Per raccontare di John Nash e della sua “beautiful mind” bisogna parlare di giochi: matematici, naturalmente, che da appena una settantina d’anni hanno assunto la dignità di una disciplina scientifica, ormai nota come “teoria dei giochi”. È per i suoi contributi geniali in questo campo che Nash ha vinto nel 1994 il premio Nobel per l’economia, settore nel quale la teoria dei giochi ha notevoli applicazioni (e, come si sa, non è previsto il Nobel per la matematica).
Ma di giochi matematici in senso stretto Nash si era già occupato brillantemente nel 1948, quando era studente all’Università di Princeton e aveva contribuito alla popolarità di Hex (cioè Hexagon, esagono): un gioco ideato dal poeta e matematico danese Piet Hein, basato su una scacchiera romboidale con 121 celle esagonali di due colori che vanno collegate fino a formare una catena ininterrotta che colleghi i lati opposti dello stesso colore. Nash aveva sviluppato l’analisi della strategia del gioco, dimostrandone la ricchezza concettuale pur nella semplicità delle regole e delle mosse.
Poi però inizia a lavorare nello stimolante clima di Princeton, dove non era difficile incontrare gente come Albert Einstein, Kurt Godel e John von Neumann: lì il giovane scienziato si interessa di topologia, geometria algebrica, logica e lì si cimenta con i principali temi della nascente disciplina, che appena un anno prima era stata avviata proprio da von Neumann. Nash già nella tesi di laurea aveva messo in evidenza le due possibili tipologie di giochi: quelli “cooperativi”, nei quali i contendenti possono mettersi d’accordo e si possono formare delle coalizioni; e quelli “non cooperativi”, dove non sono possibili alleanze. Il giovane matematico si occupa subito del secondo caso, a differenza di von Neumann, e arriva presto a dare un contributo importante introducendo il concetto fondamentale di “punto di equilibrio”, cioè quello raggiunto quando l’insieme delle strategie dei diversi giocatori è tale che nessuno di loro può migliorare il suo risultato cambiando solo la propria strategia. Nash riesce a dimostrare che esiste sempre almeno un punto di equilibrio e si candida ad entrare nella lista dei potenziali vincitori del Nobel (non senza il rammarico per non aver conquistato la Medaglia Fields, l’equivalente del Nobel per i matematici, assegnato ogni quattro anni a uno studioso al di sotto dei 40 anni).
La teoria dei giochi sviluppa un’elaborazione matematica, avvalendosi di strumenti analitici e grafici a diversi gradi di complessità, per arrivare a suggerire ai soggetti in gioco dei modelli di comportamento per arrivare al punto di equilibrio. Tipico è l’esempio, portato da Nash, della contrattazione, che si applica a molti scenari economici: per stare a un esempio semplice, si pensi a un certo numero di persone che devono spartirsi una somma: si tratta di indicare loro il modo più razionale per farlo, proponendo un modello che suggerisca come comportarsi, in ogni circostanza, in modo da proporre una soluzione di equa spartizione che possa essere “accettabile” da tutti.
Come è noto, soprattutto grazie al film con Russell Crowe, quell’equilibrio raggiunto nella teoria matematica veniva spesso drammaticamente a mancare nella vita di Nash a causa di una schizofrenia che è insorta ben presto e l’ha tormentato per molti anni, lasciandogli pochi momenti di tranquillità e lucidità.
In uno di questi momenti è riuscito peraltro a raggiungere altre vette del pensiero matematico, arrivando nel 1957 a trovare la soluzione del problema XIX di Hilbert, uno di quelli della famosa lista di 23 problemi che il grande matematico David Hilbert aveva presentato nel 1900 intervenendo al Congresso Internazionale dei Matematici di Parigi e che riteneva avrebbero impegnato tutti i matematici nel XX secolo. Il problema riguarda la regolarità delle soluzioni di certe classi di equazioni alle derivate parziali e rappresenta una pietra miliare nello studio di molti problemi non lineari. Tra l’altro questo è uno dei casi singolari di scoperta simultanea, dato che lo stesso problema era stato risolto pochi mesi prima in maniera indipendente e con altre tecniche dal matematico italiano Ennio De Giorgi; tanto che ora la soluzione è nota come teorema di De Giorgi-Nash.