Il cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia, ha raccolto in La gioia della carità (Marcianum Press, 2015) numerosi contributi scritti nell’arco del proprio percorso di uomo di Chiesa. Si tratta dunque di interventi multiformi a partire da occasioni assai varie; ma l’effetto sul lettore non è affatto quello di una raccolta disorganica. Al contrario, i contributi seguono questioni puntuali ma propongono contenuti di spessore e mostrano, nel corso del tempo, una grande coerenza e un’immagine non stereotipata del loro autore. In realtà le differenze nascono dalla varietà delle situazioni con cui il sacerdote, poi vescovo e cardinale, si trova a interagire, e discendono proprio da un taglio e un’attenzione squisitamente pastorali.
L’annuncio cristiano difatti per Bassetti non è qualcosa di pensato e proposto a tavolino, ma dipende, come accenna il titolo, dalla carità. L’annuncio dell’amore è il fondamento dell’edificio sociale così come di quello teologico (p. 18). Si tratta dunque di accogliere l’uomo così come è (p. 189), il che significa prestare attenzione ai mille modi diversi in cui l’uomo è, e ai mille problemi differenti che incontra. In questo senso, sia detto per inciso, il pastore ha molto da insegnare all’intellettuale, che tende a incasellare la realtà in maniera forse troppo facile.
Per Bassetti, invece, la Chiesa è e deve essere sempre in uscita ovvero in missione. L’essere sale dei cristiani comporta, oltre al loro essere spesso minoranza, il loro mettersi in movimento nel corpo della società allo scopo di entrare fecondamente nel suo impasto. La chiarezza assoluta e senza infingimenti della dottrina non produce posizioni precostituite, ma si manifesta in una grande attenzione alle diverse istanze. Mi pare evidente che in questa impostazione ci sia un preciso lascito di un ambiente così stimolante e significativo come quello del cattolicesimo fiorentino del XX secolo, in cui affonda le sue radici Bassetti (numerose le menzioni di La Pira, ma vengono ricordati anche Benelli o Dalla Costa): e tuttavia anche in ciò la sua cifra resta inconfondibile e personale, all’insegna di una saggia concretezza.
L’attenzione alla pluralità dei problemi non toglie, come si accennava, che il libro presenti in realtà una grande coerenza. I temi principali sono stati opportunamente raccolti in cinque sezioni fondamentali, che si sovrappongono e disegnano un quadro coerente. Dedicate alla Chiesa, alla figura del vescovo e sacerdote, al destino dell’umanità, ai poveri, e al rapporto tra città dell’uomo e città di Dio, le parti del volume individuano efficacemente i fondamenti dell’azione di Bassetti.
La questione fondamentale, quella che tiene tutto insieme, a me pare antropologica. La difesa dell’uomo, senza aggettivi e in tutta la ricchezza dei sensi, è il filo conduttore del libro (e forse, il filo conduttore del cristianesimo giunto al XXI secolo della sua storia).
Così, ad esempio, l’insistente difesa della famiglia avanza di pari passo, anche nella stessa pagina, con la lotta alla povertà (p. 195): perché si tratta di due facce della stessa medaglia. Non c’è dubbio, come osserva Bassetti, che la cultura moderna abbia accuratamente coltivato un’immagine negativa della famiglia, quale luogo della (ri)produzione di una cultura autoritaria. Al contrario, per il cardinale “la famiglia è il luogo dove si impara a convivere nella differenza e ad appartenere agli altri” (p. 231).
Parallelamente un’economia rinnovata, risposta adeguata alla crisi contemporanea, si basa su un nuovo umanesimo (p. 285). E infine, il tema drammaticamente attuale delle migrazioni viene letto in una visione equilibrata di diritti e doveri, all’insegna del discernimento che rifiuta ogni facile strumentalizzazione, e che si basa sulla cosa forse più difficile di tutte: la reciproca conoscenza. Insomma, la dignità della persona è la chiave di lettura di tutto, sia della famiglia, che dell’economia, che delle grandi dinamiche migratorie, in una ripresa del lascito più rilevante della cultura cattolica contemporanea, ovvero il personalismo umanistico (lascito che ancora attende, sia detto per inciso, di essere messo pienamente a frutto). È la stessa matrice che ha trovato un’espressione quasi proverbiale nella reiterata opposizione del Pontefice alla onnipresente “cultura dello scarto”.
La questione antropologico-educativa emerge anche, per esempio, nelle considerazioni non banali sull’università, dove Bassetti mostra una volta ancora che l’occasione puntuale (un messaggio all’università di Perugia) può sollevarsi a una riflessione sul senso profondo dell’istituzione educativa; oppure nelle considerazioni sulla bellezza, naturale e umana, del mondo e dell’Italia. In effetti la percezione quasi commossa della bellezza in un mondo che fa sempre più fatica a riconoscerla, anzi a riconoscere che essa in generale esista, è uno dei segni più pregnanti di una sensibilità cristiana e creaturale (che “l’uomo contemporaneo abbia smarrito la coscienza di essere creatura” è osservato efficacemente a p. 142).
Molte altre le pagine interessanti del volume (ad esempio, quelle sulla cristianofobia, ovvero l’apostasia silenziosa che diventa rumorosa, quasi un’autoespiazione del colonialismo che prende quale capro espiatorio il deposito della storia e cultura cristiana; o quelle sulla fondamentale, per quanto parziale, estraneità del cristiano al mondo), sulle quali non posso soffermarmi. Esso è senz’altro da leggere, anche liberamente e senza ordine prefissato, ma soprattutto da meditare con attenzione.