaggi, il povero Masaccio viene quindi chiamato a far da specchietto delle allodole per piadine e panzerotti. Uno specchietto che per altro verrà ignorato dalla stragrande maggioranza delle persone, per le quali l’idea di mettere piede in una sottospecie di museo è l’ultimo dei pensieri. Anche se si volesse prendere per buona l’intenzione di Sgarbi di portare un capolavoro nel cuore di un evento popolare come Expo, è difficile non pensare che il tutto si tradurrà in un’operazione profondamente umiliante.
Umiliante perché la delicatezza di un’opera così rara chiederebbe di limitare al minimo gli spostamenti. Ma soprattutto umiliante perché alla fine Masaccio, se davvero arriverà, se ne starà ignorato dai più e non capito da nessuno, in un contesto programmaticamente artificioso, in cui la sua presenza suona un po’ lunare.
Tra l’altro a far compagnia a quel capolavoro ci sono opere di una bruttezza sconcertante come la scultura della “donna carota”, opera di Luigi Serafini, che lo stesso Sgarbi ha suggerito per il padiglione di Eataly e che già è stata sommersa di ironie e insulti sui social. Insomma Masaccio finirà con l’annegare nel trash. Non è propriamente un buon modo di promuovere il nostro patrimonio.